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L’anticipazione dell’interrogatorio di garanzia

Appunti sul d.d.l. Nordio

Sommario: 1. Un’idea rivoluzionaria ma priva di concreta rilevanza. — 2. I limiti allo svolgimento anticipato dell’interrogatorio di garanzia. — 3. Difetti procedurali. — 4. La garanzia della collegialità. — 5. Patologie. — 6. L’interrogatorio anticipato in procedure diverse.

1. Un’idea rivoluzionaria ma priva di concreta rilevanza.

L’ampliamento delle ipotesi di anticipazione dell’interrogatorio di garanzia è, sul versante processuale, uno dei tratti qualificanti del disegno di legge promosso dal Ministro Nordio[1]. Secondo questa nuova impostazione, l’interlocuzione con il giudice, in casi espressamente indicati, precede — e non segue — la decisione sulla richiesta di applicazione della cautela, sulla falsariga del modello già delineato all’art. 289, comma 2, c.p.p. per la misura della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio[2].

Si tratta di una modifica auspicata da una parte della dottrina[3] e che, oggi, trova la sua provvisoria regolamentazione nelle norme contenute nell’art. 2 comma 1, lett. d)-h), del disegno di legge attualmente all’esame della Camera[4].

Tali disposizioni intervengono, precipuamente, sugli artt. 291 e 292 del codice, mentre le altre innovazioni proposte assumono una valenza che può definirsi “servente”[5].

Le manipolazioni più incisive riguardano l’atto che veicola la domanda cautelare e la procedura a cui esso dà origine, nonché il catalogo degli atti che devono essere trasmessi al giudice funzionalmente competente allo svolgimento dell’interrogatorio di garanzia.

Secondo lo schema normativo attualmente al vaglio del Parlamento, il giudice per le indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta di applicazione della misura avanzata dal pubblico ministero, deve procedere all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini, osservando le regole dettate dagli artt. 64 e 65 del codice di rito.

A tal fine, l’indagato deve essere invitato a rendere interrogatorio almeno cinque giorni prima della data fissata per la comparizione. L’invito — per consentire un compiuto esercizio del diritto di difesa — deve essere corredato da una serie di informazioni e avvisi, soprattutto volti a rendere edotto l’indagato dell’addebito a suo carico e delle facoltà che può esercitare. In questa ottica, assume particolare rilievo l’anticipazione del deposito degli atti che sostengono l’iniziativa cautelare: nella cancelleria del giudice che procede devono essere disponibili la richiesta del pubblico ministero e gli atti che la accompagnano, dei quali è consentito alla difesa dell’indagato estrarre copia[6].

Così congegnata, la nuova collocazione dell’interrogatorio di garanzia sembra rivoluzionare l’assetto del procedimento de libertate. Tuttavia, la disciplina complessiva dell’istituto — e, soprattutto, il rapporto tra regola ed eccezioni, unitamente ad alcune imperfezioni tecniche — rischia di confinare l’innovazione nel limbo della irrilevanza.

2. I limiti allo svolgimento anticipato dell’interrogatorio di garanzia.

È sufficiente un rapido sguardo all’articolato normativo per cogliere la propensione del legislatore a restringere fortemente il campo di applicazione delle nuove norme, limitando — peraltro in maniera discutibile — i casi in cui l’interrogatorio di garanzia deve essere svolto prima di assumere la decisione sulla cautela.

Il giudice, infatti, non è tenuto ad anticipare l’audizione dell’indiziato qualora sussistano determinate esigenze cautelari. Più precisamente, hanno valenza ostativa rispetto all’interrogatorio anticipato il pericolo di inquinamento o di dispersione delle fonti di prova e il pericolo di fuga [art. 274 comma 1, lett. a) e b), c.p.p.][7].

Evidente è la ratio di tali eccezioni: l’avviso dell’interrogatorio — e, di riflesso, la conoscenza della richiesta cautelare pendente — potrebbe indurre l’indagato a sottrarsi all’esecuzione del futuro, eventuale provvedimento coercitivo oppure ad intraprendere iniziative finalizzate a compromettere il quadro investigativo a suo carico[8].

Si tratta di eventualità indubbiamente plausibili, ma — coerentemente con le premesse — il discorso andrebbe allora esteso anche al pericolo di recidiva [art. 274 comma 1, lett. c), c.p.p.], ben potendo l’indagato — una volta venuto a conoscenza dell’imminente adozione di un provvedimento restrittivo nei suoi confronti — commettere ulteriori reati, semmai al fine di occultare o disperdere i proventi illeciti realizzati.

Sarebbe stato preferibile, pertanto, ancorare il divieto di anticipazione dell’interrogatorio non al “tipo” di esigenza ravvisabile in concreto, bensì alla sua effettiva rilevanza, vietando la discovery anticipata della richiesta cautelare solo nel caso in cui si dovessero profilare pericoli « imminenti » — e non solo « attuali » — di inquinamento delle prove, di fuga dell’indiziato o di protrazione dell’attività criminosa. L’imminente necessità di intervenire a tutela delle esigenze cautelari dovrebbe essere desunta, peraltro, da elementi specifici, che il pubblico ministero ha l’onere di rappresentare al giudice, se intende ottenere l’applicazione della misura inaudita altera parte[9].

Soluzione alternativa potrebbe essere quella ancorare l’anticipazione dell’interrogatorio non già alle esigenze cautelari, ma alla tipologia di misura da applicare, anteponendo l’audizione alla decisione sulla cautela soltanto nel caso di applicazione di misure più blande, nelle quali le esigenze cautelari sono sicuramente più tenui[10].

Sia come sia, anche se l’unica esigenza cautelare ravvisabile in concreto è quella di cui alla lett. c) dell’art. 274 c.p.p., il disegno di legge esclude comunque la possibilità di anticipare l’interrogatorio di garanzia quando si procede per uno dei delitti elencati nell’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. o nell’art. 362, comma 1-ter, c.p.p. oppure per « gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale ».

Appare decisamente opinabile la scelta di rinviare a cataloghi di reati — quelli, cioè, contenuti negli artt. 407 e 362 c.p.p. — che il legislatore ha elaborato in funzione della disciplina di meccanismi processuali eterogenei rispetto alla materia cautelare (termini delle indagini e immediata audizione della persona offesa con sommarie informazioni), mentre sarebbe stato più coerente fare riferimento ai reati, elencati nell’art. 275 c.p.p., per i quali opera la presunzione di sussistenza dei pericula libertatis

Non può che ritenersi, invece, del tutto indeterminato — e, quindi, di incerta applicazione pratica — il criterio ancorato alla « gravità dei delitti commessi con l’uso delle armi o altri mezzi di violenza »[11].

In definitiva, così come formulate, le eccezioni rischiano di sovrastare — e, per l’effetto, di sterilizzare — la regola[12].

D’altra parte, occorrerebbe quantomeno chiarire che, per escludere l’anticipazione dell’interrogatorio, non è sufficiente la mera prospettazione del pubblico ministero, ma occorre il vaglio del giudice de libertate volto a verificare l’effettiva sussistenza di esigenze che precludono l’operatività della garanzia[13].

È, questa, l’unica soluzione idonea ad impedire che esigenze cautelari prospettate del tutto pretestuosamente dal titolare dell’accusa possano neutralizzare l’operatività del congegno. A tal fine, nel testo del nuovo comma 1-quater dell’art. 291 c.p.p., introdotto dal disegno di legge, la locuzione « salvo che sussista taluna delle esigenze (…) » andrebbe sostituita con l’espressione — obiettivamente meno equivoca — « salvo che (il giudice) ritenga sussistente taluna delle esigenze (…) », così da rendere chiara l’impossibilità di far dipendere il diniego dell’interrogatorio anticipato dalla mera voluntas dell’organo inquirente.

Va, altresì, evidenziato che il disegno di legge omette completamente di considerare — e, quindi, di disciplinare — l’ipotesi del processo “cumulativo” in cui i presupposti per l’interrogatorio di garanzia anticipato sussistano solo per alcuni indagati e non per altri[14]. Quid iuris in casi del genere? La decisione sarà resa, per tutti, senza la preventiva discovery degli atti di indagine o il pubblico ministero dovrà provvedere ad uno stralcio delle singole posizioni degli indagati? La risposta a tali interrogativi non può essere agevolmente ricavata in via interpretativa, ma sollecita, piuttosto, un intervento correttivo del legislatore in corso d’opera, per evitare il varo di una disciplina palesemente lacunosa.

3. Quesiti procedurali.

Il perseguimento dell’obiettivo di consentire l’esercizio del diritto di difesa prima dell’applicazione della misura cautelare, già compresso in un perimetro normativo asfittico, rischia di essere pregiudicato, nella pratica, dalle formule utilizzate per descrivere alcuni passaggi cruciali della procedura.

Da questo punto di vista, viene in rilievo, innanzitutto, la presenza del difensore, che in questi frangenti è presidio irrinunciabile. Sul punto, si è osservato che diversamente da quanto prevede l’art. 294 c.p.p., tale presenza non è espressamente contemplata come obbligatoria così come non è contemplata la nomina di un difensore d’ufficio all’indagato che ne sia sprovvisto[15].

Particolarmente problematica, poi, è la disciplina dei termini.

Il preavviso di cinque giorni non appare sufficiente — anche in procedimenti non particolarmente complessi — per consentire all’indagato di metabolizzare il materiale raccolto dall’accusa e di predisporre una efficace difesa in vista dell’interrogatorio[16]. Qui un rimedio potrebbe essere ricavato — per una maggiore tutela del diritto di difesa — sulla falsariga del meccanismo di differimento “a richiesta” previsto dal comma 9-bis dell’art. 309 c.p.p. in materia di riesame, consentendo all’indagato di chiedere un differimento[17].

D’altro canto, il legislatore non si fa carico nè di indicare in maniera tassativa le ragioni di urgenza che giustificano l’abbreviazione del termine, nè di fissare il limite temporale minimo per comparire, che non può mai essere compresso.

Tutte previsioni — quelle sin qui richiamate — che rischiano di fiaccare il potenziale garantistico dell’adempimento di garanzia, riducendolo in un simulacro. La novella, insomma, finirebbe per assumere un connotato meramente propagandistico.

Volgendo lo sguardo al contenuto dell’avviso, esso contiene un cospicuo numero di informazioni da dare all’indagato: da quelle che riguardano la data e il luogo dell’interrogatorio a quelle che rendono edotto l’interessato della possibilità di nominare un difensore di fiducia. Il legislatore ha inserito anche l’ormai onnipresente avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, ma non ha introdotto un avvertimento essenziale, che informi l’indagato delle conseguenze connesse alla mancata comparizione all’interrogatorio.

Del resto, proprio con riferimento alla mancata presentazione dell’indagato, il nuovo articolato normativo suscita ulteriori interrogativi.

La disciplina contempla la possibilità di far valere un legittimo impedimento. Il legislatore, tuttavia, non si premura di precisare se a far valere l’impedimento possa essere solo l’indagato o anche il suo difensore, né di chiarire fino a quando possa protrarsi tale impedimento e, quindi, la stasi del procedimento cautelare.

Sotto altro aspetto, si prevede che, qualora l’indagato non si presenti senza addurre alcuna giustificazione e il giudice ritenga le ricerche esaurienti, sia consentito procedere oltre e assumere la decisione inaudita altera parte.

Qui si tratta di chiarire quali sono le ricerche da svolgere e quali le ulteriori conseguenze dell’irreperibilità dell’indagato.

Le ricerche dovranno essere senz’altro esaustive, ma non sembra necessario accertare anche la volontarietà dell’assenza. In altri termini, a differenza di quanto previsto in relazione al limitrofo istituto della latitanza, non è necessario accertare che l’indagato si sia volontariamente sottratto all’interrogatorio di garanzia anticipato[18].

Laddove, però, si registri tale situazione, deve ritenersi accertata la sussistenza di un concreto pericolo di fuga, se non di una fuga già compiuta. Una eventualità, questa, che dovrebbe escludere, per motivi sopravvenuti, l’obbligo di anticipare l’interrogatorio.

Non meno problematiche sono le questioni che sorgono al momento della conclusione dell’interlocuzione. Si è rilevato, infatti, che mancano precisi riferimenti procedurali conseguenti alle attività successive allo svolgimento dell’interrogatorio[19]. Le nuove disposizioni, invero, non disciplinano il periodo di tempo che trascorre tra la conclusione dell’interrogatorio e l’adozione della decisione. Un frangente, più o meno breve, secondo la solerzia del giudicante, nel quale l’indagato dovrebbe rimanere in attesa di conoscere la sua sorte[20].

4. La garanzia della collegialità.

Ulteriore profilo di interesse è l’intersezione della disciplina dell’interrogatorio anticipato con altro tratto qualificante del disegno di legge, ossia l’attribuzione al collegio della competenza a decidere sulla applicazione della misura della custodia cautelare in carcere[21].

Il coordinamento tra queste due innovazioni è garantito dall’introduzione, nel testo dell’art. 291 c.p.p., del comma 1-quinquies, in forza del quale, a fronte di una richiesta di custodia cautelare in carcere, all’interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato[22]. Dunque, la composizione collegiale riguarda esclusivamente la decisione sulla misura e non gli adempimenti ad essa prodromici[23].

Tale opzione non convince del tutto: se con la riforma si persegue l’obiettivo di consentire un contatto tra l’indagato e il giudice che deve pronunciarsi sull’applicazione della misura restrittiva, la soluzione più coerente sarebbe quella di prevedere la composizione collegiale anche per l’interrogatorio di garanzia, consentendo, così, che tutti i componenti dell’organo giudicante possano ascoltare la versione dell’indagato. Un’impostazione che eviterebbe, d’altro canto, che il magistrato delegato allo svolgimento dell’interrogatorio possa assumere all’interno del collegio un ruolo preponderante.

Sia come sia, in questo frangente deve essere comunque attribuito rilievo preminente al principio di immediatezza e si deve perciò escludere che il magistrato che ha interrogato l’indagato non componga poi il collegio. L’unica deroga potrebbe essere ammessa qualora l’indagato non abbia presenziato all’atto o si sia avvalso della facoltà di non rispondere.

5. Patologie.

A presidiare la corretta applicazione del nuovo istituto, il legislatore ha posto due nuove ipotesi di nullità, aggiungendo, all’art. 292 c.p.p., il comma 3-bis, che sanziona l’omesso interrogatorio e la violazione delle previsioni contenute nei commi 1-septies e 1-octies dell’art. 291 c.p.p.

Dunque, l’ordinanza cautelare è nulla quando non è preceduta dall’interrogatorio, quando l’invito non contiene tutti gli elementi prescritti e quando non sono rispettate le previsioni che consentono all’indagato di accedere al fascicolo cautelare.

A rafforzare l’impianto sanzionatorio interviene l’ampliamento dei requisiti formali dell’ordinanza cautelare che dovrà contenere, sempre a pena di nullità, una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’interrogatorio.

Restano da chiarire, invece, le conseguenze connesse ad altre violazioni che pure contribuiscono a rendere effettivo l’esercizio del diritto di difesa e che non sono espressamente contemplate dalla novella.

Il primo quesito concerne l’inosservanza del termine concesso per la comparizione all’interrogatorio o la sua ingiusta compressione. Poichè sono previsioni che assicurano la partecipazione dell’indagato, la nullità può essere ricavata in via interpretativa dalla norma generale contenuta nell’art. 178 comma 1, lett. c), c.p.p. Il regime della nullità, esclusi gli estremi della nullità assoluta e della nullità relativa, sarà intermedio, con la conseguenza che la relativa eccezione dovrà essere formulata prima dell’inizio dell’interrogatorio.

Altro quesito riguarda, invece, l’assenza nel collegio chiamato a pronunciarsi sull’applicazione della misura del magistrato che ha proceduto all’interrogatorio. Anche in tal caso, si deve concludere che l’ordinanza è affetta da una nullità di ordine generale a regime intermedio.

6. L’interrogatorio anticipato in procedure diverse.

L’anticipazione dell’interrogatorio di garanzia sembra connaturata agli incidenti cautelari innestati in procedimenti penali che vertono sul merito dell’accusa.Appare opportuno, però, verificare la possibilità di estendere il nuovo istituto in procedimenti con diverso oggetto[24] e, più precisamente, sondare l’applicabilità delle nuove norme soprattutto nell’ambito delle procedure di estradizione, mandato di arresto europeo e in altri meccanismi simili, nei quali è prevista la privazione della libertà personale del ricercato in vista della decisione sulla richiesta di cooperazione giudiziaria. A ben vedere, infatti, le disposizioni che regolano tali istituti prevedono un’interlocuzione con l’autorità giudiziaria dopo l’esecuzione della misura[25].

Al di là della – non condivisibile – ritrosia della giurisprudenza ad equiparare l’interlocuzione tra persona in vinculis e autorità giudiziaria nelle procedure di cooperazione all’interrogatorio di garanzia e, conseguentemente, ad applicare alla prima le garanzie del secondo[26], la conclusione negativa è sorretta da un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, ed il rilievo è assorbente, nelle richiamate procedure, l’applicazione di una misura cautelare è agganciata alla sussistenza di un pericolo di fuga[27], che preclude in nuce l’anticipazione dell’interrogatorio.

In secondo luogo, in simili contesti l’esecuzione di una misura è preceduta, nella generalità dei casi, dall’arresto del ricercato e dalla successiva udienza di convalida, con l’innesto, quindi, di un diverso modulo procedimentale, che già prevede, a seguito dell’esecuzione della misura precautelare, l’audizione anticipata della persona da sottoporre a misura restrittiva.


[1] A.C. 1718.

[2] L’innovazione fu introdotta — com’è noto — dalla legge 16 luglio 1997, n. 234. Tra i primi commenti alla novella segnaliamo quello di M. Ferraioli, L’interrogatorio dell’indagato prima della sospensione da un pubblico ufficio o servizio, in Aa. Vv., La modifica dell’abuso di ufficio e le nuove norme sul diritto di difesa. Commento alla legge 16 luglio 1997, n. 234, a cura di A.A. Dalia-M. Ferraioli, Milano, 1997, p. 217 ss. La disposizione è stata successivamente sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, che ha escluso, però, il paventato contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., osservando che « la ratio della disposizione censurata sembra essere rinvenibile nell’esigenza di verificare anticipatamente che la misura della sospensione dall’ufficio o dal servizio non rechi, senza effettiva necessità, pregiudizio alla continuità della pubblica funzione o del servizio pubblico » (così C. cost., 22 giugno 2000, n. 229, in Giur. cost., 2000, p. 1794). Una forma di contraddittorio anticipato in materia de libertate è prevista anche dall’art. 47 d.lgs. n. 231 del 2001, che impone la fissazione di un’apposita udienza a seguito della richiesta di applicazione della misura cautelare avanzata nei confronti dell’ente (su tale previsione, v. G. Fidelbo, Le misure cautelari, in Aa.Vv., Reati e responsabilità degli enti, a cura di G. Lattanzi, Giuffrè, 2010, p. 541 ss.). La disposizione di cui all’art. 289, comma 2, c.p.p. è stata, poi, integrata dalla l. 16 aprile 2015, n. 47, con l’aggiunta dell’alinea volto a precisare che quando « la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l’interrogatorio ha luogo nei termini di cui al comma 1-bis dell’articolo 294 ». Nel commentare quest’ultima novella, P. Bronzo, Le modifiche alle misure cautelari interdittive, in Aa.Vv., La riforma delle misure cautelari personali, a cura di L. Giuliani, Torino, 2015, p. 15, ha rimarcato l’opportunità di anteporre l’interrogatorio di garanzia all’applicazione della misura: « anticipare le verifiche che il giudice opera (dopo l’esecuzione della misura) riduce il rischio che l’illegittimità dell’intervento restrittivo emerga solo a misura già applicata, quando il danno alla funzione e al prestigio dell’amministrazione si è già, almeno in parte, consumato ». Volendo, infine, approfondire il tema in una prospettiva più ampia, interessanti spunti di riflessione possono trarsi dal contributo di G. Ranaldi, Il contraddittorio anticipato in materia de libertate: ratio e profili di una proposta operativa « possibile », in Dir. pen. proc., 2006, p. 1165 ss.

[3] Tra le prime opinioni sul tema, Aa. Vv., G.i.p. e libertà personale. Verso un contraddittorio anticipato?, Jovene, 1997.

[4] Più di recente, favorevole all’introduzione dell’interrogatorio ante custodia è C. Valentini, Com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire: note sparse sul futuribile interrogatorio ante cautela, in Arch. pen. web, 12 settembre 2023, p. 3-4, la quale, pur ritenendo che la previsione di cui all’art. 294 c.p.p. abbia fallito il suo obiettivo, al punto da definirla, addirittura, una « garanzia canzonatoria », sostiene che la modifica normativa costituirebbe « una vera misura di civiltà », anche perché si consentirebbe all’indagato di partecipare all’interrogatorio da libero e, quindi, con un differente approccio psicologico.

[5] Più specificamente, l’art. 2 comma 1, lett. d), n. 2, del disegno di legge prevede che, all’art. 291 c.p.p., « dopo il comma 1-ter, sono inseriti i seguenti: 1-quater. Fermo il disposto dell’articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), o nell’articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale. 1-quinquies. Nel caso di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies, all’interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. 1-sexies. L’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio è comunicato al pubblico ministero e notificato alla persona sottoposta alle indagini preliminari e al suo difensore almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d’urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire. Il giudice provvede comunque sulla richiesta del pubblico ministero quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non compare senza addurre un legittimo impedimento oppure quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non è stata rintracciata e il giudice ritiene le ricerche esaurienti, anche con riferimento ai luoghi di cui all’articolo 159, comma 1 ». L’art. 2 comma 1, lett. e), del disegno di legge prevede, invece, quanto segue: 1) al comma 2-ter dell’art. 292 c.p.p., dopo le parole « articolo 327-bis », sono aggiunte le seguenti: « e, nel caso di cui all’articolo 291, comma 1-quater, una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’interrogatorio »; 2) al comma 2-quater, dopo le parole « brani essenziali », sono aggiunte le seguenti: « in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti »; 3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: « 3-bis. L’ordinanza è nulla se non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’articolo 291, comma 1-quater, nonché quando l’interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo ».

[6] La previsione è in linea quanto affermato da C. cost. 10 ottobre 2008, n. 336, in Cass. pen., 2009, p. 861, con nota di A. Corbo, Il diritto di conoscere il contenuto integrale delle intercettazioni impiegate per un provvedimento cautelare personale,che aveva dichiarato illegittimo l’art. 268 c.p.p. — nella versione antecedente il d.lgs. n. 216 del 2017 — nella parte in cui non prevedeva la facoltà del difensore dell’indagato, dopo l’esecuzione della misura cautelare, di ottenere la trasposizione delle registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate ed utilizzate per l’adozione del provvedimento restrittivo. La richiesta di copia delle registrazioni — come precisato da Cass. pen., sez. un., 22 aprile 2010, n. 20300, in Cass. pen., 2011, p. 461, con nota di L. Milani, Sul diritto del difensore alla piena conoscenza delle risultanze delle intercettazioni utilizzate nel procedimento cautelare: le sezioni unite non sciolgono tutti i dubbi — va indirizzata al pubblico ministero, sul quale incombe l’obbligo di provvedere in tempo utile per non pregiudicare l’esercizio del diritto di difesa dell’indagato in sede di riesame.

[7] Ciò significa che l’interrogatorio di garanzia non può essere mai anticipato in presenza del pericolo di fuga dell’indagato o del rischio di compromissione della genuinità della prova, a prescindere da una verifica sulla effettiva necessità di intervenire con urgenza a tutela delle suddette esigenze cautelari.

[8] Tali rischi sono stati opportunamente evidenziati nei primi commenti al disegno di legge: v. G. Spangher, Pacchetto Nordio: timidi ma significativi segnali di cambio di prospettiva, in questa rivista, 27 giugno 2023, p. 4; cfr., altresì, F. Porcu, Le modifiche al codice di rito nel d.d.l. Nordio: un primo commento alla riforma in fieri, in questa rivista, 2 agosto 2023, p. 5, secondo il quale, « ricorrendo un pericolo di inquinamento probatorio o un pericolo di fuga, l’avviso all’indagato della fissazione dell’interrogatorio di garanzia (propedeutico all’eventuale applicazione di una misura cautelare e non posticipato rispetto ad essa) sarebbe certamente percepito come un segnale di “allarme” che, anziché preservare le esigenze cautelari emergenti nel caso concreto, imprimerebbe un’accelerazione alla relativa compromissione. In altri termini, ove fosse effettivamente sussistente (dunque non solo ipotizzato) un concreto e attuale pericolo per l’acquisizione e la genuinità della prova, la consapevolezza della possibilità (recte: della probabilità) di un’imminente limitazione delle proprie libertà potrebbe spingere il soggetto interessato a concretizzare proprio il suddetto pericolo (id est: ad attivarsi, personalmente o per interposta persona, al fine di eliminare e/o modificare quegli elementi di prova eventualmente a suo carico). Analogamente, ove fosse realmente sussistente un pericolo di fuga, questa si concretizzerebbe ben prima dell’interrogatorio e (anche) in ragione dell’avviso dello stesso, che escluderebbe qualsiasi dubbio circa la sussistenza di indagini a proprio carico ».

[9] Sul punto, cfr. G. Illuminati, Le modifiche al processo penale nel d.d.l. Nordio: una prima lettura, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2023, p. 890, il quale si è interrogato « sui rapporti tra la richiesta del pubblico ministero e il dovere del giudice di verificare l’esistenza dei presupposti per emettere l’invito a presentarsi per l’interrogatorio. La legge nulla dice in proposito, ma è possibile immaginare un vaglio preliminare del giudice, che includa anche il rigetto de plano della richiesta, allo scopo di decidere se occorre procedere o meno all’interrogatorio. Comunque la si pensi, emerge però con particolare evidenza la controversa questione dell’eventuale vincolo del giudice — non ancora investito della decisione sul merito — rispetto alla procedura da adottare sulla richiesta del pubblico ministero, conformemente al principio della domanda. In altre parole, se per esempio il pubblico ministero allegasse soltanto il pericolo di commissione di reati, potrebbe il giudice escludere l’interrogatorio sulla base di una diversa esigenza cautelare rilevata d’ufficio? O, viceversa, ove il giudice non ritenesse esistenti i gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati indicati dal comma 1-quater, ma per un diverso titolo di reato, per il quale sia previsto l’interrogatorio, dovrebbe procedervi o semplicemente rigettare la richiesta nei termini in cui è stata formulata? Quello che si può affermare con certezza è che, almeno indirettamente, la disciplina esaminata finisce quanto meno col farsi carico del fatto che il pubblico ministero sia tenuto ad indicare specificamente le esigenze cautelari e gli elementi che le giustificano, e non solamente i gravi indizi di colpevolezza, mentre finora l’art. 291 comma 1 c.p.p. non stabilisce il contenuto minimo necessario della richiesta ».

[10] Suggerisce di battere la strada dell’anticipazione dell’interrogatorio, relativamente alla misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, P. Bronzo, Profili critici delle misure cautelari “a tutela dell’offeso”, in Cass. pen., 2012, p. 3479, il quale sottolinea peraltro come una scelta simile potrebbe qui risolvere anche le problematiche derivanti dalla “duttilità” di siffatte cautele.

[11] In sostanza, come efficacemente rilevato ancora da G. Illuminati, Le modifiche al processo penale nel d.d.l. Nordio: una prima lettura, cit., p. 891, « la complessa procedura prevista si applica solo per ipotesi tutto sommato marginali, visto che si tratta dei reati di minore gravità (fra cui rientrano, e non sembra casuale, tutti i reati finanziari e contro la pubblica amministrazione, per i quali l’esigenza cautelare più spesso fatta valere è appunto il pericolo di commissione di delitti della stessa specie) ».

[12] Una preoccupazione, questa, condivisa anche da F. Porcu, Le modifiche al codice di rito nel d.d.l. Nordio: un primo commento alla riforma in fieri, cit., p. 6.

[13] Come detto, ricevuta la richiesta cautelare, il giudice dovrebbe compiere una verifica preliminare sulla concretezza e attualità delle esigenze “ostative”, per accertare la effettiva capacità preclusiva delle allegazioni dell’organo inquirente.

[14] Sottolinea F. Porcu, Le modifiche al codice di rito nel d.d.l. Nordio: un primo commento alla riforma in fieri, cit., p. 7, « come non siano previste eccezioni al contraddittorio preventivo nel caso in cui i presupposti per lo stesso emergano soltanto in relazione ad alcuni degli indagati, con il rischio di vanificare “l’effetto sorpresa” anche nei confronti di coloro per i quali sussistano, ad esempio, le esigenze di cui alle lett. a) e b) dell’art. 274 c.p.p. », perché « il pubblico ministero, nell’ambito dello stesso procedimento, dovrebbe operare con richieste da trasmettere al giudice delle indagini preliminari in tempi sfasati ». Secondo E. Maccora, Il cantiere sempre aperto della giustizia penale. Primissime osservazioni al d.d.l. Nordio ed all’impatto sulle sezioni gip-gup, in Quest. giust., 6 luglio 2023, tale modus operandi costituirebbe, peraltro, « ulteriore aggravio per uffici già molto sofferenti ». Nella medesima direzione muove il parere reso dal CSM, p. 313.

[15] G. Spangher, Il d.d.l. Nordio in materia cautelare: ombre e dubbi, in www.giustiziainsieme.it, 6 settembre 2023.

[16] Sul punto, in senso fortemente critico F. Porcu, Le modifiche al codice di rito nel D.d.l. Nordio: un primo commento alla riforma in fieri, cit., p. 6.

[17] Tuttavia, l’introduzione, eventualmente in via interpretativa, di un simile congegno spiegherebbe effetti utili soltanto dinanzi a fascicoli di minore consistenza per un duplice ordine di ragioni: innanzitutto, perchè il differimento è contenuto in un termine comunque breve (da un minimo di cinque a un massimo di dieci giorni) e poi perchè l’accoglimento dell’istanza è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice (sul punto, Cass., sez. II, 26 giugno 2018, n. 35659, in C.E.D. Cass., n. 273601) che potrebbe non concederla adducendo la necessità di assicurare speditezza alla procedura cautelare.

[18] Sull’elemento soggettivo della latitanza e sulle ricerche da compiere per accertarlo, più di recente, G. Tessitore, La ricerca del latitante, in P. Maggio (a cura di), La nuova disciplina delle intercettazioni, Giappichelli, 2023, p. 477 e ss., nonchè, volendo, G. Colaiacovo, Il latitante, p. 56 e ss. e p. 107 e ss.

[19] G. Spangher, Il d.d.l. Nordio in materia cautelare: ombre e dubbi, in www.giustiziainsieme.it, 6 settembre 2023.

[20] Come si è opportunamente osservato, « non è previsto un termine ad hoc per l’emissione dell’ordinanza: ma nel frattempo l’imputato, anche se è stata richiesta la custodia cautelare, dovrebbe rimanere in libertà » (così G. Illuminati, Le modifiche al processo penale nel d.d.l. Nordio: una prima lettura, cit., p. 892).

[21] La dottrina ha da tempo segnalato l’opportunità di affidare ad un organo collegiale la valutazione cautelare, anche laddove la decisione abbia ad oggetto misure meno afflittive della custodia in carcere: tra gli altri, v. E. Amodio, Inviolabilità della libertà personale e coercizione cautelare minima, in Aa.Vv., Le fragili garanzie della libertà personale. Per una effettiva tutela dei principi costituzionali. Atti del convegno di Trento, 11-13 ottobre 2013, Milano, 2014, p. 17 ss.; G. Conso, La collegialità del g.i.p.: per un’ipotesi praticabile, in Dir. pen. proc., 1996, p. 401 ss.; L. Giuliani, Autodifesa e difesa tecnica nei procedimenti de libertate, Padova, 2013, p. 241 ss.

[22] Più precisamente, l’art. 2 comma 1, lett. l), del disegno di legge prevede l’inserimento nell’art. 328 c.p.p. del comma 1-quinquies, a norma del quale il giudice per le indagini preliminari decide in composizione collegiale l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Su tale modifica ha espresso rilievi critici E. Maccora, Il cantiere sempre aperto della giustizia penale. Primissime osservazioni al DDL Nordio ed all’impatto sulle sezioni gip-gup, cit., reputandola « una norma discutibile, se si considera la filosofia di fondo dell’attuale codice di procedura penale, che consente al giudice monocratico la decisione sulla responsabilità penale per reati puniti con una pena massima non superiore ai dieci anni di reclusione e nel caso di rito abbreviato o di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. anche per reati puniti con pene maggiori. Il progetto riformatore ritiene che una cura maggiore deve essere rivolta al giudizio cautelare custodiale rispetto a quello di cognizione ». Ma il paragone non appare risolutivo, poichè i termini della questione dovrebbero piuttosto essere rovesciati, valutando criticamente la scelta di affidare al giudice monocratico decisioni che possono incidere in maniera tanto rilevante sulla libertà personale.

[23] L’impostazione non cambia qualora all’interrogatorio si proceda dopo l’applicazione della misura cautelare, come si evince dall’interpolazione dell’art. 294, comma 4-bis, ad opera dell’art. 2 comma 1, lett. f), n. 2, del disegno di legge.

[24] Si potrebbe far riferimento — per usare un’espressione risalente — ai c.d. procedimenti “complementari” (G. Sabatini, Trattato dei procedimenti speciali e complementari nel processo penale, Utet, 1956, p. 36 e ss.).

[25] In materia di estradizione, l’art. 717 c.p.p. disciplina l’audizione della persona sottoposta a misura coercitiva e analogamente dispongono l’art. 10, comma 1, della l. 22 aprile 2005, n. 69 e l’art. 14 d. lgs. 7 settembre 2010, n. 161 (sul riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale).

[26] Su questo aspetto, sia consentito qui il rinvio a G. Della Monica, Il mandato di arresto europeo, Giappichelli, 2012, p. 48 e ss., e G. Colaiacovo, Il sistema delle misure cautelari nel mandato d’arresto europeo, Cedam, 2019, p. 111 e ss.

[27] In tema, ancora G. Della Monica, Il mandato, cit., p. 56 e ss., e G. Colaiacovo, Il sistema, cit., p. 94 e ss.

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