Confisca di denaro e (dis)orientamenti giurisprudenziali

SOMMARIO: 1. Il profitto del reato nella dimensione internazionale, europea e interna. 2. Alla ricerca di una definizione di profitto confiscabile. 3. Le Sezioni Unite “Focarelli” sulla confiscabilità in via diretta del profitto in denaro. 4. Le decisioni “Gubert” e “Lucci”. 5. La recente sentenza “Coppola”. 6. Osservazioni conclusive.

Abstract – Dalla sentenza Focarelli alla recente sentenza Coppola, passando per la sentenza Gubert, l’individuazione delle dimensioni del profitto confiscabile e della natura giuridica della confisca di denaro è stata “croce e delizia” per la giurisprudenza, che si è per lungo tempo occupata di questi due temi spinosi. Ma le relative ricostruzioni suscitano più di qualche interrogativo: con particolare riguardo al tema della confisca di denaro, si è assistito, per via esegetica, a un graduale ampliamento del raggio applicativo della confisca diretta a discapito di quello della confisca di valore o per equivalente, i cui spazi operativi si sono via via ridotti.

English abstract – From the Chabni and Focarelli rulings to the Coppola ruling, passing through the Miragliotta and Gubert rulings, the determination of the dimensions of seizable profits and the legal nature of money confiscation has been both a challenge and a delight for jurisprudence, which has long grappled with these two thorny issues. However, the theoretical reconstructions offered do not fully convince: with particular concern about the issue of money confiscation, there has been a progressive and worrisome expansion of direct confiscation at the expense of substitute assets felony forfeiture, whose living spaces have gradually diminished, almost to the point of annihilation.

1. Il profitto del reato nella dimensione internazionale, europea e interna.

Tracciare una definizione precisa di “profitto del reato” è un compito impegnativo perché nelle fonti nazionali, internazionali ed europee non è (ancora) prevista una norma che chiarisca tale concetto.

In particolare, nella normativa internazionale – allo scopo forse di eludere le difficoltà definitorie che l’uso di un termine tecnico-aziendalistico, com’è quello di profitto, poteva comportare nella prassi applicativa[1]–, è stata adottata una locuzione meno complessa[2], ma comunque idonea a ricomprendere sia i profitti in senso stretto sia ogni altro tipo di beneficio o di utilità ricavabili dalle condotte illecite.

La locuzione prescelta è quella di “provento del reato” con la quale, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. o) della Convenzione di Vienna del 1988[3], «si intende qualsiasi bene proveniente direttamente o indirettamente dalla perpetrazione di un reato […] oppure ottenuto direttamente o indirettamente all’atto della trasgressione».

Essa compare pure nell’art. 3, comma 3, della Convenzione di Parigi sulla lotta contro la corruzione internazionale[4] e indica un’entità suscettibile di sequestro o di confisca diretta o per equivalente[5]. Tuttavia, la suddetta previsione non offre alcuna definizione di provento illecito e si limita a prevederne l’ablazione, senza chiarire che cosa esso sia.

A ciò ha provveduto il Rapporto esplicativo della Convenzione, dove si precisa che il provento coincide con i “profitti” o con qualsiasi altro vantaggio[6] che l’autore del reato ricavi, direttamente o indirettamente, dalla realizzazione del fatto illecito. Si tratta, invero, di una definizione già nota perché fatta propria dalla precedente Convenzione di Vienna; a differenza di quest’ultima, però, il Rapporto introduce, per la prima volta nello scenario normativo internazionale, un riferimento esplicito alla nozione di profitto, quale utilità percepita dal reo in relazione all’illecito compiuto e, pertanto, assoggettabile a confisca.

Tuttavia, nella successiva Convenzione di Palermo del 2000[7] (art. 2, comma 1, lett. e) e in quella di Merida del 2003[8] (art. 2, comma 1, lett. e) compaiono riferimenti ai soli “proventi del crimine”[9] e non più al profitto: anzi, a ben vedere, dalla Convenzione di Palermo in poi, la nozione di provento del reato occuperà la scena all’interno del panorama internazionale, condannando il profitto a una sorta di oblio normativo.

Verosimilmente, la preferenza accordata nelle fonti sovranazionali alla nozione di provento del reato è dovuta alla sua flessibilità semantica e applicativa[10], che la rende coerente con lo scopo politico-criminale delle varie Convenzioni in cui essa è prevista: scoraggiare la criminalità economica, promuovendo l’ablazione di tutto ciò che sia identificabile come frutto del reato commesso[11].

L’espressione “provento del reato” compare anche all’interno della legislazione dell’Unione Europea.

In particolare, la Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca dei beni, strumenti e proventi del reato, qualifica come provento “ogni vantaggio economico”, materiale o immateriale, mobile o immobile, “derivato da reati (art. 1)[12]. E pure la più recente Direttiva 2014/42/UE del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, chiarisce che il provento del reato è qualsiasi bene proveniente in via diretta o indiretta dal reato, anche reinvestito, trasformato o convertito, in tutto o in parte, in un altro bene (considerando n. 11)[13]. In pratica, detta definizione coincide in larga parte con quella prevista nella normativa internazionale: l’unica differenza sta nel fatto che, nelle fonti europee, i contorni del provento del reato sono tratteggiati in modo più deciso, con l’aggiunta del riferimento espresso all’economicità quale precipua caratteristica.

Nella legislazione interna, invece, le parole “provento del reato” non compaiono da nessuna parte.

Quest’assenza è forse dovuta all’elasticità di tale locuzione, una caratteristica che difficilmente si coniuga con il principio fondamentale di legalità e, nello specifico, con il sotto-principio di tassatività-determinatezza. Al suo posto, il nostro legislatore ha utilizzato altri termini dai contorni (apparentemente) meno sfumati, in modo da garantire una migliore tenuta, sul piano dei principi costituzionali, delle disposizioni che li prevedano.

Ci si vuol riferire alle nozioni di prezzo, di prodotto[14] e di profitto del reato, che sono presenti, tra gli altri, anche nell’art. 240 c.p., ossia all’interno di quella norma che il legislatore del 1930 aveva concepito quale unica ipotesi di confisca penale, catalogata tra le misure di sicurezza patrimoniali, e che adesso ne rappresenta soltanto un modello generale, a cui si aggiungono varie ipotesi speciali di confisca, differenti tra loro per natura giuridica e per disciplina applicabile[15].

Come detto, però, nel nostro sistema penale non è possibile trovare una definizione legislativa del termine profitto. La giurisprudenza ha tentato di fornirne una e di tracciare un identikit, tanto più considerato che la precisa individuazione dei connotati del profitto è funzionale a individuare, in modo altrettanto preciso, i confini applicativi della confisca c.d. “diretta” ex art. 240 c.p. (e non solo)[16].

2. Alla ricerca di una definizione di profitto confiscabile.

Le primedefinizioni di profitto confiscabile sono state elaborate dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, all’interno di alcune pronunce risalenti nel tempo.

In particolare, la Suprema Corte, nella sentenza “Chabni”, afferma che «il profitto consiste in qualsiasi vantaggio economico derivante, in via diretta e immediata, dal reato»[17]: il profitto è, dunque, il guadagno che il reo ricava dalla commissione del fatto illecito. È un’utilità, un “lucro”[18] saldamente collegato, sul piano causale, al reato-base.

Le Sezioni Unite delimitano in modo piuttosto accurato il concetto di profitto confiscabile: esso è un beneficio di natura patrimoniale[19], che l’agente trae dal reato e che è a quest’ultimo connesso tramite uno stretto rapporto di causa-effetto[20]. Di conseguenza, ciò che non è suscettibile di valutazione economica non sarà considerato profitto, né saranno confiscabili le utilità collegate in via soltanto indiretta all’illecito, come i beni in cui è stato trasformato il profitto originario (i c.d. “surrogati del profitto”) e quelli ricavati dal reimpiego o dall’investimento delle utilità acquisite in prima battuta.

uesyQQuestnjjjQuesta rigida concezione serviva a scoraggiare eventuali, future, letture giurisprudenziali di tipo estensivo, in grado di ricondurre nella categoria del profitto anche i benefici patrimoniali mediati, al prezzo della dilatazione dell’area applicativa della confisca diretta, ossia di uno strumento sanzionatorio capace di incidere profondamente sulla sfera giuridica di chi ne è destinatario[21] e il cui presupposto essenziale è l’esistenza di un nesso di stretta pertinenzialità tra le cose confiscate e il reato commesso.

Il rigore di tale impostazione viene, però, poco dopo, temperato da un’altra ben nota pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione: si tratta della sentenza “Miragliotta”[22], dove il concetto di profitto confiscabile subisce un restyling.

Sulla falsariga di quanto già affermato in alcune precedenti decisioni[23] e di quanto sostenuto da una parte autorevole della dottrina[24], le Sezioni Unite stabiliscono che ogni vantaggio economico, inclusi quelli indiretti, può essere confiscato al reo, purché se ne accerti la derivazione illecita e sia soggettivamente attribuibile all’agente, che abbia voluto la trasformazione o il reimpiego delle utilità conseguite in origine[25] per mascherarne la vera natura[26].

Secondo la Cassazione, questo modo d’intendere il profitto confiscabile sarebbe in linea con la funzione politico-criminale della misura ablatoria, che è quella di rendere poco appetibile l’idea del reato grazie allo spossessamento, subito dal destinatario dell’ablazione, di ogni bene collegato all’illecito, anche quello più remoto[27]. E sarebbe, altresì, in linea con la definizione di profitto-provento del reato fatta propria dalla normativa internazionale ed europea,ai sensi delle quali è confiscabile qualsiasi bene proveniente, in via diretta o mediata, dalla commissione del fatto[28].

La nuova concezione sposata dalla Suprema Corte dilata i confini ermeneutici e applicativi del profitto confiscabile e ammette la più ampia delle sue accezioni: quella idonea a ricomprendere anche i benefici patrimoniali indiretti.

Le Sezioni Unite motivano tale dilatazione ponendo l’accento sulla peculiare ratio del mezzo ablatorio e sulla sua finalità special-preventiva. La Corte specifica pure che, ai fini della confisca, il profitto dev’essere «ricollegabile causalmente, in modo preciso, all’attività criminosa posta in essere dall’agente» e che il giudice deve aver cura di indicare in sentenza «gli elementi […] sulla cui base determinare come certi beni possano considerarsi, in tutto o in parte»[29], il risultato diretto dell’attività illecita o il frutto di successive trasformazioni dell’utilità originariamente acquisita.

In altre parole, ciò che conta, secondo la Cassazione, è il puntuale accertamento della matrice criminosa del profitto e la sua riferibilità al soggetto attivo, a nulla rilevando, ai fini della confisca, le eventuali trasformazioni che esso abbia poi subito nel corso del tempo. Anzi, sempre a giudizio della Corte, se si limitasse la confisca soltanto a ciò che è il risultato diretto del reato, si tradirebbe il fine ultimo dell’istituto, che è quello di rendere l’illecito penale radicalmente improduttivo e di scoraggiare, quindi, la futura commissione di altri reati[30].

Il punctum dolens dell’opera di restyling semantico inaugurata dalle Sezioni Unite è che alla dilatazione del concetto di profitto confiscabile si accompagna la dilatazione dell’area applicativa della confisca diretta, il cui requisito tipico, ossia il nesso di pertinenzialità tra il reato commesso e le cose da confiscare, viene “allentato”, arrivando ad assorbire i beni mediatamente collegati all’illecito di base.

Le Sezioni Unite, allo scopo di frenare estensioni potenzialmente indefinite di tale nesso, non tralasciano di chiarire, come si è visto, che il giudice dovrà comunque accertare l’esistenza di un collegamento causale (anche remoto) tra il reato e il profitto, nonché la riferibilità di quest’ultimo all’agente[31].

Tuttavia, impostazioni di questo tipo rischiano di rendere l’applicazione della confisca poco «prevedibile»[32]; peraltro, il nesso di derivazione causale è l’unico requisito che permette di distinguere la confisca diretta dalle ipotesi di confisca c.d. “indiretta”, dove non rileva il carattere di pertinenzialità tra il fatto commesso e la res ablanda, ben potendo quest’ultima essere una cosa del tutto slegata dal reato-base (come, ad esempio, un bene di valore equivalente al prezzo o al profitto illeciti[33]).

Ne consegue che una interpretazione eccessivamente estensiva del nesso di pertinenzialità potrebbe rendere labili i confini applicativi dei due tipi di confisca, assai diversi tra loro per disciplina e per natura giuridica, specie laddove il profitto del reato coincida con il denaro, che è un bene dotato di caratteristiche peculiari.

3. Le Sezioni Unite “Focarelli” sulla confiscabilità in via diretta del profitto in denaro.

Il tema relativo all’individuazione della natura giuridica della confisca del profitto in denaro è stato affrontato, ancora una volta, dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in un’altra perspicua pronuncia, risalente al 2004 (la sentenza “Focarelli”)[34], il cui principale oggetto di analisi riguarda, in realtà, l’eventuale prevalenza della confisca sulle ragioni dei creditori del destinatario della misura. Nello specifico, la Corte si chiede se la confisca sia o meno insensibile rispetto alle procedure fallimentari e agli interessi di coloro i quali vedrebbero diminuite o addirittura azzerate le proprie garanzie patrimoniali in seguito all’ablazione[35].

Poiché, in tali ipotesi, può accadere che la confisca abbia ad oggetto somme di denaro, la Corte esplora la relativa natura e, sulla scia di alcune precedenti decisioni in materia[36], afferma che il denaro ha caratteristiche peculiari: è un bene fungibile, appartenente al novero delle res quae pondere numero mensura constant, ossia di quelle cose classificate in base al proprio genere, numero, peso e misura e non in base alla propria, specifica, individualità[37]. In pratica, si tratta di beni rispetto ai quali conta il solo valore nominale e che, quindi, possono essere scambiati con altri beni uguali per quantità o per qualità.

Di conseguenza, nel caso del denaro, non sarà necessario confiscare le medesime specie monetarie illegalmente percepite dal reo, ma basterà confiscare somme di denaro di pari valore rispetto a queste ultime, ovunque siano rinvenute (sul conto corrente bancario dell’imputato oppure investite in titoli o in strumenti finanziari) e purché siano soggettivamente riconducibili all’agente[38]. In altre parole, la peculiare fungibilità del bene-denaro fa sì che, ai fini della confisca, rilevi il tantundem e non la specifica res di cui si sia appropriato indebitamente il soggetto attivo: oggetto dell’ablazione sarà, dunque, una parte delle risorse monetarie del reo «parametrata al profitto o al prezzo dell’illecito solo da un punto di vista quantitativo»[39], a prescindere dalla sussistenza di collegamenti materiali con il reato-base[40].

A giudizio della Corte, la confisca del denaro non “insegue”[41] la singola banconota bensì la somma di denaro, quale entità che entra illecitamente nel patrimonio dell’autore del reato e ne incrementa le ricchezze[42]. È per questa ragione che le Sezioni Unite riconoscono natura diretta a tale ipotesi di confisca: confiscare, ove possibile, le medesime specie monetarie oppure l’equivalente monetario non fa differenza, perché il denaro è un bene intercambiale che, una volta acquisito dall’imputato, si confonde con le sue altre disponibilità economiche[43]. Esso, pertanto, può essere sostituito con altro denaro di uguale valore, ovunque sia rinvenuto nella disponibilità del reo e ancorché di origine lecita.

Sul punto, la sentenza Focarelli condivide l’orientamento giurisprudenziale maggioritario[44]. Invece, secondo un indirizzo minoritario[45], qualora l’eadem res in denaro non sia fisicamente individuabile, bisognerebbe procedere alla confisca per equivalente del relativo importo monetario o dei beni di egual valore, sempre se la legge lo preveda[46].

Com’è noto, la confisca di valore o per equivalente è applicabile qualora si perda la rintracciabilità materiale del bene da confiscare. E, allora, con riguardo al denaro, il fatto che tale perdita sia sostanzialmente fisiologica, alla luce della natura fungibile del bene, dovrebbe portare, secondo quest’orientamento[47], a ben altra conclusione rispetto a quella a cui pervengono le Sezioni Unite, vale a dire: la relativa confisca dovrebbe avvenire per equivalente[48].

Tale ultima ricostruzione, oltre ad essere condivisibile, sarebbe altresì ben più rispettosa dei principi costituzionali che governano la materia penale, in primis quello di legalità, e metterebbe al riparo da “forzature”[49] esegetiche, di natura cripto-analogica, e da sovrapposizioni applicative tra due tipi di ablazione radicalmente opposti.

Tuttavia, leggendo i contenuti delle decisioni successive alla sentenza Focarelli, l’orientamento condiviso dalle Sezioni Unite sembra trovare diversi, ulteriori, riscontri[50].

4. Le decisioni “Gubert” e “Lucci”.

            Nel solco tracciato dalla sentenza Focarelli, s’inserisce un’altra decisione delle Sezioni Unite, conosciuta come sentenza “Gubert”[51], dove la Corte affronta, tra le altre cose[52], due temi ancora dibattuti: quello relativo alla (ulteriore) delimitazione del concetto di profitto confiscabile e quello relativo all’individuazione della natura giuridica della confisca di denaro.

Con riguardo alla prima questione, le Sezioni Unite ampliano ulteriormente la nozione di profitto confiscabile e vi riconducono anche i vantaggi patrimoniali consistenti nel c.d. “risparmio di spesa”, come quelli derivati dal mancato pagamento di un tributo[53]. Tale presa di posizione è innovativa perché si discosta dall’idea tradizionale di profitto, secondo la quale esso andrebbe inteso in senso stretto o “accrescitivo” e consisterebbe in «un beneficio aggiunto di tipo patrimoniale»[54], ossia in un’entrata monetaria che comporta un aumento tangibile del capitale del reo.

Il risparmio di spesa esprime, invece, un concetto diverso perché consiste in una evitata deminutio patrimoniale, in una mancata uscita monetaria dovuta, per esempio, all’omesso versamento di un’imposta sul reddito. In pratica, in ipotesi del genere, non vi è alcun accrescimento delle risorse del reo: tutt’al più, il risparmio di imposta così ottenuto permette all’agente di mantenere inalterate le sue disponibilità e di ricavare comunque un vantaggio economicamente valutabile dal mancato esborso[55].

Come affermato dalla Corte, in questi casi, il profitto derivante dal risparmio di spesa, a meno di eventuali trasformazioni, consisterà, verosimilmente, in somme di denaro giacenti sul conto corrente bancario dell’imputato: ne consegue che la confisca, eventualmente disposta in relazione all’illecito tributario, avrà ad oggetto proprio tali somme.

E veniamo, dunque, alla seconda questione trattata dalle Sezioni Unite.

Riprendendo gli orientamenti già noti al riguardo[56], la Cassazione precisa che la confisca del profitto consistente in un risparmio di spesa è una confisca di denaro, ha natura diretta[57] e non è «subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere» all’importo che corrisponde per valore al provento illecito, «non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare»[58]. Tra l’altro, proprio perché consistente in un risparmio d’imposta, sarebbe pressoché impossibile accertare il nesso di derivazione profitto-reato, data l’assenza di entrate monetarie fisicamente rintracciabili nelle disponibilità del reo[59].

Anche se con riferimento al solo profitto accrescitivo e non al profitto-risparmio, nella successiva sentenza “Lucci”[60], le Sezioni Unite si pongono nella medesima direzione della sentenza Gubert.

La Corte illustra, dapprima, gli elementi strutturali tipici della confisca per equivalente e di quella diretta e, con riguardo a quest’ultima ipotesi, precisa che il prezzo o il profitto del reato devono avere una consistenza tale da permetterne l’ablazione: ai fini della confisca, cioè, una volta che essi siano entrati a far parte del patrimonio del reo, dev’essere possibile identificarli e rintracciarli individualmente[61]. Altrimenti – prosegue la Cassazione –, se la legge lo prevede, troverà applicazione la confisca per equivalente, che si caratterizza e distingue dall’altra tipologia di confisca perché permette l’apprensione di beni diversi dai proventi originari del reato purché di valore uguale a questi ultimi, laddove non siano più reperibili nel patrimonio dell’imputato. Le utilità confiscate per equivalente sono slegate da qualsivoglia nesso di pertinenzialità rispetto all’illecito di base; pertanto, ai fini dell’ablazione, il giudice dovrà accertare che il valore di detti beni corrisponda a quello delle res originariamente acquisite dal reo e poi andate disperse.

Tuttavia, aggiungono le Sezioni Unite, quando il prezzo o il profitto del reato consistono in una somma di denaro, non sarà possibile rintracciarli: la peculiare fungibilità del bene fa sì che, una volta entrato nella disponibilità dell’agente, esso si confonda con le risorse monetarie ivi presenti e smarrisca ogni «connotato di autonomia quanto alla […] identificabilità fisica»[62], rendendo superflua ogni indagine al riguardo[63].

In considerazione della particolare natura del denaro, la relativa confisca sarà quindi diretta, non necessiterà della prova del nesso di derivazione tra la somma materialmente sequestrata e il reato-base[64] e avrà ad oggetto il mero importo monetario di cui sia aumentato il patrimonio del reo, ancorché il numerario confiscato abbia origine lecita[65]. Laddove prevista dalla legge, la confisca per equivalente opererà, invece, in via residuale, e cioè quando, per carenza di liquidità finanziaria o per altre ragioni, non sarà possibile confiscare al reo l’importo monetario ma beni diversi di pari valore[66].

Il trait d’union tra le sentenze Gubert e Lucci è rappresentato dalla confisca di denaro che, in entrambe le decisioni, viene qualificata come diretta e che “prescinde”[67] dall’accertamento del nesso di pertinenzialità profitto-reato, per le ragioni già esposte. Quest’ultimo aspetto può destare qualche perplessità perché sembra una sorta di escamotage ermeneutico, volto a eludere il difficile onere di provare il nesso di derivazione tra il denaro e l’illecito penale[68].

Vero è, infatti, che la ratio della confisca, in generale, è quella di scoraggiare la criminalità economica, sottraendo al reo le utilità ricavate dall’attività criminosa[69]. Ma è altrettanto vero che, con specifico riguardo alla confisca diretta, tale sottrazione non dovrebbe prescindere dall’accertamento del nesso di pertinenzialità tra il reato e il profitto, la cui sussistenza, com’è noto, tipizza detta species di confisca e vale, tra l’altro, a distinguerla da quella per equivalente.

Viceversa, si finirebbe, di fatto, con l’ammettere una riconfigurazione in malam partem della confisca diretta in un’ipotesi di confisca indiretta[70]: una riconfigurazione basata sulla natura fungibile del denaro e, quindi, su certe caratteristiche intrinseche del bene che, invece, non dovrebbero fondare mutamenti di disciplina tanto significativi[71], specie in relazione a una misura patrimoniale in grado d’incidere sui diritti fondamentali della persona[72].

E queste considerazioni varrebbero a fortiori nel caso della confisca del profitto consistente nel risparmio di spesa. Infatti, in virtù della sua dimensione immateriale, che rende infruttuosi o particolarmente complessi i tentativi di ricostruzione dei legami con il reato-base, tale ipotesi di profitto dovrebbe essere oggetto della sola confisca di valore o per equivalente[73].

5. La recente sentenza “Coppola”.

            Il tema della confisca del denaro è tornato sotto i riflettori anche di recente, con una nuova decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte[74], nota come sentenza “Coppola”[75], dove la Cassazione sintetizza, dapprima, i contenuti delle sentenze Gubert e Lucci. Dopodiché, con particolare riferimento a quanto affermato in quest’ultima pronuncia, la Corte osserva che la fungibilità del denaro legittima il ricorso alla confisca diretta, ma non impedisce del tutto la ricostruzione del relativo nesso di pertinenzialità.

In altre parole, secondo la Cassazione, la confisca del profitto in denaro non “prescinde”[76] dall’accertamento del nesso di pertinenzialità. Al contrario, soprattutto nelle ipotesi di profitto c.d. “accrescitivo”, il provento in denaro, che l’agente, ad esempio, deposita sul conto corrente, è rintracciabile da parte degli organi inquirenti: «vi è un saldo attivo precedente e uno successivo; vi è un movimento in entrata, con mittente e causale. Quella somma è, cioè, diversa e non sovrapponibile» a quelle già presenti sul medesimo conto o a «quella, per ipotesi, presente su un altro conto del medesimo soggetto»[77]. Ne consegue che l’oggetto della confisca sarà proprio il denaro depositato in banca dal reo: non il “gruzzolo”[78] fisicamente inteso, dato che sarebbe complicato riuscire a individuarlo, ma il relativo importo monetario, di cui è aumentato il patrimonio dell’agente.

            In questo senso, l’applicazione della misura non deroga ai normali standard probatori, né introduce alcuna “presunzione”[79] circa l’accertamento del nesso pertinenziale: ai fini della confisca, il giudice dovrà verificare che il denaro, comunque rinvenuto nelle disponibilità dell’agente, rappresenti «l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest’ultimo conseguito per effetto del reato»[80]. Vale a dire: il giudice dovrà accertare che l’aumento del patrimonio del reo derivi dall’acquisizione di risorse illecite.

Invero, nel formulare tali affermazioni, la Corte di cassazione rinvia ai contenuti della sentenza Focarelli. Si fanno strada, pertanto, le stesse perplessità all’epoca suscitate da questa decisione.

            In primo luogo, tanto nella sentenza Coppola quanto nella sentenza Focarelli, la natura diretta della confisca di denaro viene motivata guardando alle caratteristiche intrinseche del bene oggetto d’ablazione: esse invece, lungi dall’implicare conseguenze sul piano della disciplina normativa applicabile, dovrebbero servire unicamente a individuare la categoria di beni cui il denaro appartiene[81]. In altre parole, la fungibilità inerisce alla cosa in sé e ne rappresenta un “attributo specifico”[82], a nulla rilevando rispetto al tipo di confisca applicabile e alla ricostruzione del relativo nesso di pertinenzialità[83].

            In secondo luogo, il ragionamento elaborato dalle Sezioni Unite “Coppola” potrebbe vacillare quando oggetto della confisca in denaro fosse il profitto illecito consistente in un risparmio di spesa. In questi casi, è praticamente impossibile individuare l’aumento monetario che dovrebbe presupporre la realizzazione di un’attività delittuosa: la somma incriminata, proveniente dal reato, si trova già nella disponibilità del reo, non essendo mai uscita dal suo patrimonio e consistendo, per l’appunto, in un risparmio di spesa[84].

In tali evenienze, la confusione tra ricchezze lecite e illecite, disponibili in capo al reo, non solo è fisiologica, ma anche irrimediabile. Infatti, pur volendo procedere a una puntuale disamina della sua provenienza, non si riuscirebbe a individuare il denaro indebitamente risparmiato: dato che l’illiceità deriva da un mancato esborso, le somme indagate risulterebbero sempre di origine lecita perché tale sarebbe, in effetti, la loro iniziale acquisizione nel patrimonio del reo[85].

Le Sezioni Unite non prendono alcuna posizione sul punto; dunque, dovrebbero restare validi i principi formulati al riguardo dalla sentenza Gubert, dove si stabiliva che la confisca del risparmio di spesa è di tipo diretto e che il relativo nesso di pertinenzialità andrebbe presunto, vista la difficoltà di accertarlo in assenza di entrate monetarie fisicamente rintracciabili in capo all’agente.

Alla luce di ciò, quella della confisca assomiglia sempre di più a una “zona franca”[86], sottratta alla sfera di applicazione del principio di legalità, dove, per via giurisprudenziale, si assiste alla trasmigrazione, dalla confisca per equivalente a quella diretta, di elementi tipici della prima tipologia di confisca[87].

Con una doppia conseguenza. Da un lato, l’affievolimento-annientamento del nesso di pertinenzialità fa sì che la confisca diretta smarrisca il più importante dei suoi connotati identitari; dall’altro, proprio per questo, la confisca per equivalente finisce col perdere buona parte del suo campo operativo, già ristretto perché subordinato all’esistenza di specifiche disposizioni di legge che ne prevedano l’applicazione[88].

6. Osservazioni conclusive.

            Dalla sentenza Focarelli alla sentenza Coppola, passando per la sentenza Miragliotta, l’individuazione delle dimensioni del profitto confiscabile e della natura giuridica della confisca di denaro è stata “croce e delizia” per la giurisprudenza, che si è per lungo tempo occupata di questi due temi spinosi.

            Ma le relative ricostruzioni sollevano qualche interrogativo: con particolare riguardo al tema della confisca di denaro, si è assistito, come già visto, a un graduale ampliamento del raggio applicativo della confisca diretta a discapito di quello della confisca per equivalente, i cui spazi operativi si sono, per converso, via via ridotti.

            Le ragioni di ciò sono almeno due.

In quanto diretta, la confisca del provento in denaro trova riscontro all’interno della fattispecie generale di cui all’art. 240 c.p.[89] e non è, pertanto, necessario prevedere disposizioni normative che la prevedano specificamente, al contrario di quanto accade con la confisca di valore o per equivalente (e con tutte le altre ipotesi di confisca indiretta), applicabile nei soli casi indicati dalla legge.

Sul piano della natura giuridica, poi, la confisca di cui all’art. 240 c.p. appartiene, tradizionalmente[90], al novero delle misure di sicurezza patrimoniali. E pertanto, nei confronti di detta confisca – e quindi anche nei confronti di quella di denaro – non troveranno applicazione gli stringenti principi di cui agli artt. 25, comma 2, Cost., 7 Cedu e 2 c.p.[91], bensì quelli previsti dagli artt. 25, comma 3, Cost. e 200 c.p.

In pratica, nell’impostazione fatta propria dalle Sezioni Unite nel corso del tempo, la confisca di denaro si è affrancata dalle garanzie che governano la disciplina delle pene in senso stretto[92]. Tuttavia, a promuovere quest’affrancamento non è stato il legislatore, bensì la giurisprudenza, attraverso un utilizzo cripto-analogico[93] dello strumento esegetico.

Questo tipo di approccio è molto frequente negli ordinamenti giuridici di common law, dove, nei casi di indeterminatezza normativa, alla giurisprudenza è riconosciuta una funzione effettivamente creativa del diritto. E, proprio con riguardo alla confisca di denaro, in assenza di una presa di posizione da parte del legislatore, le Corti federali statunitensi si sono interrogate sulla natura giuridica di detta ipotesi di confisca e su come andasse accertata la relativa traceable connection, necessaria ai fini dell’ablazione.

La risposta ai due quesiti è stata fornita all’interno di una nota pronuncia in materia di confisca dei profitti in denaro provenienti dal narcotraffico[94].

Al pari di quanto stabilito dalla Corte di cassazione, quella avente ad oggetto commingled goods come il denaro è una confisca diretta anche per la giurisprudenza d’oltreoceano e la ricostruzione del nesso di pertinenzialità segue la regola del “lowest intermediate balance” (altresì nota come regola del “drugs in, last out”): il provento sarà confiscabile ovunque sia rinvenuto nella disponibilità del reo, a condizione che venga appreso un importo corrispondente al guadagno illecito percepito dall’agente e che il suo patrimonio sia aumentato esattamente di tale somma. Per esemplificare, il giudice, dopo aver accertato che il reo abbia ricavato cento dollari dalla vendita di una partita di droga, procederà a confiscargli detta somma sul conto corrente, fintantoché quest’ultimo mantenga un saldo attivo pari o superiore proprio a cento dollari.

Tale soluzione, che, nel nostro ordinamento, è stata proposta nelle sentenze Focarelli e Coppola, negli Stati Uniti ha subito le critiche di una parte della giurisprudenza e della dottrina, che l’hanno ritenuta foriera di confusioni circa l’individuazione dei precisi confini operativi del felony forfeiture e del substitute assets felony forfeiture[95]. E, infatti, ha preso piede un secondo orientamento giurisprudenziale, al momento ancora minoritario, secondo il quale la confisca di somme di denaro apparterrebbe alla categoria delle confische di valore o per equivalente, non essendo possibile confiscare il denaro materialmente ricavato dalla realizzazione dell’illecito di base[96].

Ad ogni modo, tornando a noi, un intervento normativo di riordino della materia sarebbe certo auspicabile e, magari, il legislatore potrebbe prendere in considerazione l’idea di introdurre un tertium genus di confisca[97], a metà strada tra la confisca diretta e quella per equivalente: la confisca del provento consistente in somme di denaro, caratterizzata da garanzie, logiche, elementi essenziali suoi propri (come l’affievolimento-annientamento del nesso di pertinenzialità)[98] e scopi peculiari. Per esempio, alla confisca di denaro potrebbe essere espressamente riconosciuta una funzione compensativa: l’applicazione della misura servirebbe, cioè, a restituire ai circuiti economici legali le ricchezze sottratte dal reo con l’attività criminosa[99].


[1] Sul punto, v., ex multis, A. ALESSANDRI, Criminalità economica e confisca del profitto, in E. Dolcini/C.E. Paliero (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, vol. III, Giuffrè, Milano, 2006, pp. 2103 ss., nonché L. FORNARI, La confisca del profitto nei confronti dell’ente responsabile di corruzione: profili problematici, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2005, n. 1-2, pp. 63 ss.

[2] Al riguardo, v. Cass. pen., Sez. Un., 6 marzo 2008, n. 10208, Miragliotta, in Dir. pen. proc., 2008, fasc. 10, pp. 1295 ss., con nota di R. LOTTINI, La nozione di profitto e la confisca per equivalente ex art. 322 ter c.p., p. 1300.

[3] Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, firmata a Vienna il 20 dicembre 1988 e ratificata dall’Italia con l. 5 novembre 1990, n. 328: v. G.U. Serie Generale n. 267 del 15 novembre 1990 – Suppl. Ordinario n. 71.

[4] Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, firmata a Parigi il 17 dicembre 1997 e ratificata dall’Italia con l. 29 settembre 2000, n. 300: v. G.U. Serie Generale n. 250 del 25 ottobre 2000 – Suppl. Ordinario n. 176. Per un commento alla legge di ratifica, v. M. PELISSERO, Commento alla l. 29 settembre 2000, n. 300, in Leg. pen., 2001, fasc. 2, pp. 1029 ss.

[5] «Ciascuna Parte deve adottare le misure necessarie affinché la tangente e i proventi derivanti dalla corruzione di un pubblico ufficiale straniero, o i beni il cui valore corrisponde a quello di tali proventi, siano soggetti a sequestro e confisca o affinché sanzioni pecuniarie di simile effetto siano applicabili».

[6] Sul punto, v. D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale, Bononia University Press, Bologna, 2007, p. 91; R. LOTTINI, La nozione di profitto, cit., p. 1300; Cass. pen., Sez. Un., 22 novembre 2005, n. 41936, Muci, in Giur. it., 2006, fasc. 12, pp. 2402 ss., con nota di D. ROCCHI, Sulla confiscabilità per valore equivalente al profitto dei reati previsti dall’art. 640 quater c.p., pp. 2405 ss.: in questa decisione si fa espresso riferimento ai contenuti del Rapporto esplicativo circa il significato del termine provento illecito.

[7] Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, firmata a Palermo il 15 dicembre 2000 e ratificata dall’Italia con l. 16 marzo 2006, n. 146: v. G.U. Serie Generale n. 85 dell’11 aprile 2006 – Suppl. Ordinario n. 91.

[8] Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (c.d. “Convenzione UNCAC”), firmata a Merida l’11 dicembre 2003 e ratificata dall’Italia con l. 3 agosto 2009, n. 116: v. G.U. Serie Generale n. 188 del 14 agosto 2009.

[9] Ai sensi di tali disposizioni, per provento del crimine s’intende «qualsiasi bene proveniente dalla commissione di un reato od ottenuto, direttamente o indirettamente, dalla commissione di un reato».

[10] P. SILVESTRI, La confisca diretta del profitto, in Quest. giust., 11 dicembre 2014, p. 4, definisce il provento alla stregua di un “termine di genere” dalla spiccata vocazione omnicomprensiva, in grado di ricomprendere ogni utilità conseguita dal reo, anche in via diretta o mediata, in seguito alla realizzazione dell’illecito.

[11] In questo senso, v. L. PISTORELLI, La confisca dei proventi della corruzione nelle convenzioni internazionali e nel diritto dell’Unione Europea, in F. Bonelli/M. Mantovani (a cura di), Corruzione nazionale e internazionale, Giuffrè, Milano, 2014, pp. 189-193. Nei medesimi termini, v. anche Cass. pen., Sez. Un., 10208/2008, cit.

[12] Il testo della Decisione quadro è consultabile su www.eur-lex.europa.eu. Invero, anche l’art. 3 della Decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato, precisa che il provento è «ogni vantaggio economico derivato da reati» e mutua questa definizione dall’art. 1 della Convenzione di Strasburgo del 1990.

[13] Il testo della Direttiva è consultabile su www.eur-lex.europa.eu. Nei medesimi termini, v. anche il considerando n. 13 della recente Direttiva 2024/1260/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, riguardante il recupero e la confisca dei beni: www.eur-lex.europa.eu.

[14] Per la definizione di prezzo e di prodotto del reato, v. A.M. MAUGERI, Confisca (voce), in Enc. dir., VIII, Giuffrè, Milano, 2012, pp. 185-195. V., altresì, V. MANES, Nessuna interpretazione conforme al diritto comunitario con effetti in malam partem, in Cass. pen., 2010, fasc. 1, pp. 101 ss.

[15] Sul punto, v. D. CASTRONUOVO, Nomen plurale tantum”. Le confische tra principi costituzionali e convenzionali. Una introduzione, in D. Castronuovo/C. Grandi (a cura di), Confische e sanzioni patrimoniali nella dimensione interna ed europea, Jovene, Napoli, 2021, pp. 1-3.

[16] Al riguardo, v. C.E. PALIERO/F. MUCCIARELLI, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile: forzature semantiche e distorsioni ermeneutiche, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2015, fasc. 4, p. 247 s.

[17] Cass. pen., Sez. Un., 17 ottobre 1996, n. 9149, Chabni, in Cass. pen., 1997, fasc. 4, pp. 972 ss., con nota di D. CARCANO, Quando le Sezioni Unite non vogliono decidere. Una complessa motivazione per una decisione non risolutiva, pp. 977 ss.

[18] Così Cass. pen., Sez. Un., 9149/1996, cit., conf. a Cass. pen., Sez. Un., 41936/2005, cit. Nel medesimo senso, v. M. TRAPANI, Confisca (voce), in Enc. giur., IX, Treccani, Roma, 1988, p. 2.

[19] Contra, tuttavia, v. Cass. pen., sez. V, 18 gennaio 2011, n. 24583, Tosinvest, rv. 24982: «La nozione di profitto del reato non possiede, secondo la disciplina codicistica, una connotazione meramente patrimoniale, includendo anche un profitto non patrimoniale […]. Il profitto deve pertanto concepirsi come vantaggio anche non patrimoniale comunque ricollegato al reato».

[20] Si tratta della c.d. “concezione causale del profitto”: al riguardo, v. Cass. pen., sez. VI, 31 ottobre 1979, n. 9091, Milanesio, rv. 143304. Sul punto, v. anche R. BORSARI, Percorsi interpretativi in tema di profitto del reato nella confisca, in Leg. pen., 8 settembre 2019, p. 7 s.

[21] In questo senso, v. R. BORSARI, Percorsi interpretativi, cit., p. 7 s.

[22] Cass. pen., Sez. Un., 10208/2008, cit., conf. a Cass. pen. Sez. Un., 9 luglio 2004, n. 29951, Focarelli, rv. 228163.

[23] Cfr., ad esempio, Cass. pen., sez. I, 30 giugno 1994, n. 2551, Sorrentino, rv. 198347.

[24] Invero, A. ALESSANDRI, Confisca nel diritto penale (voce), in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, p. 52, e T.E. EPIDENDIO, La confisca nel diritto penale e nel sistema della responsabilità degli enti, Cedam, Padova, 2011, pp. 114 ss., propendono per la confiscabilità di una precisa tipologia di vantaggi indiretti: quelli ottenuti dal primo rapporto di scambio con il bene oggetto del reato (si tratta dei c.d. “surrogati del profitto in senso stretto”). Nella stessa prospettiva, in giurisprudenza, v. Cass. pen., sez. VI, 24 gennaio 2014, n. 3635, Riva Fire s.p.a., in Giur. it., pp. 966 ss., con nota di V. MAIELLO, La confisca ex D.lgs. 231/2001 nella sentenza Ilva, in Giur. it., 2014, fasc. 4, pp. 969 ss.

[25] Contra, v. Cass. pen., sez. V, 4 marzo 2014, n. 10265, Banca Italease s.p.a., in Cass. pen., 2014, fasc. 10, pp. 3233 ss., con nota di A. FUX, Ulteriori precisazioni sui confini della nozione di profitto: è necessaria l’“esternalità”, pp. 3245 ss.

[26] Sul punto, v. Cass. pen., Sez. Un., 2 luglio 2008, n. 26654, Fisia Impianti s.p.a. e altri, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, n. 4, pp. 1750 ss., con nota di V. MONGILLO, La confisca del profitto nei confronti dell’ente in cerca d’identità: luci e ombre della recente pronuncia delle Sezioni Unite, pp. 1758 ss. Tra le altre cose, la decisione ha fatto chiarezza anche sulla nozione di profitto lordo o netto confiscabile, nell’ambito dei “reati-contratto” e di quelli in contratto: sul tema, v. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Giuffrè, Milano, 2001, pp. 500 ss., e Cass. pen., sez. II, 13 settembre 2023, n. 37326, in www.giurisprudenzapenale.com.

[27] Al riguardo, v. V. MANES, L’ultimo imperativo della politica criminale: nullum crimen sine confiscatione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, n. 3, pp. 1259 ss., ed E. NICOSIA, La confisca. Le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi, Giappichelli, Torino, 2012, p. 144 s.

[28] V. A.M. MAUGERI, La confisca per equivalente – ex art. 322-ter – tra obblighi di interpretazione conforme ed esigenze di razionalizzazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, n. 2, p. 806.

[29] Così Cass. pen., Sez. Un., 10208/2008, cit.

[30] Nel medesimo senso, v. Relazione ministeriale sul Progetto del Codice penale, vol. V, parte I, Tipografia delle Mantellate, Roma, 1929, par. 240, p. 280, cui le Sezioni Unite fanno espresso rinvio.

[31] V. C.E. PALIERO/F. MUCCIARELLI, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile, cit., p. 248 s., e R. BORSARI, Percorsi interpretativi, cit., p. 9.

[32] In questo senso, v. A.M. MAUGERI, La nozione di profitto confiscabile e la natura della confisca: due inestricabili e sempre irrisolte questioni, in Leg. pen., 17 gennaio 2023, p. 1.

[33] V. C. CUPELLI/G. DE SANTIS, L’intervento sul patrimonio come strumento di contrasto all’economia illecita, in M. Montagna (a cura di), Sequestro e confisca, Giappichelli, Torino, 2017, p. 118.

[34] Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit.

[35] In estrema sintesi, ad avviso delle Sezioni Unite, «i beni attratti alla massa fallimentare non si possono considerare alla stregua di beni appartenenti a persona estranea al reato», con la conseguenza che la dichiarazione di fallimento del reo non osta all’adozione della confisca, diretta o per equivalente. Ciò giustificherebbe la prevalenza della misura patrimoniale su eventuali diritti di credito gravanti sui medesimi beni, a prescindere dal momento in cui sia intervenuta la dichiarazione di fallimento. In senso non dissimile, nella giurisprudenza di legittimità più recente, v. Cass. pen., sez. III, 14 febbraio 2024, n. 6577, in One LEGALE, nonché Cass. pen., Sez. Un., 6 ottobre 2023, n. 40797, in Proc. pen. e giust., dov’è stabilito che «l’avvio della procedura fallimentare non preclude il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare», purché il giudice dia conto della prevalenza delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle attinenti alla tutela degli interessi dei creditori concorsuali. Sul tema, in dottrina, v. R. GIUNGI, Confisca e procedure concorsuali. L’evoluzione dei loro rapporti alla luce del diritto vivente e delle norme del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, fasc. 10, p. 9 s., e F. VITALE, Le Sezioni unite sulla confisca per equivalente. Reati tributari e 231: una questione ancora irrisolta (commento a Cass. pen., Sez. Un., 5 marzo 2014, n. 10561), in Arch. pen., 2014, n. 1, p. 9, che sottolinea il carattere afflittivo della confisca che riguardi i beni facenti parte della massa fallimentare: a giudizio dell’Autore, in questo caso, la misura sanzionatoria graverebbe, di fatto, sui soli creditori, che in seguito all’ablazione vedrebbero diminuire sensibilmente le proprie garanzie patrimoniali. V. anche A. MANGIONE, Crisi d’impresa e confisca: la tutela dei creditori e i rapporti fra misure ablative penali (e di prevenzione) e le nuove procedure concorsuali, in Arch. pen., 2023, n. 2, pp. 1 ss.

[36] Cfr., ad esempio, Cass. pen., sez. VI, 29 maggio 2003, n. 23773, Madaffari, rv. 225757, nonché Cass. pen., sez. VI, 1° febbraio 1995, n. 4289, Carullo, rv. 200752.

[37] Così, ancora, Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit.

[38] F. LOMBARDI, Confisca diretta di denaro: è ammessa la prova contraria della sussistenza del titolo lecito? La parola alle Sezioni Unite, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, fasc. 3, p. 1.

[39] Cass. pen., sez. III, 11 febbraio 2019, n. 6348, Torelli, rv. 274859-01.

[40] Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit., conf. a Cass. pen., Sez. Un., 10208/2008, cit.

[41] Così Cass. pen., Sez. Un., 18 novembre 2021, n. 42415, Coppola, in www.sistemapenale.it, 23 novembre 2021, con scheda di M. SCOLETTA, La confisca di denaro quale prezzo o profitto del reato è sempre “diretta” (ancorché il denaro abbia origine lecita). Esiste un limite azionabile alla interpretazione giudiziaria della legge penale?

[42] V. Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit.; Cass. pen., Sez. Un., 10208/2008, cit.; Cass. pen., Sez. Un., 5 marzo 2014, n. 10561, Gubert, in Giur. it., 2014, fasc. 4, pp. 990 ss., con note di P. CORSO, Reato non presupposto di responsabilità amministrativa e limiti del sequestro/confisca nei confronti dell’ente, pp. 994 ss., di G. VARRASO, Punti fermi, disorientamenti interpretativi e motivazioni “inespresse” delle Sezioni Unite in tema di sequestro a fini di confisca e reati tributari, in Cass. pen., 2014, fasc. 9, pp. 2806 ss., e di F. VITALE, Le Sezioni unite, cit., pp. 1 ss. Cfr., altresì, Cass. pen., Sez. Un., 21 luglio 2015, n. 31617, Lucci, in One LEGALE, con nota di G. CIVELLO, Le Sezioni unite “Lucci” sulla confisca del prezzo e del profitto di reato prescritto: l’inedito istituto della “condanna in senso sostanziale”, in Arch. pen., 2015, n. 2, pp. 2 ss.

[43] In questo senso, v. R. BARTOLI, Brevi considerazioni in tema di confisca del profitto. Dialogando con la sentenza Gubert e Mario Romano, in www.penalecontemporaneo.it, 20 ottobre 2016, p. 5.

[44] V., ad esempio, Cass. pen., 4289/1995, cit., e Cass. pen., 23773/2003, cit.

[45] Cfr., ad esempio, Cass. pen., sez. III, 6 ottobre 2011, n. 36293, Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., rv. 25113. Per una ricostruzione puntuale dei vari orientamenti ermeneutici, poi ricomposti dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, v. F. VERGINE, Questioni problematiche in materia di confisca, in Libro dell’anno del Diritto 2016, www.treccani.it.

[46] Nello stesso senso, in dottrina, v. M. ROMANO, Confisca, responsabilità degli enti, reati tributari, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, n. 4, p. 1687 s., a giudizio del quale, laddove il denaro originariamente acquisito sia ancora rintracciabile nel patrimonio del reo, la confisca sarà diretta; «altrimenti, (proprio perché il denaro è bene fungibile), sarà per equivalente, sia che colpisca altro denaro di cui egli disponga, sia che, non disponendone, si colpiscano beni per il corrispondente valore».

[47] Sul punto, v. anche A. KELLER, Confisca diretta del denaro e prova dell’assenza di pertinenzialità: la recente giurisprudenza di legittimità erige i primi fragili argini alle sentenze Gubert e Lucci, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2019, fasc. 6, pp. 76-79, in particolare.

[48] V., ancora, M. ROMANO, Confisca, cit., p. 1687 s., nonché R. BARTOLI, Brevi considerazioni, cit., p. 5.

[49] V. R. BARTOLI, Brevi considerazioni, cit., p. 5.

[50] Il riferimento è a Cass. pen., Sez. Un., 10561/2014, cit., a Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit., nonché alla più recente Cass. pen., Sez. Un., 42415/2021, cit.

[51] Cass. pen., Sez. Un., 10561/2014, cit.

[52] Il tema principale della decisione riguarda l’applicabilità, nei confronti dell’ente, della confisca del profitto ricavato da reati tributari: sul punto, in senso critico rispetto ai contenuti della sentenza, v. R. BARTOLI, Responsabilità degli enti e reati tributari: una riforma affetta da sistematica irragionevolezza, in Sist. pen., 2020, fasc. 3, p. 223. Bisogna, poi, precisare che i reati tributari, ad eccezione di quelli previsti dagli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sono entrati a far parte del novero di reati-presupposto della responsabilità dell’ente in tempi relativamente recenti, e cioè con il d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, poi convertito, con modificazioni, nella l. 19 dicembre 2019, n. 157: l’art. 39, comma 2, di detto decreto ha inserito, all’interno del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, il nuovo art. 25-quinquiesdecies (“Reati tributari”). Al riguardo, v., ex multis, D. PIVA, Reati tributari e responsabilità dell’ente: una riforma nel (ancorché non di) sistema, in M. Catenacci/V.N. D’Acola/R. Rampioni (a cura di), Studi in onore di Antonio Fiorella, vol. II, Roma Tre Press, 2021, pp. 1767 ss., nonché  F. GIUNTA, Note sulla punizione dell’ente evasore, in www.discrimen.it, 23 settembre 2020, pp. 1 ss.

[53] Sulla confiscabilità dei risparmi di spesa fiscale, v., tra i tanti, C. PIERGALLINI, Responsabilità dell’ente e pena patrimoniale: la Cassazione fa opera nomofilattica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, n. 2, pp. 998 ss.; V. MONGILLO, Confisca (per equivalente) e risparmi di spesa: dall’incerto statuto alla violazione dei principi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, n. 2, pp. 716 ss.; M. ROMANO, Confisca, cit., pp. 1674 ss., e M. GIOIA, Profitto e risparmi di spesa, in www.ilpenalista.it, 30 ottobre 2015.

[54] Così Cass. pen., Sez. Un., 9149/1996, cit., conf. a Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit., a Cass. pen., Sez. Un., 26654/2008, cit., nonché a Cass. pen., Sez. Un., 6 ottobre 2009, n. 38691, Caruso, in Dir. pen. proc., 2010, n. 4, pp. 433 ss., con commento di V. MAIELLO, La confisca per equivalente non si applica al peculato, pp. 440 ss., e di V. MANES, Nessuna interpretazione, cit., pp. 101 ss.

[55] In questo senso, v. Cass. pen., Sez. Un., 23 aprile 2013, n. 18374, Adami, in www.archiviodpc.dirittopenaleuomo.org, con nota di G. ROMEO, Le Sezioni Unite sull’applicabilità dell’aggravante della transnazionalità all’associazione per delinquere, 12 maggio 2013.

[56] In particolare, cfr. Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit.

[57] Contra, v. Cass. pen., Sez. Un., 26654/2008, cit. Cfr., altresì, A.M. MAUGERI, La nozione di profitto confiscabile, cit., p. 64 s.

[58] Così Cass. pen., Sez. Un., 10561/2014, cit. (il corsivo è aggiunto); nello stesso senso, v. Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2013, n. 1261, Marseglia, rv. 254175, e Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit. Contra, v. Cass. pen., sez. V, 4 giugno 2014, n. 27523, Argento, rv. 259855. In dottrina v., in senso critico, A. KELLER, Confisca diretta del denaro, cit., pp. 82-86.

[59] Al riguardo, R. BARTOLI, Brevi considerazioni, cit., p. 2 s., parla di legame “consustanziale” tra reato e risparmio di spesa e di “intrinsecità” del relativo nesso di pertinenzialità.

[60] Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit. La pronuncia è degna di nota anche perché affronta il tema dell’ammissibilità della confisca nel caso di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione: v. A. PULVIRENTI/M. LO GIUDICE, Prescrizione, confisca e processo nella sentenza G.I.E.M. e altri c. Italia, in Proc. pen. e giust., 2019, fasc. 1, pp. 122 ss. Al riguardo, v. anche Cass. pen., sez. III, 20 aprile 2022, n. 15229, in www.sistemapenale.it, con scheda di T. TRINCHERA, Rimessa alle Sezioni Unite una questione relativa alla definizione dell’ambito di applicazione temporale dell’art. 578 bis c.p.p. Un’occasione per ripensare alla natura giuridica della confisca per equivalente?, 1° agosto 2022, e Cass. pen., Sez. Un., 31 gennaio 2023, n. 4145, in www.giurisprudenzapenale.com, con commento di S. BOLIS, La silenziosa espansione della confisca per equivalente senza condanna: le Sezioni unite non considerano la presunzione d’innocenza in relazione all’art. 578 bis c.p.p., in Sist. pen., 2024, fasc. 2, p. 79 s.

[61] Al riguardo, v. L. SIROTTI, La confisca per equivalente: problemi applicativi, in D. Castronuovo/C. Grandi (a cura di), Confische, cit., p. 332.

[62] In questi esatti termini, v. Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit. Nello stesso senso, v. anche Cass. pen., Sez. Un., 10561/2014, cit.

[63] Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit. Nello stesso senso, v. anche D. COLOMBO, Pecunia (interdum) olet. Brevi note sulla confisca di denaro nei reati tributari, in Sist. pen., 2024, fasc. 5, p. 37.

[64] Così Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit.

[65] Cfr., ancora una volta, Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit.

[66] Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit. Sul punto, v. anche L. VALOTTI, I confini della confisca diretta del denaro: opportuna ridefinizione e questioni aperte, in www.sistemapenale.it (scheda), 28 novembre 2023.

[67] Così A. KELLER, Confisca diretta del denaro, cit., pp. 80-86, che riprende le parole usate da Cass. pen., Sez. Un., 10561/2014, cit., e da Cass. pen., Sez. Un., 31617/2015, cit.

[68] In questo senso, v. L. VALOTTI, I confini della confisca diretta, cit.

[69] Sul tema, v. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali, cit., pp. 272 ss.

[70] In proposito, A. KELLER, Confisca diretta del denaro, cit., p. 83, afferma che «la confisca del denaro in via diretta riferita al mero valore conduce ad una silenziosa abolitio della distinzione tra confisca diretta e confisca per equivalente».

[71] V. F. COLAIANNI/D. COLOMBO, Quando i soldi sono infetti. Una nuova pronuncia delle Sezioni Unite ribadisce che la confisca del denaro rinvenuto nel patrimonio del reo è sempre “diretta”,in www.sistemapenale.it, 8 luglio 2022, p. 8 s., e L. VALOTTI, I confini della confisca diretta, cit.

[72] Al riguardo, v. R. BORSARI, Percorsi interpretativi, cit., p. 7 s., nonché M. LANZI, La confisca diretta e di valore nei reati tributari: riflessioni e questioni aperte, in Ind. pen., 2014, fasc. 1, p. 173, e A.M. MAUGERI, La nozione di profitto confiscabile, cit., p. 1. V. anche Cass. pen., sez. VI, 6 giugno 2024, n. 22935, in www.giurisprudenzapenale.com, che definisce la confisca un istituto complesso, «dalle ricadute incisive sui diritti del cittadino».

[73] La sentenza Gubert è stata criticata anche da una parte della giurisprudenza di legittimità, che ha messo in rilievo come la decisione sancisca «principi non simmetrici con quelli indicati, nel corso del tempo, dalle stesse Sezioni Unite» (v., ad esempio, Cass. pen., Sez. Un., 29951/2004, cit., Cass. pen., Sez. Un., 38691/2009, cit., nonché, da ultimo, la decisione di Cass. pen., sez. V, 18 luglio 2023, n. 31186, in www.sistemapenale.it, con scheda di L. VALOTTI, I confini della confisca diretta, cit.), in tema di nesso di derivazione del profitto dal reato: P. SILVESTRI, La nozione di profitto confiscabile nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in www.cortedicassazione.it, 17 giugno 2014, p. 27.

[74] Cass. pen., Sez. Un., 42415/2021, cit., con nota di F. COLAIANNI, Prime note estemporanee di commento alle Sezioni Unite n. 42415/21 in tema di confisca, in www.giurisprudenzapenale.com, 24 novembre 2021.

[75] In realtà, prima della sentenza Coppola, la confisca del profitto in denaro è stata oggetto anche di un’altra – meno nota – decisione della Suprema Corte. Si tratta di Cass. pen., sez. III, 27 febbraio 2018, n. 8995, Barletta, rv. 272353, dove si precisa che: «[I]n tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario del reo, ove si abbia la prova che le stesse non possono in alcun modo derivare dal reato e costituiscano, pertanto, profitto dell’illecito».

[76] V., ancora una volta, A. KELLER, Confisca diretta del denaro, cit., pp. 80-86.

[77] A.M. DELL’OSSO, Le Sezioni Unite rilanciano sulla natura diretta della confisca di denaro: vecchie e nuove perplessità, in Dir. pen. proc., 2022, fasc. 4, p. 492.

[78] M. SCOLETTA, La confisca di denaro quale prezzo, cit.

[79] Cass. pen., Sez. Un., 42415/2021, cit.

[80] Cass. pen., Sez. Un., 42415/2021, cit.

[81] In questo senso, v. C.E. PALIERO/F. MUCCIARELLI, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile, cit., p. 247 s., e L. VALOTTI, I confini della confisca diretta, cit.

[82] C.E. PALIERO/F. MUCCIARELLI, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile, cit., p. 247 s.

[83] V., ancora una volta, C.E. PALIERO/F. MUCCIARELLI, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile, cit., p. 247 s.

[84] Al riguardo, v. F. COLAIANNI/D. COLOMBO, Quando i soldi sono infetti, cit., pp. 10 ss.

[85] F. COLAIANNI/D. COLOMBO, Quando i soldi sono infetti, cit., p. 10.

[86] M. SCOLETTA, La confisca di denaro quale prezzo, cit.

[87] M. SCOLETTA, La confisca di denaro quale prezzo, cit.

[88] Si deve precisare che, negli ultimissimi tempi, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. pen., Sez. Un., 8 aprile 2025, n. 13783, in www.sistemapenale.it, con scheda di S. FINOCCHIARO, L’attesa sentenza delle Sezioni Unite sul sequestro e la confisca nel concorso di persone nel reato: un’importante svolta in tema di natura (ripristinatoria) della confisca “per equivalente” e di (ri)qualificazione della confisca del denaro, 15 aprile 2025), sono tornate sull’annoso tema dell’individuazione della natura giuridica della confisca di denaro e hanno stabilito che «la confisca di somme di denaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, non potendosi far discendere detta qualifica dalla mera natura del bene. La confisca è, invece, qualificabile per equivalente in tutti i casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione causale». Il principio di diritto affermato si discosta, dunque, da quelli formulati finora in materia di confisca di denaro e si allinea, invece, agli orientamenti giurisprudenziali minoritari e alle osservazioni della dottrina. In quest’ordine di idee, la fungibilità del denaro, anziché legittimare il ricorso alla confisca diretta, giustificherebbe, semmai, l’applicazione della confisca per equivalente, nei casi in cui essa sia prevista dalla legge. Secondo le Sezioni Unite, la confisca diretta dovrebbe, invece, operare «soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato» e, cioè, quando sia possibile accertare la sussistenza del nesso pertinenziale tra il denaro indebitamente percepito e il reato-base. D’altro canto, la differenza tra confisca diretta e confisca di valore o per equivalente sta proprio nell’accertamento del nesso di pertinenzialità: affermare che la confisca di denaro sia una confisca diretta e poi presumere o dare per scontata la sussistenza di detto nesso significa realizzare, di fatto, una tacita abolitio della distinzione tra le due tipologie di confisca (in tal senso, v. A. KELLER, Confisca diretta del denaro, cit., p. 83).

[89] M. SCOLETTA, La confisca di denaro quale prezzo, cit.

[90] In questa prospettiva, v. Relazione ministeriale, cit., par. 202, p. 245, nonché S. SARTARELLI, Confisca “obbligatoria” e “facoltativa”, in M. Montagna (a cura di), Sequestro, cit., p. 277. Contra, v. F. CAVALLA, La confisca di cose appartenenti all’estraneo del reato nella possibilità di revoca o modifica e l’intangibilità del giudicato, in Giust. pen., 1964, fasc. 3, p. 106.

[91] Al riguardo, v. A.M. MAUGERI, La nozione di profitto confiscabile, cit., p. 5, M. SCOLETTA, La confisca di denaro quale prezzo, cit., nonché G. CIVELLO, Confisca per equivalente e concorso di persone: tra responsabilità individuale e “principio solidaristico”, in Arch. pen., 2024, n. 1, p. 7. In giurisprudenza, v. Cass. pen., Sez. Un., 42415/2021, cit., e Cass. pen., Sez. Un., 10561/2014, cit.

[92] V., da ultimo, Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2024, n. 2566, in One LEGALE. In dottrina, v. F. MARZULLO, La confisca del denaro post delictum nel “prisma” dei più recenti approdi giurisprudenziali di legittimità, in Arch. pen., 2024, n. 2, pp. 1 ss.

[93] Sul punto, v. V. MONGILLO, I mobili confini del profitto confiscabile nella giurisprudenza di legittimità, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2012, fasc. 3-4, p. 69.

[94] Si tratta della decisione United States v. Banco Cafetero Panama, 797 F.2d 1154 (2nd Cir. 1986), in www.casetext.com, conf. a United States v. Garcia, 37 F.3d 1359, 1365 (9th Cir. 1994), in www.casetext.com, e a United States v. Braxtonbrown-Smith, 278 F.3d 1348, 1355 (D.C. Cir. 2002), in www.case-law.vlex.com. Sul punto, v. anche S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misura di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, CJN, Milano, 2018, p. 324 s.

[95] Al riguardo, v. T.G. REED, On the importance of being civil: constitutional limitation on civil forfeiture, 3 New York Law School Law Review 255, 1994, pp. 276 ss.

[96] V. S. FINOCCHIARO, Riflessioni sulla quantificazione del profitto illecito e sulla natura giuridica della confisca diretta e per equivalente, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2020, fasc. 3, p. 325.

[97] In questo senso, v., ad esempio, A. KELLER, Confisca diretta del denaro, cit., pp. 73-77, ma anche L. DELLA RAGIONE, La confisca per equivalente nel diritto penale tributario, in www.penalecontemporaneo.it, 13 novembre 2010, p. 10. Cfr., altresì, G. CARADONNA, La confisca di denaro: natura giuridica e disciplina secondo la più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, in www.rivistapenaleitaliana.it, 29 ottobre 2021.

[98] Al riguardo, v. S. FINOCCHIARO, Riflessioni sulla quantificazione del profitto illecito, cit., p. 349.

[99] In questo senso, v. F. PALAZZO/F. VIGANÒ, Diritto penale. Una conversazione, Il Mulino, Bologna, 2018, p. 111 s.  

Tags

Condividi su:

Articoli Correlati
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore