La legge di delegazione per l’adeguamento al regolamento relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione

Il contributo analizza le disposizioni della legge di delegazione europea 2024 con la quale il Parlamento ha delegato il Governo a adottare uno o più decreti legislativi per l’attuazione del regolamento (UE) 2023/1543 sugli ordini europei di conservazione e produzione e il recepimento della direttiva 2023/1544 recante norme armonizzate sulla designazione di stabilimenti designati e sulla nomina di rappresentanti legali ai fini dell’acquisizione di prove elettroniche nei procedimenti penali.

This paper analyzes the provisions of the 2024 European Delegation Law, by which Parliament delegated the Government to adopt one or more legislative decrees to implement Regulation (EU) 2023/1543 on European Preservation and Production Orders and the transposition of Directive 2023/1544 laying down harmonised rules on the designation of designated establishments and the appointment of legal representatives for the purpose of gathering electronic evidence in criminal proceedings.

Sommario: 1. Premessa. – 2. Cosa sono gli ordini europei di produzione e di conservazione. – 3. La delega per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione.– 4. Gli stabilimenti designati e la nomina di rappresentanti legali.

  1. Premessa

Con la l. 13 giugno 2025, n. 91, il Parlamento italiano ha delegato il Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea.

La cosiddetta legge di delegazione 2024 prevede deleghe particolarmente importanti per il procedimento penale che verrà, soprattutto in tema di prove elettroniche allogene.

Il riferimento è all’art. 7, l. n. 91/2025, con cui il Parlamento ha indicato al Governo i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2023/1544 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2023, recante norme armonizzate sulla designazione di stabilimenti designati e sulla nomina di rappresentanti legali ai fini dell’acquisizione di prove elettroniche nei procedimenti penali, nonché all’art. 19, l. n. 91/2025, con cui il Parlamento ha delegato il Governo all’attuazione delle disposizioni del regolamento (UE) 2023/1543 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2023, relativo agli ordini europei di produzione e agli ordini europei di conservazione di prove elettroniche nei procedimenti penali e per l’esecuzione di pene detentive a seguito di procedimenti penali, mediante l’adeguamento della disciplina nazionale.

Il percorso verso la piena operatività dei nuovi ordini europei di conservazione e di produzione sta giungendo al termine siccome il regolamento (UE) 2023/1543 si applicherà a decorrere dal 18 agosto 2026. È, quindi, necessario che l’ordinamento italiano si adegui alla disciplina europea.  

Prima di illustrare nello specifico il contenuto delle deleghe, è indispensabile tracciare brevemente delle notazioni di carattere definitorio, utili per comprendere la portata altamente innovativa dei nuovi strumenti europei e del costituendo sistema di accesso alle prove elettroniche da parte degli Stati membri.

Infatti, può essere necessario e opportuno ottenere elementi conoscitivi smaterializzati direttamente dai service provider che offrono servizi nell’Unione europea e sono stabiliti in un altro Stato membro, ovvero, alternativamente, sono rappresentati da un rappresentante legale in un altro Stato membro, indipendentemente dall’ubicazione dei dati.

  • Cosa sono gli ordini europei di produzione e di conservazione

Introdotti con il Regolamento UE 2023/1543 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2023, gli ordini europei di produzione (OEP) e gli ordini europei di conservazione (OEC) delle prove elettroniche nei procedimenti penali e per l’esecuzione di pene detentive a seguito di procedimenti penali sono strumenti di accesso alle informazioni elettroniche – sia in fase di indagine sia nelle fasi processuali sia per l’esecuzione di pene detentive – mediante un contatto diretto con un Internet service provider, indipendentemente dalla sua ubicazione fisica o dal luogo di conservazione dei dati, senza l’intervento dell’autorità giudiziaria del paese di esecuzione[1].

Si tratta di strumenti particolarmente efficienti, in quanto determinano una sensibile riduzione dei tempi di acquisizione dei dati elettronici, e potenzialmente efficaci grazie al contatto diretto con la società privata detentrice dell’informazione digitale. Ciò consente anche di elidere tendenzialmente potenziali rischi in ordine all’alterabilità ed alla dispersione del dato elettronico.

Basati sul principio del mutuo riconoscimento, anche se interpretato in modo estensivo, con tali strumenti si permette – all’interno di una cornice normativa ben definita – alle autorità nazionali di ottenere la produzione ovvero la conservazione delle prove elettroniche possedute direttamente dai service provider che offrono servizi in UE e sono stabiliti in un altro Stato membro o, alternativamente, sono rappresentati da un rappresentante legale in un altro Stato membro, indipendentemente dall’ubicazione dei dati [art. 1, par. 1, regolamento (UE) 2023/1543][2].

In effetti, il quadro legale che sta emergendo a livello globale consentirà di abbandonare progressivamente il meccanismo della voluntary disclosure a favore di modelli legali di produzione e conservazione di dati elettronici espressamente previsti all’interno di un preciso quadro normativo[3].

Nello specifico, l’ordine europeo di produzione è una decisione emessa o convalidata da un’autorità giudiziaria di uno Stato membro e indirizzata a uno stabilimento designato o a un rappresentante legale di un prestatore di servizi che offre servizi nell’Unione, qualora lo stabilimento designato o il rappresentante legale sia ubicato in un altro Stato membro vincolato dal regolamento a produrre prove elettroniche [art. 3, punto 1), regolamento (UE) 2023/1543].

L’ordine europeo di produzione si basa su un regolare, rapido e snello procedimento per la legale produzione dei dati elettronici.

Invece, l’ordine europeo di conservazione è una decisione emessa o convalidata da un’autorità giudiziaria di uno Stato membro, indirizzata a uno stabilimento designato o a un rappresentante legale di un prestatore di servizi che offre servizi nell’Unione, qualora tale stabilimento designato o rappresentante legale sia ubicato in un altro Stato membro vincolato a conservare le prove elettroniche [art. 3, punto 2), regolamento (UE) 2023/1573][4].

Gli ordini possono avere ad oggetto unicamente elementi conoscitivi già esistenti, in possesso e conservati dai prestatori di servizi al momento della ricezione dell’ordine, anche se criptati.

Non possono, invece, essere utilizzati per le intercettazioni in tempo reale o per l’ottenimento di dati ancora non esistenti e che saranno conservati in un momento successivo al ricevimento di un OEP o un OEC.

Sebbene non del tutto neutralizzabile, gli strumenti consentono anche di limitare l’intrusione nella sfera di libertà personale del singolo giacché, non provvedendosi in ordine alla perquisizione ed al sequestro dell’intero dispositivo informatico, si potrebbero ottenere – almeno in linea teorica – unicamente informazioni inerenti al fatto oggetto del procedimento penale, con esclusione di dati personali e sensibili alieni al procedimento penale[5].

Si tratta di una limitazione del rischio non del tutto secondario: siccome i dati contenuti nel dispositivo informatico sono una massa indistinta di data (bulk data), anche non riferibili al reato oggetto del procedimento penale, il sequestro del dispositivo informatico, in prima battuta, espone potenzialmente i dati personali e sensibili non pertinenti alla conoscibilità quantomeno da parte dell’autorità giudiziaria. 

Nonostante l’ampia previsione di garanzie, non sono esclusi scenari in cui potrebbero individuare lesioni – più o meno ampie – ai diritti fondamentali, su cui pur sarebbe necessario riflettere[6].

Ai sensi dell’art. 2, punto 6), direttiva (UE) 2023/1544, i rappresentanti legali sono persone fisiche o giuridiche nominate per iscritto da un prestatore di servizi non stabilito in uno Stato membro che partecipa a uno strumento giuridico quali gli ordini europei di produzione o conservazione delle prove elettroniche, l’ordine europeo di indagine ovvero ad uno strumento della Convenzione stabilita dal Consiglio conformemente all’art. 34 del Trattato sull’Unione europea, relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea.

Infine, per prestatore di servizi si intende la persona fisica o giuridica che fornisce una o più categorie di servizi, tra cui servizi di comunicazione elettronica quali definiti all’art. 2, punto 4), direttiva (UE) 2018/1972; servizi di nomi di dominio internet e di numerazione IP, quali l’assegnazione di indirizzi IP, i servizi di registri di nomi di dominio, di registrar di nomi di dominio e i servizi per la privacy o proxy connessi ai nomi di dominio; altri servizi della società dell’informazione di cui all’art. 1, par. 1, lett. b), direttiva (UE) 2015/1535, che consentono ai loro utenti di comunicare fra di loro o rendono possibile la conservazione o il trattamento di dati per conto degli utenti ai quali è fornito il servizio, quando la conservazione dei dati è una componente propria del servizio fornito all’utente. Sono esclusi i prestatori di servizi finanziari di cui all’art. 2, par. 2, lett. b), direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel marcato interno[7].

  • La delega per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione

L’art. 1, l. n. 91/2025, ha delegato il Governo a adottare i decreti legislativi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea indicati nell’articolato del provvedimento, nonché l’attuazione di alcune direttive.

Prima dell’adozione, gli schemi di decreto legislativo sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Acquisiti i pareri previsti dalla legge, gli schemi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, sono, infine, emanati anche in assenza del parere, salvo eventuale proroga di tre mesi. 

Nello specifico, l’art. 19, l. n. 91/2025, ha delegato il Governo a adottare uno o più decreti legislativi, al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/1543, relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione delle prove elettroniche nei procedimenti penali.

La delega va esercitata entro dodici mesi dall’entrata in vigore della l. n. 91/2025, ossia dal 10 luglio 2025, dopo aver acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento sull’OEP e sull’OEC.

L’art. 19, comma 2, l. n. 91/2025, stabilisce che, nell’esercizio della delega, il Governo osserva, oltre i criteri direttivi generali di cui all’art. 32, l. n. 234/2012, specifici principi e criteri direttivi.

In particolare, il Governo dovrà individuare le autorità competenti e le procedure per l’emissione, la convalida e la trasmissione degli ordini di produzione (EPOC) e degli ordini di conservazione (EPOC-PR); coordinare le disposizioni nazionali alle previsioni del regolamento al fine di consentire agli organi di polizia giudiziaria di emettere ordini europei di produzione in casi di emergenza; prevedere che il Ministero della giustizia sia responsabile della trasmissione amministrativa dei certificati di ordini europei di conservazione e di produzione; prevedere, in ogni caso, a fini di coordinamento investigativo, che copia dei certificati sia trasmessa al Procuratore nazionale antimafia se si riferiscono a procedimenti per i delitti di cui agli artt. 51, commi 3-bis, e 3-quater, e 371-bis, comma 4-bis, c.p.p., e al Procuratore generale presso la Corte di appello, se si riferiscono ai procedimenti per i delitti di cui all’art. 118-bis disp. att. c.p.p.; individuare le autorità giudiziarie competenti a ricevere le notifiche nell’ambito della speciale procedura di notifica di cui all’art. 8, regolamento (UE) 2023/1543;

Inoltre, dovrà disciplinare le modalità di informazione della persona i cui dati sono richiesti, definendo altresì i casi in cui l’autorità di emissione può ritardare od omettere detta informazione; prevedere sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate in caso di inadempimento; individuare le procedure e le autorità competenti per l’irrogazione delle sanzioni, prevedendo per i destinatari della sanzione un ricorso giurisdizionale effettivo; individuare le autorità competenti per le procedure di esecuzione dell’ordine, conformemente a quanto previsto dall’art. 16, regolamento (UE) 2023/1543; individuare le autorità giudiziarie competenti e le procedure per il riesame delle obiezioni motivate dei destinatari degli ordini, secondo quanto previsto dall’art. 17, regolamento (UE) 2023/1543;

Infine, il Governo dovrà prevedere mezzi di impugnazione effettivi a tutela della persona i cui dati sono stati richiesti; provvedere all’adozione delle misure necessarie a garanti la piena funzionalità del sistema informatico nazionale per lo scambio di certificati e alla creazione dei punti di accesso al sistema informatico decentrato, assicurando l’adozione di adeguate misure di sicurezza nel trattamento dei dati personali; prevedere quali siano le lingue dell’Unione europea accettate per la trasmissione degli ordini; prevedere che le autorità competenti trasmettano periodicamente i dati di monitoraggio al Ministero della giustizia, competente per l’elaborazione di questi a fini statistici; apportare ogni ulteriore opportuna modifica normativa necessaria ad adeguare l’ordinamento nazionale alle previsioni del regolamento.

L’art. 19, comma 3, l. n. 91/2025 individua il termine più stringente di quattro mesi per l’esercizio della delega, limitatamente all’individuazione delle autorità competenti e delle procedure per l’emissione, la convalida e la trasmissione degli ordini di produzione (EPOC) e degli ordini di conservazione (EPOC-PR); all’individuazione delle autorità giudiziarie competenti a ricevere le notifiche nell’ambito della speciale procedura di notifica; all’individuazione delle autorità competenti per le procedure di esecuzione dell’ordine, in conformità a quanto previsto dall’art. 16, regolamento (UE) 2023/1543; all’individuazione delle autorità giudiziarie competenti per le procedure per il riesame delle obiezioni motivate dei destinatari degli ordini, secondo quanto previsto dall’art. 17, regolamento (UE) 2023/1543; all’indicazione delle lingue dell’Unione europea accettate per la trasmissione degli ordini.

Tale limitazione temporale è dovuta alla necessità di conformarsi ai termini individuati dallo stesso regolamento (UE) 2023/1543. Tuttavia, è evidente il difetto di coordinamento della disciplina italiana e i ritardi nell’adeguamento della disciplina.

Infatti, ai sensi dell’art. 31, regolamento (UE) 2023/1543, lo Stato italiano avrebbe dovuto notificare alla Commissione le autorità e le lingue accettate entro il 18 agosto 2025.

  • Gli stabilimenti designati e la nomina di rappresentanti legali

L’art. 7, l. n. 91/2025, ha delegato il Governo a adottare uno o più decreti legislativi, al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2023/1544, recante norme armonizzate sulla designazione di stabilimenti designati e sulla nomina di rappresentanti legali ai fini dell’acquisizione di prove elettroniche nei procedimenti penali.

In particolare, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 5, direttiva (UE) 2023/1544, il Governo dovrà prevedere sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate per la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 3 e 4, direttiva (UE) 2023/1544, relative alla designazione degli stabilimenti designati e rappresentanti legali da parte degli Internet service provider nonché alle notifiche dello Stato membro in cui il suo stabilimento designato è stabilito o il suo rappresentante legale risiede, con i relativi dati di contatto, ed alle lingue ufficiali dell’Unione europea con cui è possibile rivolgersi al rappresentante legale o allo stabilimento designato[8].

Le sanzioni possono essere previste anche in deroga ai criteri e ai limiti di cui alla l. 24 novembre 1981, n. 689, e all’art. 32, comma 1, lett. d), l. 24 dicembre 2012, n. 234[9].

Si tratta di un principio direttivo che, nel disporre la deroga, non introduce dei limiti sostitutivi. Ciò potrebbe porre dei dubbi di costituzionalità.

Sul punto, la Corte costituzionale ha rilevato che nella materia penale il legislatore delegante deve adottare criteri direttivi e principi configurati in modo molto preciso, sia definendo la specie e l’entità massima delle pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti. In detta materia il grado di determinatezza richiesto per le regole fissate nella legge delega è più elevato in quanto – spettando al Parlamento l’individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili – il controllo del rispetto dei princìpi e criteri direttivi da parte del Governo è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità[10].

Inoltre, in recepimento dell’art. 6, direttiva (UE) 2023/1544, il Governo è delegato ad individuare una o più autorità quale autorità centrale per garantire che la direttiva sia applicata in maniera coerente e proporzionata.

Le Autorità centrali degli Stati devono coordinarsi e cooperare tra loro e, se del caso, con la Commissione, nonché fornire tutte le informazioni pertinenti. Devono, inoltre, prestarsi assistenza reciprocamente affinché la direttiva sia applicata in modo coerente e proporzionato. Il coordinamento, la cooperazione e la fornitura di informazioni e di assistenza riguarderanno, in particolare, le misure esecutive.

Il Governo dovrà inoltre prevedere la competenza del Ministero della giustizia per la comunicazione alla Commissione europea del testo relativo alle disposizioni di diritto interno adottate, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 7, par. 3, direttiva (UE) 2023/1544.

Infine, indicando un principio “a fattispecie aperta”, il Parlamento ha delegato il Governo ad apportare ogni ulteriore opportuna modifica alle norme dell’ordinamento interno, al fine di armonizzare il quadro giuridico nazionale e di favorire il più efficace perseguimento delle finalità della direttiva (UE) 2023/1544, anche attraverso l’abrogazione delle disposizioni con essa incompatibili.


[1] Per un approfondimento, O. Calavita, L’ordine europeo di indagine penale. Presente e futuro della cooperazione probatoria nell’Unione europea, Milano, 2025, p. 309 ss.; G. Forlani, The E-evidence Package. The Happy Ending of a Long Negotiation Saga, in Eucrim, 2023, 2, p. 174 ss.; A. Juszczak-E. Sason, The Use of Electronic Evidence in the European Area of Freedom, Security, and Justice. An Introduction to the New EU Package on E-evidence, in Eucrim, 2023, 2, p. 182 ss.; J.A. Muriel Diéguez, Las Órdenes de Entrega y Conservación de Pruebas Electrónicas en el Proceso Penal Europeo, in Revista de Estudios Europeos, 2024, p. 172 ss.; K. Pfeffer, Die Regulierung des (grenzüberschreitenden) Zugangs zu elektronischen Beweismitteln. Aktuelle nationale, europa und völkerrechtliche Entwicklungen, in Eucrim, 2023, 2, p. 170 ss.; A. Sachouilidou, Cross-border access to electronic evidence in criminal matters: The new EU legislation and the consolidation of a paradigm shift in the area of ‘judicial’ cooperation, in New Journal of European Criminal Law, 06.06.2024; P. Topalnakos, Critical Issues in the New EU Regulation on Electronic Evidence in Criminal Proceedings, in Eucrim, 2023, 2, p. 200 ss. Inoltre, sia consentito il rinvio ad A. Gaudieri, Novità in tema di cooperazione giudiziaria: i nuovi ordini europei di conservazione e produzione delle prove elettroniche, in Dir. Pen. Proc., 2023, 9, p. 1231 ss.

[2] I servizi offerti esclusivamente al di fuori dell’UE non rientrano nell’ambito di applicazione del Regolamento, anche se il prestatore di servizi è stabilito sul territorio di uno Stato membro, per cui per tali dati non è consentito alcun accesso.

[3] La voluntary disclosure è una forma di cooperazione diretta tra autorità pubblica e gli Internet service provider basata su tecniche che consentono alle società private di decidere caso per caso l’an ed il quomodo della collaborazione. Non essendo prevista alcuna norma specifica sulla produzione e conservazione dei dati nel processo penale da parte degli Internet service provider, la produzione dei dati è volontaria, con regole dettate dagli stessi privati, nel rispetto delle normative di settore. Per un approfondimento, Cybercrime Programme Office of the Council of Europe (C-PROC), Cooperation between law enforcement and Internet service providers against cybercrime: towards common guidelines, Bucarest, 2020, p. 17 ss.; M. Daniele, L’acquisizione delle prove digitali dai service provider: un preoccupante cambio di paradigma nella cooperazione internazionale, in Rev. Bras. De Direito Processual Penal, 3, 2019, p. 1282; F. Graziani, L’acquisizione della prova digitale all’estero: verso un secondo Protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest sul cybercrime, in Aa.Vv., Lo spazio cyber e cosmico. Risorse dual use per il sistema Italia in Europa, a cura di S. Marchisio, U. Montuoro, Torino, 2019, p. 66 ss.; S. Rosenbloom, Crying Wolf in the Digital Age: Voluntary Disclosure under the Stored Communications Act, in Columbia Human Rights Law Review, 2, 2008, p. 529 ss. Per la descrizione di alcuni casi pratici, F. Cajani, Le procedure d’emergenza, in Dir. pen. e proc., 8, 2022, p. 1055 ss.

[4] Si tratta di un’attività prodromica ed eventuale il cui esito positivo comporta quale effetto il congelamento dei dati indicati dallo Stato di emissione, in vista di una eventuale e successiva richiesta di trasferimento delle informazioni digitali.

[5] In dottrina, si è osservato come «lo sviluppo della scienza, per un verso, e l’evoluzione delle moderne tecniche informatiche, dall’altro, consentono di acquisire informazioni molto penetranti (basta pensare, fra tutte le ipotesi, all’acquisizione del codice genetico). Si prospettano questioni inedite che se per un verso rifluiscono nella tematica tradizionale della prova, e nelle sue problematiche, per un altro, ampliano il panorama dell’atipicità, ponendo non pochi interrogativi sul rapporto con le regole generali, ma anche con il rischio che l’atipicità costituisca un facile escamotage per eludere le garanzie poste a tutela del processo»; così, G. Spangher, Introduzione allo studio del processo penale, Pisa, 2020, p. 127.

[6] Sulla tutela dei diritti nel processo penale, L. Kalb, La «ricostruzione orale» del fatto tra «efficienza» ed «efficacia» del processo penale, Torino, 2005, p. 109 ss., secondo cui è indispensabile la «consapevolezza di dover apprestare una solida tutela nei confronti di diritti la cui violazione offenderebbe, oltre la persona direttamente coinvolta, l’intera società se non, addirittura, l’intera umanità. Quando si medita sui pericoli che incombono sulla nostra civiltà e, in particolare, sulla minaccia della sua distruzione, che ha raggiunto livelli preoccupanti, si percepisce come proprio la tutela dei diritti umani, civili, politici e sociali debba costituire l’ideale sul quale costruire la rete di salvaguardia»; L. Cimadomo, Il principio di regressione. Contributo allo studio sulla dinamica del procedimento penale, Milano, 2024, p. 197, per cui «i diritti fondamentali […] rappresentano l’idea che la comunità nazionale e quella internazionale hanno della dignità umana, ossia di ciò che è indispensabile attribuire alla persona»; e, volendo, A. Gaudieri, Sovraffollamento carcerario: i criteri dettati dalla sentenza Dorobantu per il calcolo degli spazi. Una “bussola” per le scelte da compiere in periodi di emergenza sanitaria?, in Freedom, Security & Justice: European Legal Studies, 2020, n. 2, p. 241 ss., secondo il quale, nell’abbracciare una visione “dignitocentrica”, la Corte di giustizia «ha dimostrato una profonda e sempre crescente sensibilità nei confronti dei diritti umani, orientando assiologicamente le proprie decisioni, anche alla luce degli arresti giurisprudenziali della Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata a vigilare sul rispetto dei diritti umani», facendo prevalere i diritti fondamentali sugli «automatismi rivelativi nel tempo teleologicamente inadeguati, perché basati su valutazioni in astratto totalmente scollate dall’ontologico contesto in cui dovrebbero essere calate».

[7] Per determinare se un prestatore di servizi offra servizi nell’Unione europea, occorre verificare se consente alle persone fisiche o giuridiche di uno o più Stati membri di usufruire dei suoi servizi. Tuttavia, la semplice accessibilità di un’interfaccia online nell’UE, ad esempio l’accessibilità di un sito web o di un indirizzo di posta elettronica o di altri dati di contatto di un prestatore di servizi o di un intermediario, presi singolarmente, dovrebbero essere considerati insufficienti per stabilire che un prestatore di servizi offre servizi nell’Unione ai sensi della presente direttiva. Inoltre, occorre verificare se vi sia una connessione sostanziale all’Unione europea. Tale collegamento dovrebbe considerarsi presente quando il prestatore di servizi ha uno stabilimento nell’Unione. In mancanza di tale stabilimento nell’UE, il criterio del collegamento sostanziale dovrebbe basarsi su specifici criteri di fatto quali l’esistenza di un numero significativo di utenti in uno o più Stati membri, o dell’orientamento delle attività verso uno o più Stati membri. L’orientamento delle attività verso uno o più Stati membri dovrebbe essere determinato sulla base di tutte le circostanze pertinenti, tra cui l’uso di una lingua o di una moneta generalmente usata nello Stato membro in questione o la possibilità di ordinare prodotti o servizi. L’orientamento delle attività verso uno Stato membro potrebbe anche desumersi dalla disponibilità di un’applicazione («app») nell’apposito negozio online («app store») nazionale, dalla fornitura di pubblicità a livello locale o nella lingua generalmente usata nello Stato membro in questione o dalla gestione dei rapporti con la clientela, ad esempio la fornitura dell’assistenza alla clientela nella lingua generalmente usata in tale Stato membro. Il criterio del collegamento sostanziale dovrebbe inoltre considerarsi soddisfatto qualora il prestatore di servizi diriga le sue attività verso uno o più Stati membri, come previsto dal regolamento (UE) n. 1215/2012. Al contrario, la fornitura di un servizio al fine del mero rispetto del divieto di discriminazione imposto dal regolamento (UE) 2018/302 non può di per sé considerarsi direzione o orientamento delle attività verso un dato territorio all’interno dell’Unione. Le stesse considerazioni dovrebbero applicarsi nel determinare se un prestatore di servizi offre servizi nel territorio di uno Stato membro.

[8] Ai sensi dell’art. 5, direttiva (UE) 2023/1544, gli Stati membri sono anche tenuti ad informare la Commissione, su base annuale, dei prestatori di servizi inottemperanti e delle misure esecutive intraprese nei loro confronti e delle sanzioni imposte.

[9] L’art. 32, comma 1, lett. d), l. n. 234/2012, definisce i limiti delle sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi di recepimento delle direttive europee previste dalla legge di delegazione europea. Per le sanzioni penali si dispone che queste possano essere previste nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto, fino a tre anni, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi, sono previste la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità.

[10] Così, Corte cost., sentenza del 14 luglio 2022, n. 175, in Giur. Cost., 4, 2022, p. 1979 ss., con nota di G. Ingrao, Omesso versamento delle ritenute Irpef: è ipotizzabile una modifica normativa che dia esclusivo rilievo alle ritenute scomputabili dal sostituito? Per un commento alla sentenza, v. inoltre, F. Ballesi, La sentenza della Corte Costituzionale n. 175/2022 e la ridefinizione della fattispecie di omesso versamento di ritenute “dovute o” certificate di cui all’art. 10 bis d.lgs. 74/2000, in Giurisprudenza Penale Web, 9, 2022, p. 1 ss.; M. Di Siena, La Corte costituzionale e la criminalizzazione dell’omesso versamento di ritenute, in Giur. Cost., 5, 2022, p. 2347 ss.; sul principio di legalità v., ex multis, V. Manes, Introduzione ai principi costituzionali in materia penale, Torino, 2024, p. 46 ss.

Sul punto, la Corte costituzionale era già intervenuta in precedenza con plurime pronunce, tra cui Corte cost., sentenza del 26 luglio 2021, n. 174, in Giur. cost., 4, 2021, p. 1743 ss.; Corte Cost., sentenza del 26 maggio 2017, n. 127, in Giur. Cost., 3, 2017, p. 1288 ss.; Corte cost., sentenza del 23 gennaio 2014, n. 5, in Giur. Cost., 1, 2014, p. 92 ss.; Corte cost., sentenza del 4 marzo 1999, n. 49, in Giur. Cost., 2, 1999, p. 647 ss.; Corte cost., sentenza del 28 febbraio 1997, n. 53, in Giur. Cost., 1, 1997, p. 479 ss.

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