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PREMIO NAZIONALE “ERNESTO D’IPPOLITO”

Diamo notizia del Premio Nazionale “Ernesto d’Ippolito” alla migliore tesi di laurea in materie penalistiche.

Tesi di laurea in: Diritto processuale penale comparato

Il passaggio dal processo penale del «fatto» al processo penale del «fenomeno»: problematiche sostanziali e processuali della “lotta” al terrorismo internazionale

Relatore: Ch.mo Prof. Gaspare Dalia
Candidata: Francesca Marino

Abstract

L’obiettivo perseguito dal lavoro è stato quello di dimostrare come, nel passaggio da un processo penale che abbia ad oggetto l’accertamento di un «fatto» di reato ad un processo penale volto alla repressione di determinati «fenomeni» criminali, si determini una significativa compressione dei diritti fondamentali, anche nella loro forma di garanzie processuali.

La disamina in oggetto prende le mosse dalla distinzione dei due concetti di «fatto» e di «fenomeno».
In particolare, a partire dal concetto di «fatto» nell’ambito del procedimento penale, e alla luce di quella che è la primaria funzione di garanzia del diritto processuale penale, si è evidenziato come, non appena ci si allontani dall’accertamento del «fatto», che può essere opportunamente realizzato soltanto in presenza di un giudice terzo ed imparziale, ci si sposta quasi automaticamente verso schemi inquisitori.
D’altro canto, con l’analisi del concetto di «fenomeno», si è tentato, in particolar modo, di sottolineare come la sua origine, in ambito penalistico, sia fortemente influenzata dalla percezione che eventualmente si abbia di un determinato «fatto» di reato, a sua volta appositamente determinata dalla c.d. realtà mediata, vale a dire da una realtà creata dai media, non corrispondente a quella effettuale. Si ha, dunque, una percezione del crimine evidentemente manipolata dal circuito politico-mediatico, da cui scaturiscono urgenti richieste di sicurezza. Richieste di sicurezza che, a loro volta, trovano il proprio riscontro fattuale in una legislazione penale simbolica.

Peraltro, come si è avuto modo di appurare nell’articolazione dell’elaborato, il passaggio dal «fatto» di reato al «fenomeno» criminale trova il suo presupposto concettuale nella teorica di matrice tedesca del «diritto penale del nemico». La scelta del «fenomeno» criminale per eccellenza, frutto di tale passaggio, al fine di poterne analizzare le conseguenze pratiche, è ricaduta, per i profili di maggior pregnanza suscitati dal tema, sul terrorismo internazionale di matrice islamica.

Nel passaggio logico successivo del lavoro, è stata analizzata la risposta degli ordinamenti a tali fenomeni, ponendo, in primo luogo, l’attenzione sull’ordinamento italiano e, in particolare, sulla legislazione penale simbolica di contrasto al terrorismo internazionale, che si manifesta con una notevole anticipazione della soglia di punibilità, con la rivitalizzazione delle misure di prevenzione e con il c.d. doppio binario processuale. In secondo luogo, con sguardo comparatistico, sono state approfondite le risposte, a livello politico e legislativo, degli ordinamenti statunitense e francese, all’indomani dei più recenti attentati terroristici; reazioni, queste, tutte ispirate al concetto di “terrorismo di guerra”.
Dopo l’analisi della risposta legislativa, è sorto altresì l’interrogativo in relazione alla reazione giurisprudenziale: si è dimostrato, infatti, come anche la giurisprudenza, alla luce della disamina di diverse pronunce, si sia attestata sempre di più, nell’ambito della repressione al terrorismo, su posizioni distanti dai principi penalistici di materialità ed offensività. Funzionale alla dimostrazione di un ruolo meno garantista della giurisprudenza, in relazione a determinati «fenomeni», è stato anche l’approfondimento di tre principi elaborati e riconosciuti dalle Corti superiori di Italia, Germania e Francia. Si fa riferimento, in particolare, al principio italiano di «non dispersione probatoria», a quello tedesco di «buon funzionamento della giustizia penale» e a quello francese di «fraternité».

Infine, si è posto in luce come tutte queste reazioni, che si determinano sul piano politico, legislativo – sostanziale e processuale – e giurisprudenziale, allorquando si realizzi il passaggio dal «fatto» di reato al «fenomeno» criminale, comportino un’inevitabile compressione dei diritti fondamentali e di quei principi costituzionali, penalistici e processual-penalistici, che ne costituiscono il baluardo.

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