1.
A quasi un anno dall’entrata in vigore della riforma Cartabia cominciano ad affiorare, diventando molto problematiche, le questioni legate all’inquadramento, alla natura, ai contenuti, alle finalità, alla disciplina dell’udienza predibattimentale.
Com’è noto la novella, nel contesto della riforma del procedimento a citazione diretta ha introdotto l’art. 554 bis c.p.p. prevedendo una inedita udienza predibattimentale.
La scelta d’introdurre tale nuova sequenza processuale, condizionata dalla elevazione delle pene dei reati attribuiti al giudice monocratico e dalla qualità degli stessi, rendeva necessaria una verifica del nuovo criterio di giudizio per il passaggio del processo dalla fase delle indagini a quella del dibattimento[1], imponendo di prevedere un “filtro” da parte di un giudice rispetto ad iniziative d’accusa non prospettabili nei termini della ragionevole previsione di condanna
[2].
La necessità di chiarire la natura e la finalità di questa fase processuale – il processo è già transitato a dibattimento[3] – si prospetta sin dalla rubrica dell’art. 554 bis c.p.p. che è definito, appunto, come “udienza di comparizione”[4].
Indubbiamente non mancano le omogeneità con la disciplina dell’udienza preliminare, ma non mancano e sono significative le differenze[5].
Quanto ai profili di omogeneità vanno richiamate le previsioni di assenza (artt. 420, 420 bis, 420 ter, 420 quinquies e 420 sexies, c.p.p.) e quelle relative alla revoca della sentenza di non luogo (art. 554 quinquiese c.p.p.).
Se il primo richiamo non suscita particolari questioni, dovendosi ritenere che anche per la udienza predibattimentale sia necessario accertare la regolare vacatio in iudicium dell’imputato, con la sue conseguenze sanzionatorie e di garanzia; il secondo aspetto non può non evidenziare qualche interrogativo di “sistema”: si tratta, infatti, di una sentenza emessa da un giudice dibattimentale , se pur a contenuto processuale (di non luogo a procedere).
Quanto alle differenze, va detto che ad alcune di queste, forse non particolarmente significative, ha cercato di porre un qualche rimedio il testo (in corso di approvazione) che in attuazione a quanto previsto dalla legge delega (l. n. 134 del 2020) prevede la possibilità entro due anni dall’entrata in vigore della riforma Cartabia di predisporre disposizioni correttive e integrative sempre in linea con la delega. Ove il legislatore volesse introdurre modifiche diverse, dovrà attivare i percorsi ordinari (proposta governativa e approvazione legsislativa: v. d.l. Caivano, v. d.d.l. Nordio, v. d.d.l. pubblica sicurezza e quant’altro).
Una di queste ha riguardato l’udienza predibattimentale ove, attraverso l’intervento dell’art. 425, comma 2, 3 e 4. c.p.p. si sono richiamate modalità e tempistiche per la pronuncia della sentenza di non luogo.
La Relazione al cit. d. lgs. evidenzia come si tratti di superare un difetto di coordinamento: in assenza di un richiamo specifico all’art. 424 c.p.p., non si comprende quali siano i termini di deposito della sentenza pronunciata all’esito dell’udienza predibattimentale, ovvero se i termini debbano essere quelli stabiliti per la sentenza pronunciata all’esito della celebrazione del dibattimento ovvero quelli previsti dall’art. 128 c.p.p. per la sentenza pronunciata all’esito di udienza camerale. Sebbene la norma sia sistematicamente collocata nel titolo II del libro VIII, la disciplina dei termini applicabile è certamente quella dettata dall’art. 424 c.p.p., alla luce anche della già prevista applicazione degli artt. 425, comma 2, 426 e 427 c.p.p. in quanto compatibili.
Sempre in questa prospettiva va letta anche l’altra modifica introdotta, quella con la quale è stata inserita la lett. b bis) del comma 1 dell’art. 304 c.p.p. prevedendo la proroga della custodia cautelare – disposta con ordinanza appellabile – nella fase del giudizio, durante il tempo in cui l’udienza di comparizione predibattimentale è sospesa o rinviata nei casi indicati nel comma .1 lett. a) e b) dell’art. 304 c.p.p..
Anche in questo caso la Relazione al cit. d.d.l. precisa che sebbene la collocazione sistematica della disposizione deponga, evidentemente, per l’applicabilità anche all’udienza predibattimentale delle disposizioni che concernono la fase del giudizio (salvo che non sia diversamente stabilito), la dichiarata natura “predibattimentale” dell’udienza potrebbe far ritenere irragionevolmente sottratta la fase in cui si svolge l’udienza predibattimentale all’applicazione della specifica disciplina della sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari dettata dall’art. 304 c.p.p.: disposizione che, nell’indicare i casi di sospensione ex lege nella fase del giudizio, fa espresso riferimento al “dibattimento”. L’intervento normativo sana, dunque, il difetto di coordinamento prevedendo, alla nuova lettera b – bis, che i termini previsti dall’art. 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell’art. 310, nella fase del giudizio, anche durante il tempo in cui l’udienza di comparizione predibattimentale è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati dall’art. 304, comma 1, lett. a e b c.p.p.
Un ulteriore elemento di differenziazione è rappresentato dalla disciplina delle questioni preliminari (art. 491 c.p.p.).
Inserito nella disciplina ordinaria le relative questioni sono collocate in sede dibattimentale; con il d. lgs. n. 150 del 2022 nel rito a citazione diretta, invece, le questioni preliminari hanno trovato inquadramento nella disciplina dell’udienza predibattimentale (art. 554 bis, comma 3, c.p.p.).
2.
Restano tuttavia ancora molte e significative le differenze emergenti dal raffronto dei testi normativi.
Una differenza significativa tra l’udienza preliminare e l’udienza predibattimentale è legata, in primo luogo, proprio al giudice investito della richiesta del pubblico ministero con il decreto di citazione a giudizio. Si tratterà di un giudice chiamato a svolgere (ordinariamente) funzioni di giudice del dibattimento (che sarà, naturalmente, incompatibile alla eventuale celebrazione del giudizio).
Ora questo elemento è stato diversamente valutato. Per un verso, si è ritenuto che un giudice dibattimentale sarà nella migliore condizione per considerare i futuri sviluppi procedimentali suscettibili di condurre ad una condanna; per un altro verso, si è affermato che proprio l’abitudine all’approfondimento nel contraddittorio potrebbe indurre il giudice a disporre il “passaggio” alla verifica nella pubblicità dell’udienza.
Il riferito elemento di differenziazione connesso al fatto che il processo è già transitato alla fase dibattimentale (udienza di comparizione, appunto) finisce per coinvolgere altri aspetti decisamente significativi.
L’elemento più forte di differenziazione con l’udienza preliminare, da subito segnalato, è rappresentato dalla mancanza in capo al giudice dell’udienza predibattimentale di poteri probatori; manca, infatti, sia un rinvio all’art. 421 bis c.p.p., sia all’art. 422 c.p.p.
Non sono chiare le ragioni di questa scelta; non è dato sapere se ad essa si porrà rimedio in sede di integrazione, con i d.l.gs. recante disposizioni integrative e correttive del d. lgs. n. 150 del 2022.
Se con riferimento all’art. 421 bis c.p.p. si potrebbe ritenere inopportuno rimettere l’attività del p.m. nella fase delle indagini, anche se il procedimento non regredirebbe alla fase investigativa; il mancato richiamo all’integrazione probatoria, non appare pienamente giustificato, nella misura in cui potrebbe consentire la deflazione connessa alla regola di giudizio e alla possibilità di favorire i riti speciali da parte dell’imputato (finalità conseguita dal legislatore).
Essendo il processo ormai già arrivato alla fase predibattimentale non sarà possibile emettere un decreto per il passaggio alla fase successiva: si prevede infatti che il giudice disponga la “prosecuzione del giudizio” fissando la data dell’udienza davanti ad un giudice diverso.
Dovrebbe trattarsi di una ordinanza non motivata, pena il pregiudizio, per la difesa – ancorché il dato emerga implicitamente in conseguenza della mancata pronuncia della sentenza di non luogo – di cui non sono chiari i contenuti al di là delle indicazioni del giorno, del luogo, dell’ora e di quanto valga ad informare le parti dello svolgimento del processo.
L’eventuale modifica dell’imputazione a seguito delle interlocuzioni tra giudice e p.m. dovrebbe, invece, emergere dal verbale d’udienza.
3.
I delineati profili teorici e sistematici inevitabilmente si saldano con quelli pratico-operativi.
Invero, la nuova disciplina ha da subito prospettato anche alcune complessi problemi pratici e operativi, soprattutto quelle connesse all’incidenza nel meccanismo dell’udienza predibattimentale del rito immediato.
La prima questione ha riguardato l’individuazione del giudice competente a disporre il rito immediato. I contrasti interpretativi sul punto tra chi indicava la competenza del giudice delle indagini preliminari e quelli che ritenevano competente il giudice dell’udienza preliminare è stato risolto a favore del giudice delle indagini preliminari, in considerazione del fatto che, in caso di rigetto, il procedimento resterebbe nella fase delle indagini preliminari.
Non è ancora definita invece la questione relativa alla competenza a celebrare il rito abbreviato nel caso in cui a seguito di giudizio immediato sia stato richiesto il rito contratto.
L’orientamento prevalente è orientato a privilegiare la competenza del giudice dell’udienza preliminare. La conclusione non è pienamente convincente ove si consideri che in questo modo il giudice dell’udienza preliminare sarebbe competente alla celebrazione del rito contratto per tutti i reati, sia per quelli del tribunale collegiale sia per quelli del tribunale in composizione monocratica.
In altri termini, sembrerebbe preferibile la tesi che privilegia la sede naturale dei riti nel procedimento a citazione diretta, cioè, l’udienza predibattimentale. Del resto, in caso di rigetto del rito abbreviato il procedimento transiterebbe più agevolmente (“il giudice dispone …..”) nuovamente alla sua fase naturale, quella del dibattimento.
4.
E’ forse eccessivamente presto per capire come si assesterà la nuova previsione, collocata tra la finalità deflattiva, tipica dell’udienza preliminare, confermata dalla presenza dei riti speciali, e quella anticipatrice del dibattimento per la quale si applicano – salvo che non sia diversamente stabilito – le regole del giudizio (così, in termini generali, l’art. 549 c.p.p.).
Un nuovo ibrido processuale che conferma tutte le difficoltà sistematiche di un processo penale che ha smarrito un riconosciuto e riconoscibile baricentro sistematico, piegato alla ormai consolidata finalità strumentale delle scelte legislative, variamente giustificate e giustificabili.
[1] In merito alla nuova regola decisoria, M. DANIELE, Il vaglio preliminare dell’accusa secondo la l. n. 134/2021, in Giur. it., 2022, p. 1012 ss.
26 Cfr. M. BONTEMPELLI, Udienza preliminare ed efficienza giudiziaria, in Dir. pen. proc., 2021, 1151 ss. Si veda P. FERRUA, Brevi appunti in tema di udienza preliminare, appello e improcedibilità, in discrimen.it, 9 dicembre 2021, 2 ss.; A. CABIALE-S. QUATTROCOLO, Un filtro più potente precede un bivio più netto: nuove possibili prospettive di equilibrio tra udienza preliminare, riti speciali e giudizio nel quadro della riforma Cartabia, in giustiziainsieme.it., 9 gennaio 2023; M. CECCHI, Osservazioni intorno alla “ragionevole previsione di condanna”, in Arch. pen. web, 2022, f. 2, 28 ss.; R. DEL COCO, La verifica preliminare dell’accusa, in A. Marandola (a cura di), “Riforma Cartabia” e rito penale. La Legge Delega tra impegni europei e scelte valoriali, Wolters Kluwer, 2022, 178 ss.; E. MARZADURI, La riforma Cartabia e la ricerca di efficaci filtri predibattimentali: effetti deflativi e riflessi sugli equilibri complessivi del processo penale, in legislazionepenale.eu, 25 gennaio 2022, 27; C. NAIMOLI, Considerazioni sulla “ragionevole previsione di condanna” per l’archiviazione e per la sentenza di non luogo a procedere, in Dir. pen. proc., 2022, p. 834 ss.
[2] V., per tutti, F. D’Alessio, La nuova udienza predibattimentale nel rito monocratico, in AA. VV., La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pisa, 2023, 526 e ss.
[3] Cfr., F. LOMBARDI, L’udienza predibattimentale nella Riforma “Cartabia”: uno schema operativo con alcuni spunti di riflessione, in Giur. pen. web, 2022, f. 12, 1 ss.
[4] C. TRABACE, L’udienza predibattimentale che verrà, in Archivio Penale, 2022, 22.
[5] V., amplius, N. Triggiani, L’udienza predibattimentale monocratica, in Proc. e giust., 2022, 1,
Prime questioni in tema di udienza predibattimentale
1.
A quasi un anno dall’entrata in vigore della riforma Cartabia cominciano ad affiorare, diventando molto problematiche, le questioni legate all’inquadramento, alla natura, ai contenuti, alle finalità, alla disciplina dell’udienza predibattimentale.
Com’è noto la novella, nel contesto della riforma del procedimento a citazione diretta ha introdotto l’art. 554 bis c.p.p. prevedendo una inedita udienza predibattimentale.
La scelta d’introdurre tale nuova sequenza processuale, condizionata dalla elevazione delle pene dei reati attribuiti al giudice monocratico e dalla qualità degli stessi, rendeva necessaria una verifica del nuovo criterio di giudizio per il passaggio del processo dalla fase delle indagini a quella del dibattimento[1], imponendo di prevedere un “filtro” da parte di un giudice rispetto ad iniziative d’accusa non prospettabili nei termini della ragionevole previsione di condanna
[2].
La necessità di chiarire la natura e la finalità di questa fase processuale – il processo è già transitato a dibattimento[3] – si prospetta sin dalla rubrica dell’art. 554 bis c.p.p. che è definito, appunto, come “udienza di comparizione”[4].
Indubbiamente non mancano le omogeneità con la disciplina dell’udienza preliminare, ma non mancano e sono significative le differenze[5].
Quanto ai profili di omogeneità vanno richiamate le previsioni di assenza (artt. 420, 420 bis, 420 ter, 420 quinquies e 420 sexies, c.p.p.) e quelle relative alla revoca della sentenza di non luogo (art. 554 quinquiese c.p.p.).
Se il primo richiamo non suscita particolari questioni, dovendosi ritenere che anche per la udienza predibattimentale sia necessario accertare la regolare vacatio in iudicium dell’imputato, con la sue conseguenze sanzionatorie e di garanzia; il secondo aspetto non può non evidenziare qualche interrogativo di “sistema”: si tratta, infatti, di una sentenza emessa da un giudice dibattimentale , se pur a contenuto processuale (di non luogo a procedere).
Quanto alle differenze, va detto che ad alcune di queste, forse non particolarmente significative, ha cercato di porre un qualche rimedio il testo (in corso di approvazione) che in attuazione a quanto previsto dalla legge delega (l. n. 134 del 2020) prevede la possibilità entro due anni dall’entrata in vigore della riforma Cartabia di predisporre disposizioni correttive e integrative sempre in linea con la delega. Ove il legislatore volesse introdurre modifiche diverse, dovrà attivare i percorsi ordinari (proposta governativa e approvazione legsislativa: v. d.l. Caivano, v. d.d.l. Nordio, v. d.d.l. pubblica sicurezza e quant’altro).
Una di queste ha riguardato l’udienza predibattimentale ove, attraverso l’intervento dell’art. 425, comma 2, 3 e 4. c.p.p. si sono richiamate modalità e tempistiche per la pronuncia della sentenza di non luogo.
La Relazione al cit. d. lgs. evidenzia come si tratti di superare un difetto di coordinamento: in assenza di un richiamo specifico all’art. 424 c.p.p., non si comprende quali siano i termini di deposito della sentenza pronunciata all’esito dell’udienza predibattimentale, ovvero se i termini debbano essere quelli stabiliti per la sentenza pronunciata all’esito della celebrazione del dibattimento ovvero quelli previsti dall’art. 128 c.p.p. per la sentenza pronunciata all’esito di udienza camerale. Sebbene la norma sia sistematicamente collocata nel titolo II del libro VIII, la disciplina dei termini applicabile è certamente quella dettata dall’art. 424 c.p.p., alla luce anche della già prevista applicazione degli artt. 425, comma 2, 426 e 427 c.p.p. in quanto compatibili.
Sempre in questa prospettiva va letta anche l’altra modifica introdotta, quella con la quale è stata inserita la lett. b bis) del comma 1 dell’art. 304 c.p.p. prevedendo la proroga della custodia cautelare – disposta con ordinanza appellabile – nella fase del giudizio, durante il tempo in cui l’udienza di comparizione predibattimentale è sospesa o rinviata nei casi indicati nel comma .1 lett. a) e b) dell’art. 304 c.p.p..
Anche in questo caso la Relazione al cit. d.d.l. precisa che sebbene la collocazione sistematica della disposizione deponga, evidentemente, per l’applicabilità anche all’udienza predibattimentale delle disposizioni che concernono la fase del giudizio (salvo che non sia diversamente stabilito), la dichiarata natura “predibattimentale” dell’udienza potrebbe far ritenere irragionevolmente sottratta la fase in cui si svolge l’udienza predibattimentale all’applicazione della specifica disciplina della sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari dettata dall’art. 304 c.p.p.: disposizione che, nell’indicare i casi di sospensione ex lege nella fase del giudizio, fa espresso riferimento al “dibattimento”. L’intervento normativo sana, dunque, il difetto di coordinamento prevedendo, alla nuova lettera b – bis, che i termini previsti dall’art. 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell’art. 310, nella fase del giudizio, anche durante il tempo in cui l’udienza di comparizione predibattimentale è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati dall’art. 304, comma 1, lett. a e b c.p.p.
Un ulteriore elemento di differenziazione è rappresentato dalla disciplina delle questioni preliminari (art. 491 c.p.p.).
Inserito nella disciplina ordinaria le relative questioni sono collocate in sede dibattimentale; con il d. lgs. n. 150 del 2022 nel rito a citazione diretta, invece, le questioni preliminari hanno trovato inquadramento nella disciplina dell’udienza predibattimentale (art. 554 bis, comma 3, c.p.p.).
2.
Restano tuttavia ancora molte e significative le differenze emergenti dal raffronto dei testi normativi.
Una differenza significativa tra l’udienza preliminare e l’udienza predibattimentale è legata, in primo luogo, proprio al giudice investito della richiesta del pubblico ministero con il decreto di citazione a giudizio. Si tratterà di un giudice chiamato a svolgere (ordinariamente) funzioni di giudice del dibattimento (che sarà, naturalmente, incompatibile alla eventuale celebrazione del giudizio).
Ora questo elemento è stato diversamente valutato. Per un verso, si è ritenuto che un giudice dibattimentale sarà nella migliore condizione per considerare i futuri sviluppi procedimentali suscettibili di condurre ad una condanna; per un altro verso, si è affermato che proprio l’abitudine all’approfondimento nel contraddittorio potrebbe indurre il giudice a disporre il “passaggio” alla verifica nella pubblicità dell’udienza.
Il riferito elemento di differenziazione connesso al fatto che il processo è già transitato alla fase dibattimentale (udienza di comparizione, appunto) finisce per coinvolgere altri aspetti decisamente significativi.
L’elemento più forte di differenziazione con l’udienza preliminare, da subito segnalato, è rappresentato dalla mancanza in capo al giudice dell’udienza predibattimentale di poteri probatori; manca, infatti, sia un rinvio all’art. 421 bis c.p.p., sia all’art. 422 c.p.p.
Non sono chiare le ragioni di questa scelta; non è dato sapere se ad essa si porrà rimedio in sede di integrazione, con i d.l.gs. recante disposizioni integrative e correttive del d. lgs. n. 150 del 2022.
Se con riferimento all’art. 421 bis c.p.p. si potrebbe ritenere inopportuno rimettere l’attività del p.m. nella fase delle indagini, anche se il procedimento non regredirebbe alla fase investigativa; il mancato richiamo all’integrazione probatoria, non appare pienamente giustificato, nella misura in cui potrebbe consentire la deflazione connessa alla regola di giudizio e alla possibilità di favorire i riti speciali da parte dell’imputato (finalità conseguita dal legislatore).
Essendo il processo ormai già arrivato alla fase predibattimentale non sarà possibile emettere un decreto per il passaggio alla fase successiva: si prevede infatti che il giudice disponga la “prosecuzione del giudizio” fissando la data dell’udienza davanti ad un giudice diverso.
Dovrebbe trattarsi di una ordinanza non motivata, pena il pregiudizio, per la difesa – ancorché il dato emerga implicitamente in conseguenza della mancata pronuncia della sentenza di non luogo – di cui non sono chiari i contenuti al di là delle indicazioni del giorno, del luogo, dell’ora e di quanto valga ad informare le parti dello svolgimento del processo.
L’eventuale modifica dell’imputazione a seguito delle interlocuzioni tra giudice e p.m. dovrebbe, invece, emergere dal verbale d’udienza.
3.
I delineati profili teorici e sistematici inevitabilmente si saldano con quelli pratico-operativi.
Invero, la nuova disciplina ha da subito prospettato anche alcune complessi problemi pratici e operativi, soprattutto quelle connesse all’incidenza nel meccanismo dell’udienza predibattimentale del rito immediato.
La prima questione ha riguardato l’individuazione del giudice competente a disporre il rito immediato. I contrasti interpretativi sul punto tra chi indicava la competenza del giudice delle indagini preliminari e quelli che ritenevano competente il giudice dell’udienza preliminare è stato risolto a favore del giudice delle indagini preliminari, in considerazione del fatto che, in caso di rigetto, il procedimento resterebbe nella fase delle indagini preliminari.
Non è ancora definita invece la questione relativa alla competenza a celebrare il rito abbreviato nel caso in cui a seguito di giudizio immediato sia stato richiesto il rito contratto.
L’orientamento prevalente è orientato a privilegiare la competenza del giudice dell’udienza preliminare. La conclusione non è pienamente convincente ove si consideri che in questo modo il giudice dell’udienza preliminare sarebbe competente alla celebrazione del rito contratto per tutti i reati, sia per quelli del tribunale collegiale sia per quelli del tribunale in composizione monocratica.
In altri termini, sembrerebbe preferibile la tesi che privilegia la sede naturale dei riti nel procedimento a citazione diretta, cioè, l’udienza predibattimentale. Del resto, in caso di rigetto del rito abbreviato il procedimento transiterebbe più agevolmente (“il giudice dispone …..”) nuovamente alla sua fase naturale, quella del dibattimento.
4.
E’ forse eccessivamente presto per capire come si assesterà la nuova previsione, collocata tra la finalità deflattiva, tipica dell’udienza preliminare, confermata dalla presenza dei riti speciali, e quella anticipatrice del dibattimento per la quale si applicano – salvo che non sia diversamente stabilito – le regole del giudizio (così, in termini generali, l’art. 549 c.p.p.).
Un nuovo ibrido processuale che conferma tutte le difficoltà sistematiche di un processo penale che ha smarrito un riconosciuto e riconoscibile baricentro sistematico, piegato alla ormai consolidata finalità strumentale delle scelte legislative, variamente giustificate e giustificabili.
[1] In merito alla nuova regola decisoria, M. DANIELE, Il vaglio preliminare dell’accusa secondo la l. n. 134/2021, in Giur. it., 2022, p. 1012 ss.
26 Cfr. M. BONTEMPELLI, Udienza preliminare ed efficienza giudiziaria, in Dir. pen. proc., 2021, 1151 ss. Si veda P. FERRUA, Brevi appunti in tema di udienza preliminare, appello e improcedibilità, in discrimen.it, 9 dicembre 2021, 2 ss.; A. CABIALE-S. QUATTROCOLO, Un filtro più potente precede un bivio più netto: nuove possibili prospettive di equilibrio tra udienza preliminare, riti speciali e giudizio nel quadro della riforma Cartabia, in giustiziainsieme.it., 9 gennaio 2023; M. CECCHI, Osservazioni intorno alla “ragionevole previsione di condanna”, in Arch. pen. web, 2022, f. 2, 28 ss.; R. DEL COCO, La verifica preliminare dell’accusa, in A. Marandola (a cura di), “Riforma Cartabia” e rito penale. La Legge Delega tra impegni europei e scelte valoriali, Wolters Kluwer, 2022, 178 ss.; E. MARZADURI, La riforma Cartabia e la ricerca di efficaci filtri predibattimentali: effetti deflativi e riflessi sugli equilibri complessivi del processo penale, in legislazionepenale.eu, 25 gennaio 2022, 27; C. NAIMOLI, Considerazioni sulla “ragionevole previsione di condanna” per l’archiviazione e per la sentenza di non luogo a procedere, in Dir. pen. proc., 2022, p. 834 ss.
[2] V., per tutti, F. D’Alessio, La nuova udienza predibattimentale nel rito monocratico, in AA. VV., La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pisa, 2023, 526 e ss.
[3] Cfr., F. LOMBARDI, L’udienza predibattimentale nella Riforma “Cartabia”: uno schema operativo con alcuni spunti di riflessione, in Giur. pen. web, 2022, f. 12, 1 ss.
[4] C. TRABACE, L’udienza predibattimentale che verrà, in Archivio Penale, 2022, 22.
[5] V., amplius, N. Triggiani, L’udienza predibattimentale monocratica, in Proc. e giust., 2022, 1,
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