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Non basta che il cellulare agganci la cella per provare la partecipazione alla rapina

Cass. pen., Sez. V, 27 marzo 2023, n. 12771

1 -L’incerta efficacia probatoria del c.d. positioning.

La pronuncia in commento si caratterizza per aver esattamente puntualizzato l’efficacia probatoria della localizzazione tramite tracciamento telefonico (c.d. positioning), tecnica investigativa da distinguere dalla localizzazione satellitare (mediante GPS). La sentenza, dopo aver ricordato che è massima di esperienza che ogni apparato telefonico mobile emetta una frequenza che consente allo stesso di collegarsi alla cd. cella più vicina quando vi è traffico telefonico in atto, aggiunge che ogni cella si riferisce a una determinata porzione di territorio, entro la quale è collocata un’antenna capace di recepire il segnale del telefono che si venga a trovare in sua prossimità. Poiché il segnale è ricevuto con intensità diversa a seconda della vicinanza a una cella o a un’altra, è possibile stabilire soltanto con una certa approssimazione la posizione del telefono che emette il segnale. Poiché, dunque, l’apparato radiomobile che aggancia una determinata cella può trovarsi in tutti i punti del territorio che ricadono all’interno di essa, la possibilità di identificare la sua posizione è strettamente collegata alla superficie di copertura della cella stessa: in altri termini, la precisione è maggiore se la cella è piccola (cella urbana), minore, se si tratta di una macrocella, tipica degli ambienti extraurbani. A ciò dovendosi aggiungere che, in particolari condizioni di sovraccarico telefonico, è ben possibile che l’apparato telefonico mobile agganci una cella contigua alla porzione di territorio in cui si trovi, che risulti più libera. La conclusione cui giunge la Corte di cassazione è che le indicazioni fornite dal segnale captato dalla cella non consentono l’esatta localizzazione dell’utenza abbinata ad un apparecchio telefonico mobile, sussistendo margini di errore anche di centinaia di metri, se non di chilometri.

2 – La necessità di altri elementi di riscontro.

Sulla base di tali premesse, la sentenza afferma che, pertanto, il giudice, per poter affermare che l’imputato, nei due o tre minuti in cui la sua utenza telefonica aveva agganciato la cella, avesse compiuto un sopralluogo presso la dimora delle vittime avrebbe dovuto motivare nel modo seguente. Anzitutto il giudice avrebbe dovuto indicare a sostegno elementi specifici atti a comprovare non solo la presenza fisica dell’imputato nell’area della cella – dal momento che l’utenza ben avrebbe potuto essere detenuta da altri -, ma anche – una volta verificata la detta presenza fisica – quale fosse la sua precisa posizione all’interno del territorio coperto dalla stessa in rapporto all’ubicazione della casa successivamente fatta oggetto dell’azione predatoria. Inoltre, il giudice medesimo avrebbe dovuto dar conto, tramite il riferimento ad elementi oggettivi, delle ragioni per le quali avesse interpretato il registrato breve passaggio dell’apparecchio telefonico dell’imputato per la cella come un sopralluogo, ad esempio spiegando se i partecipanti alla spedizione avessero già scelto il bersaglio e si fossero recati in prossimità di esso solo per mettere a punto i dettagli.

Poiché tale iter logico difetta del tutto nella motivazione, la suprema Corte, sulla base dei summenzionati principi di diritto, ha annullato la sentenza di condanna con rinvio alla Corte d’appello.

3 – Conclusioni.

La pronuncia annotata si caratterizza per il rispetto dei criteri di accertamento della responsabilità dell’imputato. A fronte di una giurisprudenza che troppo spesso si affida alla localizzazione tramite tracciamento telefonico (c.d. positioning), considerandola una prova certa e inequivocabile e talvolta l’unica, la sentenza in commento si mostra correttamente assai rigorosa. Essa precisa anzitutto l’approssimazione di tale localizazione e, di conseguenza, esige la presenza di altri elementi che dimostrino che il portatore del dispositivo era proprio l’imputato, e non altri; inoltre ritiene necessaria l’indicazione della sua precisa posizione sul territorio rispetto al luogo del reato; infine la Corte di cassazione richiede una motivazione che, sulla base di elementi oggettivi, spieghi le ragioni per le quali il giudice interpreta come un sopralluogo il registrato breve passaggio dell’apparecchio telefonico dell’imputato nell’ambito della cella telefonica.

La sentenza fa corretta applicazione della nuova disciplina intertemporale introdotta dall’art. 1 d.l. 30.9.2021, n. 132, conv. dalla l. 23.11.2021, n. 178, che, per i dati relativi al traffico telefonico o telematico acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, stabilisce che possono essere utilizzati a carico dell’imputato “solo unitamente ad altri elementi di prova” e soltanto per alcuni reati, come nel caso di specie, per il delitto di rapina aggravata.


Cassazione penale sez. V – 14/02/2023, n. 12771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PISTORELLI Luca – Presidente –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere – Dott. CANANZI Francesco – Consigliere – Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere – Dott. MAURO Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
F.A. nato il (Omissis);
avverso la sentenza del 23/04/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di VENEZIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità come da requisitoria in atti.
Il difensore di parte civile, avvocato Milan, si riporta alle conclusioni che deposita unitamente alla nota spese.
Il difensore del ricorrente avvocato Belloli, insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di assise di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza della Corte di assise di Verona in data 4 settembre 2020, ha rideterminato in anni undici di reclusione la pena inflitta ad F.A. per i delitti di rapina aggravata (capo A) e di omicidio preterintenzionale (capo B), per avere concorso con F.C.S., C.I. e N.C., separatamente giudicati, nell’impossessamento di denaro ed altri beni di proprietà di F.A. e F.G., loro sottratti dall’abitazione di (Omissis) facendo uso della violenza, e nel cagionare a F.G. lesioni personali che ne provocavano il decesso a distanza di otto giorni dall’aggressione (fatti commessi il (Omissis)).

2. Il ricorso per cassazione nell’interesse di F.A. consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione secondo quanto stabilito dall’art. 173 disp. att. c.p.p..

  • Il primo motivo denuncia vizio della motivazione: la Corte di assise di appello, pur avendo ammesso che F.A. non era presente in (Omissis) nel momento in cui venne consumata la rapina ai danni dei F., aveva illogicamente ritenuto che, nei soli due minuti in cui la scheda telefonica in suo uso aveva agganciato la cella dell’aeroporto di (Omissis), egli aveva compiuto un sopralluogo nei pressi dell’abitazione individuata come bersaglio dell’azione predatoria, quand’invece, in assenza di ulteriori elementi atti a comprovare l’effettiva verificazione di una sosta finalizzata ad esaminare lo stato dei luoghi e a decidere la strategia più idonea per portare a termine il reato progettato, l’evidenza restituita dai tabulati telefonici avrebbe dovuto essere interpretata alla stregua di suo passaggio veloce in auto.
  • Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al delitto di omicidio preterintenzionale: difetterebbe la prova del nesso eziologico tra gli atti diretti a percuotere o ledere F.G. e la morte di questi, intervenuta per emorragia cerebrale a distanza di diversi giorni dalla rapina, risultando dalla documentazione sanitaria in atti soltanto che la vittima aveva riportato escoriazioni ed abrasioni varie e che faceva uso di farmaci anticoagulanti, di modo che, in assenza di un riscontro necroscopico, non sarebbe appagante l’argomentazione, rassegnata sul punto dalla Corte territoriale, secondo la quale il decesso non avrebbe avuto una spiegazione causale alternativa, essendo stato l’anziano F. sottoposto a sorveglianza medica senza soluzione di continuità dal suo ricovero presso il Pronto Soccorso di (Omissis) sino all’exitus.
  • Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 116, comma 2, c.p. e vizio di motivazione: il ricorrente avrebbe meritato il riconoscimento della diminuente del concorso anomalo, risultando dalla stessa sequenza dei fatti, per come accertata dalla Corte territoriale, che F.A. aveva voluto la rapina prevendendo, al più come conseguenza della stessa, soltanto le lesioni personali inflitte a F.G., non anche la sua morte.
  • Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 81 cpv. c.p. e vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al rigetto della richiesta di rideterminazione della pena prendendo a base del calcolo il più grave delitto di rapina; in particolare, la correttezza processuale e l’atteggiamento collaborativo dell’imputato avrebbero dovuto essere valutati per il riconoscimento delle invocate attenuanti ex art. 62-bis c.p.

3. Con requisitoria in data 13 gennaio 2023, il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dottor E. ha anticipato la richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. In data 18 gennaio 2023 è stata depositata dal difensore di F.A. richiesta di trattazione orale del ricorso, che è stata accolta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

1. Il primo motivo coglie nel segno ed è assorbente delle residue doglianze.

1.1. La Corte territoriale, riesaminato il materiale probatorio, pur avendo riconosciuto che F.A. non poteva dirsi presente nella casa dei F. nel momento in cui ebbe luogo la rapina e l’aggressione rivelatasi fatale per F.G., ha tuttavia ritenuto che emergessero una messe di ulteriori elementi atti a comprovare la sua partecipazione alla commissione dei reati ascrittigli.

In proposito, il Collegio di merito, richiamati in dettaglio i risultati del monitoraggio del traffico telefonico sulle utenze in uso non solo all’ A., ma anche al defunto M.C. nonché a N.C. e C.I. – siccome riscontrati, in ordine al profilo della loro pregressa conoscenza, dal contenuto dell’annotazione di Polizia Giudiziaria in data (Omissis), e, in ordine al loro coinvolgimento nella rapina perpetrata ai danni dei F., dal rinvenimento presso il cadavere di M. della carta d’identità di F.A. -, ha evidenziato come la partecipazione dell’ A. all’illecita spedizione si fosse estrinsecata nella preparazione della rapina, mediante il compimento – assieme a C. – di un sopralluogo presso l’abitazione dei F. in (Omissis), e nell’aiuto successivamente prestato agli autori materiali dei reati ivi commessi, mediante il loro recupero e il loro trasporto a (Omissis) (da dove tutti erano partiti), tanto evincendosi dal tracciato delle celle telefoniche agganciate dall’utenza del ricorrente nell’arco temporale compreso tra la sera del (Omissis) – in cui era stato registrato il suo passaggio per (Omissis) tra le 22:15 e le 22:17 – e le prime ore del (Omissis) – nelle quali era stato ricostruito il suo spostamento da (Omissis) a (Omissis), passando per (Omissis).

1.2. Ciò posto, la motivazione di cui si è dato conto si appalesa apodittica.

È massima di esperienza che ogni apparato telefonico mobile emette una frequenza che consente allo stesso di collegarsi alla cd. “cella” più vicina quando vi è traffico telefonico in atto. Ogni cella si riferisce a una determinata porzione di territorio, entro la quale è collocata un’antenna capace di recepire il segnale del telefono che si venga a trovare in sua prossimità. Poiché il segnale è ricevuto con intensità diversa a seconda della vicinanza a una cella o a un’altra, è possibile stabilire soltanto con una certa approssimazione la posizione del telefono che emette il segnale. Poiché, dunque, l’apparato radiomobile che aggancia una determinata cella può trovarsi in tutti i punti del territorio che ricadono all’interno di essa, la possibilità di identificare la sua posizione è strettamente collegata alla superficie di copertura della cella stessa: in altri termini, la precisione è maggiore se la cella è piccola (cella urbana), minore, se si tratta di una “macrocella”, tipica degli ambienti extraurbani. A ciò dovendosi aggiungere che, in particolari condizioni di sovraccarico telefonico, è ben possibile che l’apparato telefonico mobile agganci una cella contigua alla porzione di territorio in cui si trovi, che risulti più libera. Le indicazioni fornite dal segnale captato dalla cella non consentono, dunque, l’esatta localizzazione dell’utenza abbinata ad un apparecchio telefonico mobile, sussistendo margini di errore anche di centinaia di metri, se non di chilometri. Tale premessa rende ragione della valutazione espressa con riguardo all’argomentazione rassegnata dalla Corte territoriale a sostegno della partecipazione dell’ A. ai reati commessi in casa dei F.

Estromesse dall’impianto motivazionale della sentenza impugnata le dichiarazioni rese da F.A. – che aveva riconosciuto nell’ A. uno degli esecutori materiali della rapina in suo danno -, in quanto smentite da altre evidenze probatorie, il giudice di appello, nell’affermare che il ricorrente, nei due o tre minuti in cui la sua utenza telefonica aveva agganciato la cella di ‘(Omissis)’, aveva compiuto un sopralluogo presso la dimora dei F., allo scopo di conferire concretezza alla propria enunciazione, avrebbe dovuto indicare a sostegno elementi specifici atti a comprovare non solo la presenza fisica di questi nell’area della cella – dal momento che l’utenza ben avrebbe potuto essere detenuta da altri -, ma anche – una volta verificata la detta presenza fisica – quale fosse la sua precisa posizione all’interno del territorio coperto dalla stessa in rapporto all’ubicazione della casa successivamente fatta oggetto dell’azione predatoria. Il giudice medesimo avrebbe, parimenti, dovuto dar conto, tramite il riferimento ad elementi oggettivi, delle ragioni per le quali avesse interpretato il registrato breve passaggio dell’apparecchio telefonico dell’ A. per la cella di (Omissis) come un sopralluogo, ad esempio spiegando sei partecipanti alla spedizione avessero già scelto il bersaglio e si fossero recati in prossimità di esso solo per mettere a punto i dettagli.

1.3. Tanto essendo mancato, e di conseguenza stigmatizzato come astratto il ragionamento seguito dalla Corte di merito per giungere all’affermazione della responsabilità concorsuale del ricorrente per i delitti di cui alle imputazioni, la sentenza oggetto di scrutinio merita di essere cassata onde consentire al giudice del rinvio di colmare le lacune argomentative evidenziate.

2. Per tutto quanto esposto, s’impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia. Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2023. Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2023.

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