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La Consulta sul patteggiamento e sulla restituzione del prezzo e del profitto pro quota.

Segnaliamo l’Ordinanza n. 194, depositata oggi 25 luglio 2022, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze, dell’art. 444, comma 1-ter,c .p.p.,  che denunciava il contrasto con l’art. 3 della Costituzione nella parte in cui impone, come condizione di ammissibilità della domanda di patteggiamento, l’integrale restituzione del prezzo o del profitto del reato anche per il caso in cui un concorrente nel reato abbia ricevuto a tale titolo una quota parte del tutto o nulla in concreto e, di contro, non prevede che per il caso di concorso di persone nel reato ogni concorrente sia tenuto, ai fini della condizione di procedibilità dell’istanza di patteggiamento, a restituire solo la quota parte effettivamente conseguita, ovvero ne sia esentato per il caso in cui non abbia conseguito nulla.

Il caso di specie attiene ai reati di cui agli artt. 110, 319, 319-bis, 321 e 81, secondo comma, c.p.

L’Avvocatura Generale dello Stato, nel chiedere che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso, rimarca come rientrino nella sfera di discrezionalità del legislatore le scelte di politica criminale volte a delineare in termini più rigorosi il regime processuale di taluni reati, compreso il particolare regime del reato concorsuale, sicché la disposizione censurata è una legittima estrinsecazione di una scelta di politica criminale operata dal legislatore. Ciò trova conferma anche nell’art. 187 c.p., ai sensi del quale, in caso di reato concorsuale, i condannati sono obbligati in solido al risarcimento del danno.

La questione viene dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza, poiché alla luce degli elementi forniti dal giudice a quo nell’ordinanza di rimessione, appare evidente come l’eventuale pronuncia di accoglimento non avrebbe incidenza alcuna sul giudizio principale.

Tuttavia la Consulta, nel richiamare la legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), precisa come il legislatore ha inserito l’art. 321 c.p. nell’elenco dei reati che danno luogo all’obbligo di riparazione pecuniaria ed ha integrato l’elenco di reati ai quali si applica l’art. 165, comma 4 c.p., inserendovi l’art. 321 c.p. , subordinando la sospensione condizionale della pena al pagamento della riparazione pecuniaria. Inoltre, ha inserito nell’art. 444 c.p.p. un nuovo comma 3-bis, che prevede che la richiesta di patteggiamento possa essere subordinata all’esenzione dalle pene accessorie o alla sospensione condizionale delle stesse in relazione a una serie di reati contro la pubblica amministrazione, includendovi espressamente quelli di corruzione attiva di cui all’art. 321 c.p..

Dunque, il raffronto tra il censurato art. 444, comma 1-ter, c.p.p. e le altre disposizioni menzionate evidenzia la consapevole scelta del legislatore di modulare diversamente l’ambito di applicazione delle disposizioni e l’art. 321 c.p. continua a essere assente nell’art. 444, comma 1-ter, c.p.p.

Ciò che impone di concludere pianamente nel senso che ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

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