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IL PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA QUALE GARANZIA DI EGUAGLIANZA E DI TUTELA DEI DIRITTI CIVILI. L’ESPERIENZA STATUNITENSE.

1. Introduzione

Il principio di legalità nei suoi classici corollari [1] incontra ormai da molti decenni una piena adesione anche negli Stati Uniti [2], con il superamento della pratica della common law [3], tanto da relegare la questione della creazione giudiziaria dei reati all’archeologia [4] e ai circoli accademici la stessa discussione sul principio di legalità, ormai pienamente riconosciuto nella cultura giuridica statunitense [5]. Il faticoso e autonomo processo di superamento della common law e di affermazione del principio di legalità del diritto penale statunitense esprime, tuttavia, profili originali rispetto alla esperienza europea, i quali favoriscono una interessante verifica dei contenuti del principio affermatisi in Europa, in particolare in Germania, Italia e Spagna.

Un significativo punto di contatto tra le due esperienze ed un utile punto di partenza per la comparazione è rappresentato dai principi di prevedibilità euroumanitario [6] e del giusto avvertimento (fair warning) della elaborazione liberal-democratica statunitense. Le democrazie liberali si basano, almeno teoricamente, sul principio che ogni condotta è consentita fino a quando non venga proibita dalle legittime agenzie delle decisioni sociali: il risultato è il rispetto, o almeno la tolleranza, del pluralismo e della diversità. Pertanto, il fatto che una persona non sia informata del divieto ne giustifica l’inosservanza [7].

Secondo un ormai secolare indirizzo della Corte Suprema degli Stati Uniti i reati debbono essere previamente definiti in modo che gli individui abbiano un giusto avvertimento su ciò che è proibito e il mancato preavviso costituisce una «trappola per l’innocente» [8] e «viola il primo elemento essenziale del giusto processo» (due process of law) [9].

Pertanto, si afferma che le clausole del giusto processo contenute nel Quinto Emendamento (garanzie penali) e nel Quattordicesimo Emendamento (Due Process Clause) richiedono che la definizione di reato deve essere «significativamente precisa» in modo tale che la gente comune possa capire quale sia la condotta proibita, con la conseguenza che una legge penale deve essere annullata (void-for vagueness) quando «proibisce o richiede il compimento di un atto in termini così vaghi che uomini di comune intelligenza debbono necessariamente indovinare il suo significato e divergere quanto alla sua applicazione» [10].

Benché vi sia una significativa similitudine con i principi di determinatezza e tassatività della nostra elaborazione, il principio costituzionale statunitense del void-for vagueness si collega in origine alla tradizione della common law inglese secondo cui i tribunali possono definire un nuovo reato, confermata tra Ottocento e primo Novecento negli U.S.A., malgrado le iniziali riserve (mai del tutto sopite) all’epoca dell’Indipendenza [11], al punto che ne viene considerata una conseguenza la necessità che la definizione anticipata di reato, ancorché non legislativa [12], sia significativamente precisa, seppure con le difficoltà emergenti anche da noi in tema di applicazione del principio di determinatezza, causato dalla inesistenza di un sicuro metro [13], o, almeno, non sia irragionevolmente indefinita.

2. Il void-for-vagueness quale strumento di tutela delle libertà civili

Nella dottrina statunitense si collega l’affermazione del principio di legalità proprio alla necessità di dare una base teorica sicura al principio della void-for vagueness [14], il quale si conferma un caposaldo del principio di legalità anche con il superamento della common law, assumendo come punto di riferimento le previsioni legislative, poiché anche una legge il cui significato non è determinato rimette alla decisione giudiziaria avente effetti retroattivi il compito vero e proprio di definire la condotta criminosa.

Ne è un classico esempio, nella legislazione statale U.S.A., la censura alla previsione penale della cospirazione per commettere qualsiasi atto dannoso per la morale pubblica o la salute pubblica [15], a cui è assimilabile il caso di indeterminatezza con cui si è confrontata la recente giurisprudenza italiana della sanzione penale di chi, assoggettato a misura di prevenzione personale, non rispetti obblighi e prescrizioni imposte di vivere onestamente e rispettare le leggi [16].

Previsioni che non possono essere censurate sotto il profilo della violazione del primato legislativo, possono però incorrere nella censura di indeterminatezza perché consentono «l’applicazione arbitraria e discriminatoria» della sanzione penale [17] in violazione del principio di eguaglianza, censura che negli USA è considerata uno strumento di tutela delle libertà civili.

In effetti il principio di legalità, nel suo affermarsi negli U.S.A. verso la metà del Novecento è visto come base necessaria per un uso significativo della dottrina costituzionale della indeterminatezza a tutela delle libertà civili [18]. Molti casi di indeterminatezza portati davanti alla Corte Suprema U.S.A. sono indicativi di pregiudizi razziali e l’annullamento delle leggi coinvolte spesso appare come una profilassi contro tale abuso [19]. L’uso della dottrina costituzionale della indeterminatezza viene anche finalizzato ad assicurare spazio alla libertà di espressione garantita dal Primo emendamento [20], non tanto con riferimento alla limitazione in qualche modo dell’universo delle opportunità di espressione, ma con riferimento alla limitazione discriminatoria di tali opportunità in modo differenziato [21].

3. Stato di diritto e determinatezza

Il legame tra determinatezza/tassatività e principio di eguaglianza appare centrale nel ruolo complessivo del principio di legalità nello stato di diritto come nella rule of law. Significativo in tal senso l’art. 21 n. 3 dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale, che richiede, quale criterio interpretativo direttamente proposto, che l’applicazione e l’interpretazione del diritto siano «effettuate senza alcuna discriminazione fondata su ragioni quali il genere sessuale come definito nell’articolo 7, paragrafo 3, l’età, la razza, il colore, la lingua, la religione o il credo, le opinioni politiche o le altre opinioni, la nazionalità, l’origine etnica o sociale, le condizioni economiche, la nascita o le altre condizioni personali».

Tale legame fornisce un contenuto sostanziale alla regola formale della divisione dei poteri ed in particolare fonda e spiega l’assoggettamento del giudice alla legge (uguale per tutti, mentre il giudizio è individuale), con i conseguenti limiti dell’attività interpretativa giudiziale, in maniera più significativa dello stesso principio di prevedibilità, correlato anche a situazioni soggettive che trovano soddisfazione nel principio di colpevolezza. Appare, infatti, evidente che quanto maggiore è la discrezionalità giudiziaria che di volta in volta si esprime su distinti casi concreti, tanto maggiore è la possibilità di una disparità di trattamento correlato alle differenze soggettive dei giudicanti e dei giudicati e di quelle oggettive dei contesti in cui il giudizio si colloca.

Si evidenzia [22] che la prospettiva della rule of law aiuta a spiegare perché è così spesso invocata la nullità per indeterminatezza delle leggi-ordinanze locali di “pulizia delle strade” (street-cleaning) dirette contro una qualche forma di disturbo pubblico, che tipicamente concernono condotte illecite banali, minori sanzioni e l’assenza di vittime identificabili. Leggi di questo tipo sono spesso considerate costituzionalmente indeterminate soprattutto perché consentono il controllo sociale informale degli indesiderabili e violano la necessità della prevedibilità [23]. D’altra parte, le leggi contro forme indeterminate di comportamento fastidioso o disordinato rappresentano il modello di legge imprevedibile, nel senso pratico che una persona rispettosa della legge nella situazione dell’attore non avrebbe motivo di non tenere il comportamento proibito [24].

La stessa eccessiva ampiezza dei casi ricompresi nella previsione incriminatrice e assoggettati dunque ad identica sanzione, a prescindere dall’utilizzo o meno di espressioni puntuali [25], è censurabile per riservare identico trattamento a casi di valenza illecita molto diversa, magari alcuni anche di fortemente dubbia meritevolezza, e, dunque, incrina l’osservanza dei principi di eguaglianza e ragionevolezza. Significativo al riguardo il giudizio di incostituzionalità della fattispecie di accattonaggio, basato sulla violazione del principio di ragionevolezza, che per la genericità della descrizione della condotta incriminata ricomprende comportamenti in cui è evidentemente assente la meritevolezza della sanzione penale [26].

Infine, va sottolineato che la correlazione tra principio di determinatezza e di eguaglianza è particolarmente sentito nel diritto dell’U.E., in cui, oltre al profilo del rispetto del principio di legalità dei reati e delle pene, vi è anche la necessità che i cittadini dell’U.E. non subiscano un trattamento diverso a seconda dello Stato membro in cui commettano il reato

In sintesi, la valenza del principio di determinatezza si può distinguere in due momenti, nel primo ex ante, relativo alle leggi incriminatrici che pongono regole di condotta (che debbono essere precise e chiare), il principio promuove le virtù del giusto avvertimento. Nel secondo ex post, relativo all’applicazione delle leggi nel giudizio, il principio promuove le virtù dell’uniformità nell’applicazione.

4. Casi esemplari di indeterminatezza “discriminatoria” censurati dalla Corte Suprema USA

Confermano quanto sopra affermato alcune importanti decisioni di annullamento per indeterminatezza. In primo luogo, la decisione della Suprema Corte USA, Kolender v. Lawson (2.5.1983), 461 U.S. 352 ss., concernente la legge californiana sul vagabondaggio dell’epoca (California Penal Code § 647(e), introdotta, come altre simili, per porre rimedio alla assenza di standard o criteri applicativi nelle vecchie leggi sul vagabondaggio. La disposizione in questione sanziona la condotta disordinata di chi bighellona o vaga per le strade o da un luogo all’altro senza un motivo apparente o affari e rifiuta di identificarsi e di rendere conto della sua presenza quando richiesto da qualsiasi peace officer (polizia), se le circostanze sono tali da indicare a un uomo ragionevole che la sicurezza pubblica richiede tale identificazione. La previsione è giudicata illegittima [27] in quanto suscettibile di applicazione arbitraria e discriminatoria poiché «conferisce alla polizia un potere discrezionale praticamente totale per determinare se l’indagato abbia soddisfatto la legge e debba essere autorizzato a proseguire per la sua strada».  I fatti interessati confermano la valutazione: il ricorrente Edward Lawson è un uomo di colore dall’aspetto non convenzionale la cui vocazione è camminare, di solito a tarda notte, spesso in zone residenziali ricche e prevalentemente bianche. Viene fermato almeno in 15 occasioni del genere prima della dichiarazione di incostituzionalità della legge.

Più recentemente la decisione della Suprema Corte U.S.A., City of Chicago v. Morales (10.6.1999), 527 U.S. 41, concerne il Chicago Municipal Code § 8-4-015 (aggiunto il 17.6.1992: Gang Congregation Ordinance), che proibisce ai “membri di bande criminali di strada” di vagabondare/bighellonare (loitering) nei luoghi pubblici. Ai sensi della previsione, se un agente di polizia vede una persona, che ragionevolmente reputa essere membro di una banda, vagabondare in un luogo pubblico in compagnia di una o più persone, ordina loro di disperdersi e chi non obbedisce prontamente è sanzionato penalmente. Una ordinanza generale di quel Dipartimento di polizia limita la discrezionalità dell’esecuzione da parte degli agenti attribuendo l’autorità di arresto ad agenti designati, stabilendo criteri dettagliati per definire le bande di strada e l’appartenenza ad esse e prevedendo specifiche aree di applicazione, pur non divulgate pubblicamente. La Corte Suprema considera costituzionalmente indeterminata la previsione in violazione del XIV Emendamento, in primo luogo perché la definizione normativa del comportamento di vagabondare/bighellonare (loitering) come «rimanere in un luogo qualsiasi senza uno scopo apparente» non fornisce alle persone un avvertimento adeguato su ciò che è proibito e su ciò che è consentito [28], anche se una persona non viola la legge fino a quando non rifiuta di disperdersi, poiché – osserva la motivazione stesa dal giudice Stevens – «se il bighellonare è infatti innocuo e innocente, lo stesso ordine di dispersione è un’ingiustificata lesione della libertà».

La Corte rileva, in secondo luogo, la violazione dell’obbligo per il legislatore di stabilire linee guida minime per governare l’applicazione della legge, che invece nella specie attribuisce il potere, senza limiti, alla polizia di determinare chi viola l’ordinanza. In sostanza sono integrati ambedue i motivi autonomi per cui l’indeterminatezza può violare la Costituzione statunitense: l’assenza di un giusto avvertimento che consenta alla gente comune di comprendere quale sia la condotta proibita, nonché l’autorizzazione e, persino, l’incoraggiamento ad un’applicazione arbitraria e discriminatoria della norma.

Infine, un interessante e più recente caso di annullamento per indeterminatezza da parte della Corte Suprema U.S.A. è Johnson v. United States del 2015 [29], che giudica incostituzionale la clausola di chiusura contenuta nella definizione di crimine violento (violent felony) del 18 USC § 924(e)(2)(B) [30], indicato come  atto che «involves conduct that presents a serious potential risk of physical injury to another», ovvero in cui la condotta presenta un grave rischio potenziale di lesioni fisiche a un terzo. Clausola a cui rinvia l’Armed Career Criminal Act (ACCA) [31], che prevede una sanzione più severa nei casi di detenzione di armi da fuoco illegali da parte di soggetti precedentemente condannati tre o più volte per un “crimine violento” [32].  La decisione, stesa dal giudice Scalia, afferma che la clausola di chiusura in questione viola il Quinto emendamento perché gli individui sono privati del giusto processo quando sono condannati in base a «una legge penale così vaga che non riesce a dare alla gente comune un giusto preavviso della condotta che punisce» [33].

Decidere se si tratti di un “crimine violento” ai sensi della clausola di chiusura – secondo Corte Suprema – richiede a un tribunale, non di valutare il fatto concreto per cui è condanna, ma di immaginare il tipo di condotta che il reato implica nel “caso ordinario” e di giudicare se tale astrazione presenti un serio potenziale rischio di lesioni fisiche [34], con ciò generando indeterminatezza incostituzionale per due ordini di motivi. In primo luogo, si lega la valutazione giudiziaria del detto rischio a un “caso ordinario” immaginato dal giudice piuttosto che a fatti del mondo reale o a elementi legali, determinando gravi incertezze su come stimare il rischio causato da un crimine [35]. In secondo luogo, la clausola non precisa l’entità del rischio necessaria per qualificare un crimine come crimine violento. Nel loro insieme, queste incertezze producono una imprevedibilità e arbitrarietà maggiore di quanto possa tollerare la Due Process Clause, mentre la ripetuta incapacità della stessa Corte Suprema di creare delle regole di principio applicative della detta clausola residuale e la persistente incapacità dei tribunali di grado inferiore di applicare la clausola in modo coerente confermano la sua insuperabile indeterminatezza [36].

Precisa, infine, la Corte Suprema che annullare la clausola in questione per indeterminatezza non mette in discussione le leggi che usano termini come «rischio sostanziale», perché tali leggi generalmente richiedono di valutare la rischiosità della condotta in concreto [37].

Insomma, la giurisprudenza esaminata evidenzia che il contenuto del principio di determinatezza nel suo obiettivo di assicurare l’uso corretto del potere legislativo, imponendo l’effettiva esclusività legislativa nella creazione della legge penale non concerne solamente la precisione nel linguaggio, ma anche l’osservanza del principio di eguaglianza/ragionevolezza rispetto ai contenuti, leso da previsioni che pur utilizzanti un linguaggio puntuale si connotino in termini eccessivamente ampi e tali da ricomprendere comportamenti estremamente differenti.

Il che arricchisce l’insieme delle regole dello stato di diritto così come della rule of law, in particolare attribuendo un contenuto sostanziale al classico principio della divisione dei poteri, imponendo a ciascuno degli stessi di esercitare correttamente il proprio ruolo.


[1] Ho recentemente esaminato il tema nei suoi profili generali in COCCO, Introduzione ai rapporti tra legislazione e giurisdizione in materia penale nello stato di diritto. Contributo al riordino dei principi, in Resp. Civ. e Prev., 2023, in corso di pubblicazione, che costituisce la base generale di questo approfondimento specifico.

[2] ROBINSON P.H., Fair Notice and Fair Adjudication: Two Kinds of Legality, in Un. Pennsylvania L. Rev., 2005, 335 ss.; KADISH, SCHULHOFER, STEIKER, BARKOW, Criminal Law and Its Processes, New York, 9a ed. 2012, 154 ss.; JEFFRIES, Legality, vagueness, and the construction of penal statutes, in Virginia L. Rev., vol. 71, 1985, passim.  

[3] Gran parte degli stati U.S.A. hanno abolito la common law doctrine secondo cui le corti possono creare nuovi crimini (per tutti v. KADISH, SCHULHOFER, STEIKER, BARKOW, Criminal Law and Its Processes, cit., 153 ss.), sebbene sopravviva marginalmente, ad es. la Costituzione del Michigan del 1964 (vigente) nell’art. III, par. 7, prevede: «The common law and the statute laws now in force, not repugnant to this constitution, shall remain in force until they expire by their own limitations, or are changed, amended or repealed». Il § 775.01 dei Florida Statutes, intitolato Common law of England, prevede: «The common law of England in relation to crimes, except so far as the same relates to the modes and degrees of punishment, shall be of full force in this state where there is no existing provision by statute on the subject».

[4] Cfr. JEFFRIES, Legality, cit., 198.

[5] Cfr. PACKER H., The Limits of the Criminal Sanction, Stanford (California), 1968, 80 ss..

[6] Alla analisi della cui ampiezza concettuale, pluralità di significati, con correlativo puntuale inquadramento sistematico, mi sono dedicato in COCCO, Introduzione ai rapporti tra legislazione e giurisdizione, cit., in part. § 5.

[7] JEFFRIES, Legality, cit., 205, n. 45; COCCO, Introduzione ai rapporti tra legislazione e giurisdizione, cit., passim.

[8] Corte Suprema U.S.A., United States v. Cardiff (8.12.1952), 344 U.S. 174, 176.

[9] Corte Suprema U.S.A., Connally v. General Constr. Co. (4.1.1926), 269 U.S. 385, 391.

[10] Corte Suprema U.S.A., Connally v. General Constr. Co. (4.1.1926), 269 U.S. 385, 391. Si veda anche la famosa pronuncia della Corte Suprema U.S.A. (redattore il giudice Holmes), McBoyle v. United States (9.3.1931), 283 U.S. 25, che esclude l’aereo dalla nozione di “veicolo a motore” con riferimento al trasporto interstatale di un “veicolo a motore” oggetto di furto, la quale evidenzia che, «[s]ebbene sia improbabile che un criminale consideri attentamente il testo della legge prima di uccidere o rubare, è ragionevole che venga dato al mondo un giusto avvertimento, in un linguaggio che il mondo comune comprenda, di ciò che la legge intende fare se una certa linea viene superata. Per rendere l’avvertimento giusto, per quanto possibile la linea deve essere chiara» (p. 27). Segue detto indirizzo la decisione della Corte Suprema U.S.A., United States v. Santos (2.6.2008), 553 U.S. 507, citata come esempio (in verità unico) di affermazione della rule of lenity da parte del suo estensore giudice Scalia (v. SANTANGELO, Precedente e prevedibilità. Profili di deontologia ermeneutica nell’era del diritto penale giurisprudenziale, Torino, 2022, 338 ss.; BIANCHI, “The tie must go to the defendant”. La rule of lenity nel sistema penale statunitense, in Ind. Pen., 2020, 245 s.), che essenzialmente offre, con riferimento al reato federale di riciclaggio, una interpretazione che attribuisce un significato preciso ad una espressione ambigua quale proceeds (proventi), letta nel senso di guadagni (profits) delle transazioni criminali e non di meri ricavi illeciti (criminal receipts), elemento rilevante nella fattispecie concreta in cui si tratta tra l’altro di somme utilizzate per retribuire i collaboratori e per pagare le vincite dei giocatori d’azzardo e non vi sono prove che il riciclaggio abbia ad oggetto i guadagni ottenuti dalla lotteria. Al riguardo va rilevato che il complesso di argomenti utilizzati da Scalia: certezza del diritto, riconoscibilità e prevedibilità dell’incriminazione, inviolabilità della libertà personale, tutela dei diritti dell’imputato, riserva di legge, con l’aggiunta di uno strumento interpretativo ignorato dai giuristi statunitensi, ovvero il bene giuridico tutelato, possono condurre anche nel nostro sistema ad una interpretazione restrittiva dell’espressione senza fare ricorso alla rule of lenity.

[11] Ampiamente ricordate in COCCO, Introduzione ai rapporti tra legislazione e giurisdizione, cit., § 1.

[12] Nel caso, da decenni desueto, di rinvio a giudizio per un reato di common law, l’indagine sulla indeterminatezza (vagueness) è rivolta al grado di precisione raggiunto dalle precedenti formulazioni giudiziarie del reato contestato (cfr. LAFAVE, SCOTT, Handbook on Criminal Law, St. Paul – Minnesota, 1972,84 nn. 10-11, ivi ult. rif.).

[13] Non ha tutti i torti il giudice Frankfurter, nell’opinione dissenziente nel celebre caso davanti alla Corte Suprema U.S.A., Winters v. New York (29.3.1948), 333 U.S. 507/524, quando afferma che l’indeterminatezza incostituzionale «è essa stessa un concetto indefinito. L’indagine è valutativa piuttosto che meccanicistica; richiede un giudizio riguardante non solo il grado di indeterminatezza, ma anche l’accettabilità dell’indeterminatezza in contesti specifici, in particolare, preoccupazione fondamentale è verificare se la portata incerta della legge coinvolga libertà protette» (v. AMSTERDAM, The Void-for-Vagueness Doctrine in the Supreme Court, in Un. Pennsylvania L. Rev., vol. 109, 1960, 67 ss.). Altri fattori considerati nell’indagine sulla indeterminatezza includono la natura dello scopo legislativo, la possibilità di essere più precisi e se l’incertezza influisca sulla rilevanza del fatto o semplicemente sul grado di responsabilità penale. Nella citata decisione Winters v. New York si tratta di una condanna per il possesso di alcune riviste con l’intento di venderle, in violazione della sottosezione 2 del § 1141 della New York Penal Law, che vietava la distribuzione di riviste “principally made up of criminal news, police reports or accounts of criminal deeds or pictures or stories of deeds of bloodshed, lust or crime”, previsione giudicata illegittima dalla Corte Suprema per la sua indeterminatezza tale da violare il XIV Emendamento relativo al giusto processo.

[14] V. JEFFRIES, Legality, cit., 195 s..

[15] Contenuta, ad esempio, nel California Penal Code § 182 (5). La decisione della Corte Suprema dell’Utah, State v. Musser (20.10.1950), 118 Utah 537, 223 P.2d 193, giudica incostituzionale perché indeterminata la formulazione del Utah Code Ann. § 103-11-1 (1943), che sanziona, tra l’altro, la cospirazione «per commettere atti dannosi alla salute pubblica, alla morale pubblica o al commercio».

[16] Pone l’accento sulla discrezionalità incontrollabile del giudice la sentenza delle Sezioni Unite 27.4.2017-5.7.2017, n. 40076 (cfr. anche C. II, 25.10.2017, n. 49194, ced rv 271248) – in tema di rispetto del principio costituzionale di determinatezza, anche alla luce della Carta edu come interpretata dalla C. edu GC, 23.2.2017, C-43395/09, De Tommaso c. Italia – la quale fornisce una lettura tassativizzante e tipizzante della fattispecie dell’art. 75, d. lgs. n. 159/2011 (codice antimafia), che punisce la condotta di chi viola gli obblighi e le prescrizioni imposti con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ex art. 8, d. lgs. n. 159/2011, escludendo che abbia ad oggetto anche la violazione delle prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi”, poiché «non impongono comportamenti specifici, ma contengono un mero ammonimento morale, la cui genericità e indeterminatezza dimostra l’assoluta inidoneità ad integrare il nucleo di una norma penale incriminatrice». In particolare, le SS. UU. evidenziano che l’obbligo di rispettare le leggi, si risolve – come osservato dalla Corte di Strasburgo – in un riferimento indistinto a tutte le leggi dello Stato e, dunque, non consente di individuare le condotte dal cui accertamento derivi una responsabilità penale, la cui determinazione da parte del giudice sarebbe frutto di incontrollabile discrezionalità; con l’effetto, inoltre, di un inammissibile deficit di conoscibilità da parte del destinatario del precetto penale e, conseguentemente dell’assoluta inidoneità della norma a orientare il suo comportamento, con connesso vulnus allo stesso principio di colpevolezza (p. 16-17). Per difetto di determinatezza, la Corte cost. n. 25/2019, successivamente, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 75 co. 2, d. lgs. n. 159/2011, nella parte in cui punisce come delitto l’inosservanza delle prescrizioni di vivere onestamente e di rispettare le leggi da parte del soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, nonché, in via consequenziale, dell’art. 75 co. 1, d. lgs. n. 159/2011, nella parte in cui prevede come reato contravvenzionale la violazione degli obblighi inerenti alla misura della sorveglianza speciale senza obbligo o divieto di soggiorno, ove consistenti negli obblighi di vivere onestamente e di rispettare le leggi.

[17] Cfr., ad esempio, AMSTERDAM, Federal Constitutional Restrictions on the Punishment of Crimes of Status, Crimes of General Obnoxiousness, Crimes of Displease Police Officers, and the Like, in Crim. L. Bull., vol. 3, f. 4, 1967, 205 ss., in part. 221-224, in tema di applicazione discriminatoria e arbitraria; FOOTE, Vagrancy-Type Law and Its Administration, in Un. Pennsylvania L. Rev., vol. 104, 1956, 603 ss., che si sofferma sull’interpretazione della legge sul vagabondaggio a Filadelfia.

[18] Ad es. MICHAEL, WECHSLER, Criminal Law and Its Administration, Chicago, 1940, 1072-1976 ss.; ROBINSON J.J., Cases on Criminal Law and Procedure, Rochester, N.Y, 1941, 1 ss.; in generale, HALL, General Principles of Criminal Law, Indianapolis, 1a ed. 1947, 2, 33-42.

[19] Ad esempio, Corte Suprema U.S.A., Papachristou v. City of Jacksonville (24.2.1972), 405 U.S. 156, afferma che la legge sul vagabondaggio senza standard «permette e incoraggia un’applicazione arbitraria e discriminatoria della legge», con riferimento a un processo per vagabondaggio nei confronti di due donne bianche e due uomini di colore che percorrevano insieme l’arteria principale della città.

[20] Corte Suprema U.S.A., NAACP v. Button (14.1.1963), 371U.S. 415, in part. 433.

[21] V. JEFFRIES,Legality, cit., 217, e autori ivi citati in n. 74.

[22] JEFFRIES, Legality, cit., 215 ss.

[23] Conformemente al precedente della Corte Suprema U.S.A., Lambert v. California (16.12.1957), 355 U.S. 225 ss., che annulla un’ordinanza della città di Los Angeles, la quale incrimina qualsiasi persona con precedenti penali, in California o altrove, si trattenga in città per più di cinque giorni senza registrarsi. In più punti la decisione sottolinea come possibili fonti di incostituzionalità: (1) l’assenza della mens rea nel senso comune della rappresentazione da parte dell’imputata della sua mancata registrazione; (2) la sanzione di una omissione piuttosto che di una cattiva azione; e (3) l’ignoranza dell’obbligo di registrazione o della illiceità penale di non averlo fatto (p. 229), nessuna delle quali, da sola, è idonea a giustificare la dichiarazione di incostituzionalità della previsione penale, giustificazione, invece, rinvenibile nel più complesso principio sopra enucleato.

[24] Ad es., la Corte Suprema USA, Coates v. City of Cincinnati (1.6.1971), 402 U.S. 611, afferma la indeterminatezza di un’ordinanza comunale che rende penalmente illecita la riunione di tre o più persone su un marciapiede che “infastidiscono” (annoy) i passanti. Conforme ad essa il Fifth Circuit Court of Appeals, Kramer v. Price, (15.8.1983), 712 F.2d 174, annulla la legge(il Texas Harassment Statute: Texas Penal Code Ann. § 42.07) che punisce come comunicazione molesta quella che «infastidisce o allarma il destinatario», principalmente a causa della mancanza di una definizione sufficientemente restrittiva di questi termini (v. in tema anche la già citatata Corte Suprema USA, Papachristou v. City of Jacksonville).

[25] Ad esempio, l’espressione “rispettare le leggi” (censurata da Corte cost. n. 25/2019, in materia di art. 75 co. 2, d. lgs. n. 159/2011 (v. sopra n. 16), non si può dire difetti di precisione linguistica e contenutistica ma è l’eccessiva ampiezza dell’oggetto delle violazioni (pur definita impropriamente indeterminatezza) il vero problema, con la ricomprensione e parificazione di ogni genere delle stesse.

[26] La sentenza della Corte cost. n. 519/1995, utilizza il principio di ragionevolezza per espungere dall’ordinamento l’art. 590 co. 1 c.p.

[27] Suprema Corte U.S.A., Kolender v. Lawson (2.5.1983), 461 U.S. 360, che richiama la citata decisione della Corte Suprema U.S.A., Papachristou v. City of Jacksonville (24.2.1972), 405 U.S. 156, in part. 170.

[28] Richiamando anche la sopra citata Kolender v. Lawson.

[29] Corte Suprema U.S.A. Johnson v. United States (26.6.2015), 576 U.S. 591.

[30] Il 18 USC § 924(e)(2)(B), prevede: «(B) the term “violent felony” means any crime punishable by imprisonment for a term exceeding one year, or any act of juvenile delinquency involving the use or carrying of a firearm, knife, or destructive device that would be punishable by imprisonment for such term if committed by an adult, that – (i) has as an element the use, attempted use, or threatened use of physical force against the person of another; or (ii) is burglary, arson, or extortion, involves use of explosives, or otherwise involves conduct that presents a serious potential risk of physical injury to another …» (corsivo mio). 

[31] Il 18 U.S. Code § 924 (e)(1), prevede: «(e) (1) In the case of a person who violates section 922(g) of this title and has three previous convictions by any court referred to in section 922(g)(1) of this title for a violent felony or a serious drug offense, or both, committed on occasions different from one another, such person shall be fined under this title and imprisoned not less than fifteen years, and, notwithstanding any other provision of law, the court shall not suspend the sentence of, or grant a probationary sentence to, such person with respect to the conviction under section 922(g)» (corsivo mio).

[32] La vicenda riguarda Samuel James Johnson, suprematista bianco con un lungo percorso criminale, controllato, a partire dal 2010, dall’FBI a causa del suo coinvolgimento in sospetti gruppi terroristici, la cui esistenza egli stesso aveva rivelato ad agenti sotto copertura. Nel 2012, Johnson viene condannato in misura aggravata per possesso illecito di armi da fuoco e munizioni, a causa della presenza di tre precedenti condanne per “reato violento”, ritenendosi sussistente la tipologia di reati descritti dalla clausola di chiusura in questione anche con riferimento ad una condanna per possesso di un fucile a canne mozze che, invece, i suoi difensori contestano rientrare nella detta nozione.

[33] Conformemente alla citata Corte Suprema U.S.A., Kolender v. Lawson (2.5.1983), 461 U.S. 352, 357-358.

[34] Così anche Corte Suprema U.S.A., Taylor v. United States (29.5.1990), 495 U.S. 575, 600; Corte Suprema U.S.A., James v. United States (18.4.2007), 550 U.S. 192, 208.

[35] Corte Suprema U.S.A., James v. United States (18.4.2007), 550 U.S. 192, 211.

[36] Non è sufficiente che alcuni reati sottostanti possano chiaramente rappresentare un serio potenziale rischio di lesioni fisiche per un terzo (v., ad es., Corte Suprema U.S.A., United States v. L. Cohen Grocery Co. (28.2.1921), 255 U.S. 81, 89).

[37] In precedenza, la Corte Suprema U.S.A. aveva respinto la questione della indeterminatezza della clausola in questione nelle decisioni James v. United States, cit., e Sykes v. United States (9.6.2011), 564 U.S. 1, senza considerare però «l’incertezza introdotta dalla necessità di valutare la rischiosità di una fattispecie astratta ordinaria di reato», pertanto, a causa dell’evidenza dell’esperienza e dell’incompletezza della valutazione delle precedenti decisioni, la Corte Suprema in Johnson v. United States reputa che confermare la «posizione di James e Sykes minerebbe, piuttosto che promuovere, gli obiettivi che lo stare decisis è destinato a servire» e conclude che la clausola in questione è incostituzionalmente indeterminata, superando le precedenti decisioni contrarie.

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