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Dichiarazione di incompetenza e rinnovo del “415 bis”

I Giudici della nomofilachia hanno ripetutamente affermato il principio secondo cui il Pubblico Ministero presso il Giudice competente, a seguito della ricezione degli atti dall’Autorità giudiziaria dichiaratasi incompetente[1], non è tenuto a rinnovare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, prima del (nuovo) esercizio dell’azione penale[2].

Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha, in modo pressoché univoco, sottolineato come la funzione cognitiva svolta dall’avviso de quo <<è stata assicurata, in quanto gli atti erano già stati posti a disposizione dell’imputato>> nel procedimento celebrato innanzi al Giudice incompetente[3], consentendo al reo di contraddire in ordine alla consistenza e qualità degli elementi raccolti in fase di indagine.

Coerentemente a tale asserto, la rinnovazione dell’avviso risulta necessaria soltanto se il Pubblico Ministero, ricevuti gli atti, ha svolto ulteriori indagini. E ciò giacché, all’evidenza, sugli esiti delle stesse l’indagato non aveva potuto dispiegare alcun contraddittorio[4]. Del pari si è ritenuto che debba procedersi ad una nuova notifica ove il rappresentante della Pubblica Accusa intenda contestare ulteriori reati o circostanze aggravanti[5], ma non nel caso in cui egli si limiti a riqualificare il medesimo fatto storico[6].

In sintesi, a seguito della regressione del procedimento, soltanto l’introduzione di nova ad opera del Pubblico Ministero giustificherebbero un ulteriore spazio di interlocuzione per l’indagato. Diversamente, in presenza di un quadro probatorio invariato, la rinnovazione finirebbe per realizzare un’ eterogenesi dei fini dell’istituto, <<ritardando il processo>> e così danneggiando in primo luogo l’imputato innocente[7].

L’asserto testé illustrato interseca all’evidenza il tema del principio di irretrattabilità dell’azione penale, talora oggetto di esplicito richiamo ad opera della giurisprudenza citata[8]. E ciò giacché ove il Pubblico Ministero presso il Giudice competente fosse comunque vincolato a formulare l’imputazione, non si potrebbe che aderire alla giurisprudenza citata, secondo cui, in mancanza di nova, l’avviso ex art. 415 bis si risolverebbe in un’inutile dilazione dei tempi processuali. Infatti, in tal caso, non sussisterebbe alla radice lo ius loquendi accordato all’indagato tramite l’avviso de quo, al fine di orientare il Procuratore verso una richiesta di archiviazione[9].

Tuttavia è questione controversa se il rappresentante della Pubblica Accusa presso il Giudice competente sia vincolato dal precedente esercizio dell’azione penale operato dal suo omologo[10].

Ma soprattutto, ad avviso di chi scrive, non può trascurasi che la regressione del procedimento consegua ad una sequenza procedurale errata, attribuibile all’organo dell’accusa, di talchè il prevenuto deve essere posto nella pienezza delle sue facoltà difensive, inerenti la fase procedimentale in cui è rimesso.

Al riguardo non è ozioso rammentare il dictum della Corte costituzionale, la quale, investita della questione di legittimità dell’art. 23 del codice di rito, nella parte in cui prevedeva che il giudice del dibattimento, quando dichiara la propria incompetenza per territorio, ordini la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo, pose in rilievo come dall’originario errore di competenza <<non possano derivare limitazioni di sorta al diritto di difesa>> [11].

E del resto a ben guardare non si può ritenere che a fronte di una regressione del procedimento al Pubblico Ministero ad quem vi sia un qualche esercizio dell’azione penale in atto, di cui garantire l’irretroattività[12].

Invero, nel ricostruire quali siano le conseguenze della dichiarazione di incompetenza, a seguito delle emende introdotte dalla Corte costituzionale all’art. 23 c.p.p., si è rilevato che la trasmissione degli atti apre una nuova fase procedimentale che <<oggettivamente, non consente di ritenere più in vita il precedente esercizio dell’azione penale>>[13]. Con la conseguenza che il Pubblico Ministero presso il Giudice competente sarà libero di richiedere l’archiviazione del procedimento[14].

La predicata libertà di determinazione del rappresentante della Pubblica Accusa fa sì che possa revocarsi in dubbio la soluzione accolta dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine alla mancanza di un obbligo di rinnovo dell’ avviso di conclusione indagini.

Infatti a ben guardare la precipua funzione svolta dall’avviso in parola è proprio quella di fornire al prevenuto <<uno strumento utile ad orientare l’indagine verso la richiesta di archiviazione>>[15].

In sintesi, per come si è osservato, <<la trasmissione del fascicolo al Pubblico Ministero presso il Giudice competente, non può che imporre di (re)inviare all’indagato l’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p….>>[16].

Né convince la soluzione, pur indicata in giurisprudenza, secondo cui l’omesso rinnovo dell’avviso non lederebbe in alcun modo le prerogative dell’indagato, perché costui sarebbe comunque in grado di esercitare le sue facoltà difensive presso il Pubblico Ministero ad quem[17]. Infatti, tale tesi espone i diritti difensivi del prevenuto all’alea di tempi incontrollabili della formulazione dell’imputazione.

L’opzione ricostruttiva qui privilegiata ha peraltro trovato riscontro in talune pronunce di merito, le quali hanno considerato come <<anche in ipotesi di regressione alla fase delle indagini preliminari a seguito di formale declaratoria di incompetenza>>, ricorrono tutte le condizioni di applicabilità dell’istituto di cui all’art. 415 bis c.p.p., tra cui la <<sussistenza di un potere di scelta da parte del p.m. tra richiesta di archiviazione ovvero di rinvio a giudizio>>, di talchè <<risulta imposto al p.m. l’obbligo dell’invio dell’avviso di conclusione delle indagini>>[18]. <<Né può ipotizzarsi – ad avviso dei giudici territoriali – che l’eventuale esercizio delle facoltà di legge davanti al primo p.m. possa aver in qualche modo “consumato” il diritto della parte nella nuova ed autonoma fase di indagine che si apre a seguito di declaratoria di incompetenza>>[19].

 

[1] Cass. pen. sez. III, ud. 8.04.2010 – dep. 03.06.2010, n. 20765 ha rilevato che il principio vale tanto ove sia lo stesso Pubblico Ministero presso il Giudice incompetente a trasmettere gli atti al suo omologo presso il Giudice competente, quanto ove a tale trasmissione proceda il Giudice che abbia declinato la propria competenza.

[2] Cfr. Cass. pen., sez. fer. ud. 06.08.2019 – dep. 5.11.2019, n. 44878; Cass. pen., sez. II, ud. 01.03.2019, n. 16079; Cass. pen. sez. V, ud. 05.11.2018, n. 10288, in tema di incompetenza per materia; Cass. pen., sez. V, ud. 15.12.2014 –dep. 18.02.2015, n. 7292; Cass. pen., sez. II, ud. 17.12.2010- dep. 29.04.2011, n.16599; Cass. pen., sez. II ud. 17.02.2011, n. 9849; Cass. pen., sez. III, ud. 8.04.2010 – dep. 03.06.2010, n. 20765, in tema di annullamento con rinvio al Procuratore presso il Giudice competente; Cass. pen., sez. VI, ud. 21.10.2008 – dep. 11.11.2008, n. 42037 in tema di regressione a seguito di annullamento della sentenza del Giudice di pace per incompetenza per materia; Cass. pen., sez. III, ud. 21.01.2004 – dep. 23.03.2004, n.13954.

[3] Ex aliis Cass. pen., sez. V, n. 10288 cit..

[4] Cass. pen., sez. II, n. 16079, cit..

[5] Cass. pen ., sez. III, n. 20765 cit..

[6] Cass. pen. , sez. fer., n. 44878 cit. nonché  Cass. pen. sez. V, n. 10288, cit..

[7] Cass. pen., sez. II, n .16079 cit. e Cass. pen ., sez. III, n. 20765 cit..

[8] Cass. pen., sez. fer., n. 44878 cit. Il ricorso, almeno implicito, al principio di irretrattabilità sembra poi sotteso a quelle pronunce che insistono sul ritardo che il processo subirebbe a motivo della emissione di un nuovo avviso ex art. 415 bis c.p.p..

[9] Sul tema dell’inutilità dell’avviso di conclusione indagini lì dove l’indagato non possa guadagnare l’esito archiviatorio del procedimento, si veda Cass. pen., sez. V, ud. 17.10.2002, 38693, resa in materia di imputazione coatta.

[10] Ad avviso di Cass. pen., sez. VI, ud. 11.03.2003, n. 20512, l’azione penale, una volta esercitata, è in ogni caso irretrattabile, lì dove invece per Cass. pen., sez. VI, ud. 14.01.2004 – dep. 23.02.2004, n. 7681, almeno nel caso di regressione disposta dal GUP, ex art. 22 II cpv. c.p.p., la scelta originaria del legislatore di prevedere la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero è indice della libertà di determinazione di costui rispetto all’ipotesi di rinnovare l’esercizio dell’azione penale. Il tema è stato recentemente affrontato, sebbene in modo incidentale, dal massimo Consesso della Suprema Corte, che, nell’individuare l’Autorità Giudiziaria destinataria degli atti in caso di incompetenza per materia per un reato distrettuale, sembra aderire al principio della irretrattabilità dell’azione penale (cfr. SS.UU., ud. 23.03.2017- dep. 31.08.2017, n. 39746). Tuttavia, più recentemente, le sezioni semplici sono tornate a ribadire la tesi secondo cui il Pubblico Ministero, investito del procedimento ex art. 23, non è vincolato al principio dell’irretrattabilità dell’azione penale (Cass. pen., sez. II, ud. 06.07.2017- dep. 21.07.2017, n. 36186). La tesi della libertà di determinazione del P.M. presso il Giudice competente è stata sostenuta anche dalla giurisprudenza di merito (ex multis GUP Como 07.06.2011 in Foro Ambrosiano 2011,2,165; Trib. Milano, sez. II, 12.07.2007 in Foro Ambrosiano 2007, pag. 349; GUP Como 31.10.2001 in Foro Ambrosiano 2002, 210. Adesivamente in dottrina Cordero, Procedura penale, IX ed., Milano, Giuffrè nonché Pignatelli, sub art. 22 c.p.p. in Comm. Chiavario, I, 144, e Ponti “Sul potere d’azione del Pubblico Ministero presso il Giudice al quale sono stati trasmessi gli atti a seguito di sentenza dichiarativa di incompetenza” a commento GUP Como 31.10.2001, in Foro Ambrosiano 2002,210. Con specifico riferimento alle ipotesi di trasmissione ex artt. 23 e 24 c.p.p., successivamente agli interventi della Corte costituzionale, si veda Di Salvo, “Principio di irretrattabilità dell’azione penale, regressione del procedimento e poteri del Pubblico Ministero”, in Cass. pen., 2000, 3327.

[11] Corte cost. 15.03.1996 n. 70. La necessità di sterilizzare le conseguenze dell’errore del Pubblico Ministero già emergeva, sebbene con risultati non del tutto esaurienti, nella sentenza della Corte cost. 11.03.1993 n. 76, la quale aveva dichiarato illegittimo l’art. 23, nella parte in cui prevedeva che il Giudice del dibattimento, nel dichiarare la propria incompetenza per territorio, ordini la trasmissione degli atti al Giudice ritenuto competente, anziché al Pubblico Ministero presso quest’ultimo.

[12] Sebbene tale asserto sia stato proclamato in tema di nullità della richiesta di rinvio a giudizio non preceduto dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari (Cass. pen., sez. V, ud. 12.07.2012- dep. 31.10.2012 n. 42483), pare che lo stesso possa estendersi ad altre ipotesi in cui l’azione penale originariamente dispiegata sia poi venuta meno.

[13] Cass. pen., sez. II , ud. 06.07.2017- dep. 21.07.2017, n. 36186.

[14] Ibidem.

[15] Così Amodio, “Lineamenti della riforma, in AA.VV., Giudice unico e garanzie difensive”, Milano, 2000, riportato sub art. 415 bis Commentario Codice procedura penale a cura di A. Giarda e G. Spangher. In tal senso in giurisprudenza Cass. pen., sez. V,  n. 38693, cit. che coerentemente esclude la necessità di avviso ex art. 415 bis c.p.p. in caso di imputazione coatta. Si veda del pari Corte cost. 24.10.2012 n. 286.

[16] Cfr.  Ponti ,“Sul potere d’azione del Pubblico Ministero”, in Foro Ambrosiano cit..

[17] Cass. pen., sez. III, ud. 21.01.2004 – dep. 23.03.2004, n.13954.

[18] Trib. Milano, sez. II, 12.07.2007 in Foro Ambrosiano 2007, pag. 349.

[19] Ibidem. Tra le pronunce dei Giudici territoriali si segnalano Tribunale monocratico di Firenze del 19.07.2016 (inedita); GUP Milano 23.01.2003 in Foro Ambrosiano, 2003, 334. A tale orientamento aderisce anche Tribunale collegiale di Udine 13.03.2006 in www.avvocati.ud.it.. A giudicare dalla massima GUP Milano 09.03.2011 ritiene non dovuto il rinnovo del nuovo avviso, salvo situazioni contingenti, quali la caotocità del fascicolo e il lungo lasso di tempo trascorso dai fatti, che lo rendano opportuno a salvaguardia dei diritti di difesa (GUP Milano 09.03.2011, in Foro Ambrosiano, 2011, I,59). Peraltro con un recente intervento la stessa Corte di cassazione adita anche in ordine alla questione dell’omessa rinnovazione dell’avviso di cui trattasi, ha dichiarato il reato estinto per prescrizione, non risultando il ricorso manifestamente infondato (Cass. pen., sez. II, ud. 20.06.2019 – dep. 01.08.2019, n. 35413).

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