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Alle Sezioni unite una questione sul rapporto tra incidente di esecuzione e revocazione in materia di misure di prevenzione

Cass., sez. I, 4 giugno 2021 (dep. 16 giugno 2021), n. 23547, Zaza, Presidente, Centonze, Relatore, Cardia, P.m. (concl. diff.)

L’ordinanza in rassegna devolve alle Sezioni unite un quesito in materia di misure di prevenzione. Più precisamente, chiede di chiarire quale istituto, tra l’incidente di esecuzione regolato dagli artt. 666 e 670 c.p.p., e la revocazione, disciplinata dall’art. 28, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, operi nell’ipotesi in cui l’interessato invochi l’applicazione dei principi enunciati da C. cost., 24 gennaio 2019, n. 24, in Giur. cost., 2019, p. 292, con nota di Maiello, La prevenzione ante delictum da pericolosità generica al bivio tra legalità costituzionale e interpretazione tipizzante. 

Tale decisione, nello scrutinare la conformità al dettato costituzionale della c.d. pericolosità generica, ha profondamente rimodulato l’assetto legislativo. Per un verso, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 del Codice antimafia nella parte in cui stabilisce che le misure di prevenzione del sequestro e della confisca, disciplinate dagli artt. 20 e 24, si applichino anche ai soggetti indicati nell’art. 1, comma 1, lett. a). Qui ha evidenziato come la descrizione contenuta in tale disposizione («coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi»), anche se considerata alla luce della giurisprudenza che ha tentato sinora di precisarne l’ambito applicativo, non soddisfacesse le esigenze di precisione imposte dall’art. 42 Cost. e, in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost., dall’art. 1 del Prot. addiz. CEDU per ciò che concerne le misure patrimoniali del sequestro e della confisca. Per altro verso, ha dettato i parametri alla luce dei quali la lett. b) della medesima previsione ha diritto di cittadinanza nell’ordinamento giuridico italiano, delineando i criteri ai quali deve attenersi il giudice nel valutare la pericolosità sociale. 

È sorta, pertanto, l’esigenza di assicurare a coloro che avessero subito l’applicazione di una misura di prevenzione in forza della previsione espunta dall’ordinamento uno strumento per ottenere la cessazione degli effetti di un provvedimento ablativo privo ormai di base legale.

E su questo profilo, come rileva la Suprema Corte, si è formato il contrasto che richiede una pronuncia della massima espressione del Giudice di legittimità.

Un primo orientamento sostiene, infatti, che, nel caso in cui si faccia valere il difetto originario dei presupposti per effetto della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale, il rimedio esperibile avverso il provvedimento definitivo di confisca fondato sulla pericolosità generica, sia l’incidente di esecuzione. Tale arresto ha escluso lo strumento della revocazione, che mira alla riapertura del procedimento di prevenzione, in quanto, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, si rende necessaria la mera presa d’atto dell’esistenza di accadimenti successivi al giudicato che ne travolgono la validità (Cass., sez. VI, 28 ottobre 2020, n. 36582, in C.E.D. Cass., n. 280183). Ancorchè si tratti di un indirizzo minoritario, l’ordinanza in rassegna segnala come, in realtà, appaia senz’altro coerente con autorevoli precedenti delle Sezioni unite in materia di giudicato (il richiamo è a Cass., sez. un., 29 maggio 2014, n. 42858, in Cass. pen., 2015, p. 41; Cass., sez. un., 20 dicembre 2015, n. 4687, ivi, 2006, p. 1342; Cass., sez. un., 24 ottobre 2013, n. 18821, ivi, 2015, p. 28).

Altro orientamento, invece, ritiene esperibile, al fine di far valere l’illegittimità della previsione di cui alla lettera a), ovvero la non ricorrenza dei presupposti legittimanti la misura nell’ipotesi di cui alla lettera b), secondo i criteri interpretativi indicati dalla Corte costituzionale, il rimedio della revocazione (Cass., sez. II, 13 ottobre 2020, n. 33641, in C.E.D. Cass., n. 2799790; Cass., sez. I, 1 ottobre 2020, n. 34027, ivi, n. 279997; Cass., sez. I, 22 aprile 2021, n. 20156, ivi, n. 281367).

In seno a tale indirizzo, peraltro, sembra delinearsi un ulteriore contrasto, che le Sezioni unite sono chiamate a dirimere qualora accolgano tale opzione ermeneutica: si tratta di chiarire  il tipo di annullamento – con o senza rinvio – che deve essere pronunciato dalla Suprema Corte qualora il giudizio di pericolosità contenuto nel provvedimento impugnato non sia in linea con il nuovo paradigma della pericolosità sociale introdotto dalla sentenza del Giudice delle leggi (nel senso che è necessario un ulteriore giudizio rescissorio, Cass., sez. I, 1 aprile 2019, n. 27696, in C.E.D. Cass., n. 275888; diversamente, nel senso che la valutazione sulla pericolosità può essere compiuta anche nel giudizio di legittimità, Cass., sez. VI, 9 maggio 2019, n. 38077, in C.E.D. Cass., n. 276711). 

In conclusione, la questione è stata compendiata nel quesito se, in tema di misure di prevenzione patrimoniale, ai fini della richiesta di applicazione degli effetti della pronuncia della Corte costituzionale 24 gennaio 2019, n. 24 a tutela della posizione dell’inciso, sia esperibile il rimedio della revocazione di cui all’art. 28 d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 ovvero il rimedio dell’incidente di esecuzione di cui agli artt. 666 e 670 c.p.p.

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