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La fame non giustifica il furto: sull’applicazione dell’esimente dello stato di necessità nello stato di indigenza

Con la sentenza che qui si annota, la Corte di Cassazione conferma la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello capitolina e chiarisce che lo stato di indigenza non è sufficiente a scriminare la condotta di chi abbia commesso un fatto penalmente rilevante invocando lo stato di necessità, ex art. 54 c.p.

L’imputato era stato condannato per il delitto di furto di uno zainetto custodito all’interno di un furgone parcheggiato sulla pubblica via.

Con un unico motivo, la difesa impugnava la sentenza dei giudici di secondo grado lamentando che il collegio avesse erroneamente ritenuto insussistente lo stato di necessità. Infatti, il ricorrente deduceva che il delitto commesso fosse scriminato, ex art. 54 c.p., perché l’oggetto dell’azione predatoria non era lo zaino in sé ma il panino che era custodito dentro che egli stesso aveva subito iniziato a mangiare una volta scorto. Per prima cosa, i giudici si chiedono se la situazione di indigenza sia di per sé idonea ad integrare lo stato di necessità.

A questo quesito, la Corte fornisce soluzione negativa richiamando una precedente decisione del 2015 che riteneva non sussistente lo stato di necessità, per difetto dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, tutte quelle volte in cui l’agente invoca il proprio stato di indigenza, atteso che è possibile farvi fronte attraverso mezzi leciti e di assistenza sociale.

A tal proposito, nel caso citato, i giudici erano stati chiamati a decidere sulla sussistenza dello stato di necessità riguardo ad un furto con strappo commesso dall’agente per il bisogno di denaro per acquistare una pomata per curare il figlio affetto da una malattia contagiosa[1].

Dall’altra, in merito alla possibilità di applicare l’esimente “putativa”, ex art. 59, co. 4 c.p., la Cassazione ribadisce che l’imputato abbia un onere di allegazione mediante il quale è tenuto a fornire all’autorità giudiziaria tutti gli elementi necessari all’accertamento di quelle circostanze che, se riscontrate, possano essere valutate nei suoi confronti favorevolmente. Molto efficacemente, tale onere di allegazione non può basarsi su un mero criterio soggettivo, che è riferito al solo stato d’animo dell’agente, ma deve essere sostenuto da specifici fatti concreti che giustifichino l’erroneo convincimento di trovarsi in una determinata situazione putativamente scriminata[2].

Nel caso di specie, il ricorrente si limitava alla sola circostanza della sua sofferenza economica e non forniva ulteriori elementi -se non quelli di aver mangiato subito il panino trovato nello zaino- idonei ai fini dell’applicazione dell’esimente invocata. Il ricorso viene dichiarato inammissibile con conseguente condanna alle spese.

La sentenza ha il merito di aver confermato l’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità che è compatta nel negare valore scriminante alla situazione di disagio economico laddove sia possibile ovviare allo stesso mediante comportamenti non criminosi.

Tuttavia, sebbene la decisione chiarisca, confermando le sue precedenti decisioni, i requisiti di applicabilità dell’esimente dello stato di necessità, non indica, però, cosa si debba specificamente intendere per “stato di indigenza”. Questa incertezza permane anche quando i giudici si richiamano alle espressioni di “ristrettezza economica” o, più genericamente, di “stato di bisogno”. Trattasi, a parere di chi scrive, di una lacuna interpretativa che, seppur colmata per mezzo dell’attività ermeneutica della singola autorità giudiziaria, non garantisce una uniformità valutativa in sede di decisione atteso i criteri discrezionali di volta in volta prediletti dall’organo decidente

[1] Cass. pen., sez. V, 13.07.2015 n. 3967, in senso difforme, Cass. pen., sez. V, 7.01.2016 n. 18248 in cui la Corte ha pronunciato una sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato nei confronti di un clochard che era stato condannato per il delitto di furto di beni alimentari poiché “costretto dal pericolo attuale di un danno grave alla persona” intendendosi con questo termine una restrizione della libertà di autodeterminazione, dovuta alla eccezionalità della situazione, tale da influenzare profondamente il suo stato psicologico a causa del pericolo che sarebbe derivato alla sua salute qualora non si fosse alimentato in un breve lasso di tempo, più approfonditamente, C. MOSTARDINI, La Corte di Cassazione sull’applicabilità dello stato di necessità al furto per fame: qualche spunto di riflessione in Diritto penale contemporaneo,08.06.2016

[2] Nello stesso senso, Cass. pen., sez. IV, del 16.09.2019 n. 2241 in cui si era riconosciuta l’applicabilità della scriminante, ex art. 54 c.p. alla condotta del ricorrente perché questi non si era limitato ad allegare una situazione di pericolo collegata semplicemente al mero inizio del parto della moglie, annunciato dalla fisiologica rottura delle acque, ma ha fatto riferimento al verificarsi di una complicazione improvvisa -una emorragia pubica- per la quale i medici, che avevano seguito la gravidanza, ne raccomandavano un immediato ricovero; sul tema, A. BONFIGLIOLI, stato di necessità, in codice penale commentato, CADOPPI, CANESTRARI, VENEZIANI (a cura di), Giappichelli, 2018, 380 ss.

Cass. Sez. IV, 22 settembre 2021 (dep. 5 ottobre 2021), n. 36160

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