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Le Sezioni unite sulla falsità della patente di guida estera

Cassazione penale, Sezioni unite, 24 novembre 2022 (dep. 22 marzo 2023), n. 12064

Presidente Cassano, Relatore Pistorelli, Imp. Hassan, P.M. Picardi (concl. conf)

Con la sentenza che qui brevemente si annota, la Corte di legittimità si pronuncia sulla ascrivibilità della patente di guida risultata falsa all’ambito di operatività degli artt. 477 e 482 c.p., che puniscono il falso in autorizzazioni o certificati amministrativi commesso dal privato.

Nella vicenda giudiziaria, l’imputato, di origine marocchina, era stato condannato in entrambi i gradi di merito per avere formato o fatto formare una falsa patente di guida apparentemente rilasciata dalla competente autorità del Marocco, sulla quale era stata applicata la sua effige.

Nel suo ricorso per cassazione, il difensore ha chiesto l’annullamento della decisione per innocuità del falso, evidenziando l’inidoneità del documento ad abilitare il titolare alla guida sul territorio italiano, per non avere costui ottemperato al disposto degli artt. 135-136 codice della strada, i quali richiedono all’extracomunitario residente da più di un anno di provvedere alla validazione internazionale o alla conversione della patente estera.

Con ordinanza del 10 giugno 2022, n. 23692, la quinta Sezione della Corte di cassazione ha demandato la risoluzione del quesito alle Sezioni unite, evidenziando l’esistenza di un serrato dibattito giurisprudenziale sulla questione se la falsità non grossolana di una patente estera venga in rilievo nel nostro ordinamento penale solo ove il titolo, essendo rispettoso delle ulteriori condizioni di legge, sia concretamente abilitativo alla guida sul territorio italiano, o sia per contro sufficiente che esso sia falso, a prescindere dalla presenza di quei connotati funzionali.

Pronunciandosi in merito, le Sezioni unite dapprima introducono il tema del riconoscimento della patente estera nell’ordinamento italiano, disciplinato dagli artt. 135, 136 e 136 bis del codice della strada, e dalle norme sovranazionali di natura convenzionale (in particolare vengono richiamate la Convenzione ONU sulla circolazione stradale firmata a Vienna l’8 novembre 1968, ratificata con legge n. 308 del 5 luglio 1995; gli accordi bilaterali stipulati dallo Stato italiano con altri Stati; le direttive europee nn. 126 del 2006, 113 del 2009 e 94 del 2011, in materia di patenti rilasciate dai paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo).  

La normativa interna, risultante anche dal recepimento e dall’applicazione delle norme sovranazionali, consente al titolare della patente rilasciata da uno Stato extra-europeo di circolare sul territorio italiano, purché il documento sia conforme ai modelli istituiti dalle convenzioni internazionali e sia integrato da un permesso internazionale di guida o dalla traduzione ufficiale in lingua italiana. Ove però il cittadino extracomunitario sia residente da più di un anno in Italia, egli è tenuto a munirsi della patente italiana procedendo alla conversione del titolo in suo possesso.

Nel caso si tratti, invece, di un cittadino dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, la sua patente è equiparata a quella italiana; se però il cittadino risulta residente in Italia secondo i canoni sanciti dall’art. 118 bis del codice della strada, egli deve procedere al riconoscimento o alla conversione della patente.

Ciò premesso, la Corte passa analiticamente in rassegna gli orientamenti emersi sulla questione controversa affidatale dalla quinta Sezione.

Secondo il primo indirizzo, maggioritario, la falsificazione non grossolana di una patente di guida estera può integrare la fattispecie di cui agli articoli 477 e 482 c.p., soltanto quando ricorrano le condizioni indicate nell’art. 135 codice della strada, altrimenti non potendo rientrare il documento nell’alveo concettuale dell’autorizzazione o della certificazione, non abilitando infatti alla guida di veicoli né certificando l’identità personale (Cass. sez. V, 28 aprile 2021, n. 24227, CED 281439; Cass. sez. V, 10 aprile 2019, n. 21915; Cass. sez. V, 21 gennaio 2019, n. 10314; Cass. sez. V, 17 aprile 2018, n. 21929; Cass. sez. V, 8 marzo 2007, n. 12693).

Non viene dunque in rilievo la tematica del falso innocuo, che presuppone l’appartenenza dell’atto contraffatto o alterato ad una delle categorie documentali menzionate dalla norma incriminatrice, bensì quella della tipicità del fatto sotto il profilo della sua preliminare rispondenza al tessuto lessicale e al contempo dogmatico della norma. L’orientamento in esame, infatti, esclude a monte la possibilità di ritenere la patente estera una “autorizzazione” o un “certificato” (cfr. Cass. sez. V, 28 aprile 2021, n. 24227, cit.).

Altra impostazione giurisprudenziale, cui le Sezioni unite aderiscono, consente invece di ricondurre la patente estera – non grossolanamente falsificata e non accompagnata dall’ulteriore documentazione abilitante alla guida sul territorio nazionale – agli atti enucleabili dall’art. 477 c.p., siccome trattasi di un titolo che, seppur solo potenzialmente autorizzativo alla guida in Italia, è fornito di un rilievo giuridico-probatorio intrinseco, esprimendo un preciso contenuto «richiesto dalla legge affinché esso, posto insieme agli altri titoli e condizioni necessari per l’abilitazione alla guida, svolga la sua funzione legittimante» (Cass. sez. V, 27 ottobre 2021, n. 45255, CED 282252; Cass. sez. V, 15 febbraio 2021, n. 10304, CED 280847; Cass. sez. V, 27 settembre 2018, n. 57004, CED 274172).

Si consideri infatti – spiega la Corte – che anche gli atti pubblici stranieri assumono rilievo nel nostro ordinamento innescando, nei casi patologici, l’applicazione delle norme incriminatrici a tutela della fede pubblica, ove le norme interne riconducano a detti atti un effetto giuridico; sotto questo versante, ritiene il supremo Consesso riunito che «se la contraffazione della patente straniera non si rivela grossolana, è certamente idonea ad incidere sulla sua intrinseca funzione documentale, che è quella di comprovare il conseguimento in uno Stato estero del titolo abilitativo alla guida».

In estrema sintesi, le Sezioni unite respingono il primo orientamento citato poiché esso propugna un indebito restringimento del rilievo del titolo, limitandolo alla sola idoneità abilitativa alla guida sul territorio nazionale, astrattamente funzionale a farlo rifluire nella nozione di “autorizzazione amministrativa”; paiono invece attribuire pregnanza, ai fini della risoluzione della questione controversa, alle capacità dimostrative comunque insite nel documento in esame, che lo rendono ascrivibile alla nozione di “certificato amministrativo”, poiché esso attesta che il relativo titolare è abilitato alla guida nel paese di origine, circostanza peraltro basilare affinché la patente estera, coordinata con gli altri documenti richiesti dalla legge italiana, possa sortire effetti abilitativi anche sul nostro territorio nazionale (cfr. sul punto anche l’ordinanza di rimessione, pag. 3).

Concludono formulando il seguente principio di diritto: «la contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale».

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