Introduzione
È stata pubblicata la L. 13 novembre 2023, n. 159 (G.U. n. 266 del 14 novembre 2023) che dispone la conversione, con emendamenti, del DL 15 settembre 2023, n. 123, ‘recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale, noto come ‘Decreto Caivano’.
La premessa dello stato di necessità ed urgenza del decreto-legge è stata ravvisata nelle ‘situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile nel territorio del comune di Caivano’ ed è citato nel preambolo; tuttavia, le disposizioni introducono anche interventi generali in materia penale, in tema di obbligo di istruzione e responsabilità genitoriale, nonché in ambito di protezione dei dati personali.
Il provvedimento è composto da 25 articoli per un totale di 124 commi ed è suddiviso in quattro capi. Il Capo I introduce disposizioni connesse al territorio del Comune di Caivano, mentre i Capi successivi riguardano interventi in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile, di offerta educativa e per la sicurezza dei minori in ambito digitale.
Segnaliamo i profili di interesse penale e processuale.
Misure di prevenzione
DASPO urbano. Introduzione
L’intervento amplia gli strumenti introdotti con il decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” (‘Decreto Minniti’), convertito, con modificazioni, dalla legge numero 48/2017, in particolare il ‘divieto di accesso’ (art. 10), ‘le misure di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti all’interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi’ (art. 13) nonché quelle previste ‘per la prevenzione di disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento’ (art 13 bis). si tratta di strumenti modellati sui divieti di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO).
a) Divieto di accesso. (art. 10)
1. Presupposto per l’intervento dell’autorità di pubblica sicurezza è la reiterazione delle condotte descritte nel precedente articolo 9 del ‘Decreto Minniti’ che prevede una sanzione amministrativa per <<chiunque ponga in essere condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle infrastrutture fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano e delle relative pertinenze.>> in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi. La disposizione prevede l’allontanamento dal luogo in cui è commesso il fatto. I regolamenti di polizia urbana possono, inoltre, individuare aree urbane su cui insistono ‘presidi sanitari, scuole, plessi scolastici e siti universitari musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli ovvero adibite a verde pubblico’, a cui estendere l’operatività della disciplina in analisi. Qualora sussista la reiterazione delle condotte previste dall’art 9, il questore, se dalla condotta tenuta possa derivare pericolo per la sicurezza pubblica, può disporre, con provvedimento motivato, il divieto di accesso ad una o più aree specificamente indicate, determinando, altresì le modalità applicative in modo che le stesse siano compatibili con esigenze di mobilità salute e lavoro del destinatario dell’atto. In caso di inosservanza in contravventore è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno (art 10 comma 2). La durata del provvedimento non può essere superiore a 12 mesi; tuttavia, tale termine non può, invece, essere inferiore a 12 mesi né superiore a due anni qualora il prevenuto sia stato condannato con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, nel corso degli ultimi 5 anni per reati contro la persona o il patrimonio. In questo caso la violazione del divieto è punita con l’arresto da uno a due anni (art 10 comma 3). Se l’interessato è un minorenne il questore informa il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Nella ipotesi di cui al comma 2 dell’art 10, in cui il questore dispone solo il divieto di frequentazione determinati luoghi, il relativo provvedimento sembra essere sottratto al controllo giurisdizionale, potendo essere sindacato solo in sede di giustizia amministrativa. Nei casi di cui all’articolo 10 comma 3, invece, il comma 4 citava esplicitamente l’operatività, in quanto compatibile, dell’ art 6, commi 2-bis, 3 e 4, l. 13 dicembre 1989 n 401 (interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini) che prevede la convalida del provvedimento con l’applicazione della disciplina della notifica in cui deve essere contenuto l’avviso della facoltà di presentare personalmente, o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni (comma 2- bis), la convalida davanti al giudice per le indagini preliminari competente per territorio con riferimento alla prescrizione dell’obbligo di presentazione agli uffici di polizia (comma 3) e la ricorribilità per Cassazione della relativa ordinanza (comma 4).
2. Ora il divieto di accesso diviene applicabile agli ultraquattordicenni che abbiano posto in essere ‘condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle predette infrastrutture, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti’ (art. 10). In tali casi il provvedimento sarà notificato agli esercenti la potestà genitoriale e comunicato al Procuratore presso il Tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore.
3. Si segnala che l’interpolazione elimina di fatto i rimedi giurisdizionali, sostituendo il comma 4.
b) Divieto di accesso riferito al contrasto del traffico di stupefacenti. (art. 13)
1. Nell’originaria previsione il questore può disporre, per ragioni di sicurezza, un divieto di accesso o di stazionamento nelle immediate vicinanze di locali o esercizi pubblici nei confronti di persone che abbiano riportato una o più denunce o siano state condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni per il reato di vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope per fatti commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico ovvero in pubblici esercizi. I locali devono essere indicati in modo specifico. Il divieto poteva già esser disposto anche nei confronti di soggetti minori degli anni 18 che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. In tale ipotesi il decreto è notificato a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. La durata del provvedimento non può essere inferiore ad un anno né superiore a 5 anni ed è disposto individuando modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute, lavoro e studio del destinatario dell’atto. La violazione del divieto è punita con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8000 a 20.000 euro. Nella ipotesi aggravata di cui al comma 3, la durata massima è sino a due anni. Il questore può accompagnare il divieto con obblighi specifici, singolarmente o cumulativamente: 1) obbligo di presentazione alla polizia; 2) obbligo di rientrare nella propria abitazione a una determinata ora e non uscirne prima di un’ora prefissata; 3) divieto di allontanarsi dal Comune di residenza; 4) obbligo di comparire in un ufficio di polizia negli orari di entrata e uscita dagli istituti scolastici. Tale disposizione era prevista ‘se il destinatario risultava già condannato negli ultimi tre anni con sentenza definitiva’. A fronte di tali più gravi divieti si estendono, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 6 comma 2-bis, 3 e 4 l. 13 dicembre 1989 n 401 (interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini) (ut supra). Nei casi di condanna per i reati di cui al comma 1 commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di locali pubblici o aperti al pubblico la concessione della sospensione condizionale della pena poteva essere subordinata all’imposizione del divieto di accedere ai locali pubblici o pubblici esercizi specificamente individuati.
2. Le disposizioni in commento estendono la previsione a tutte le contestazioni di violazione delle norme sugli stupefacenti di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90. Ampliandola, inoltre a tutti i luoghi di spaccio individuati dal comma 1 dell’articolo 13 (scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, pubblici esercizi). L’ipotesi di cui al comma 3, aggravata da obblighi e di durata superiore, diviene applicabile <<quando ricorrano specifiche ragioni di pericolosità>> con una estensione della discrezionalità particolarmente insidiosa. La pena per la violazione del divieto viene aumentata (passando ad una pena da uno a tre anni) rendendo possibile il fermo del minore. Si segnala, inoltre, che ‘nei casi di condanna per i reati commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in pubblici esercizi la concessione della sospensione condizionale della pena è sempre subordinata all’imposizione del divieto di accedere in locali pubblici o pubblici esercizi specificamente individuati. l’ipotesi è, dunque, estesa a tutte le violazioni dell’art. 73 D.P.R. 309/90 (comma 7).
c) Divieto di accesso in pubblici esercizi o locali. (art. 13-bis)
1. Al di fuori dei casi di cui all’articolo precedente, il questore può disporre, per ragioni di sicurezza, un ulteriore divieto di accesso e stazionamento nelle immediate vicinanze in relazione a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi reati ovvero delle persone con le quali l’interessato si associa che devono essere specificamente indicate. I destinatari sono soggetti denunciati negli ultimi tre anni, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione di gravi disordini, avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio o aggravati dalla finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ovvero dallo scopo di agevolare l’attività di organizzazione, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi tali finalità. Nei confronti di persone poste in stato di arresto o di fermo convalidato dall’autorità giudiziaria o condannate anche con sentenza non definitiva, il questore può estendere l’ambito del divieto di accesso e stazionamento ai pubblici esercizi o ai locali del territorio dell’intera provincia. La durata non può essere inferiore ai sei mesi né superiore a due anni la violazione dei divieti è punita con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8000 a 20.000 euro. Tale divieto poteva già essere disposto anche nei confronti di soggetti ultraquattordicenni ed il provvedimento doveva essere notificato coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. Il questore può prescrivere alle persone sottoposte al divieto di comparire personalmente una o più volte, negli orari indicati negli uffici di polizia. In questo caso sono esplicitamente richiamati i commi 3 e 4 dell’art 6 l. 13 dicembre 1989 n 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini), con riferimento ai quali si richiama quanto detto in precedenza. Si segnala altresì l’inspiegabile omissione nel comma 2-bis che riguarda la previsione della notifica contenente l’avviso della facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni all’autorità giudiziaria competente. Tale previsione finalizzata a garantire una seppur minima compatibilità costituzionale dell’istituto deve ritenersi in ogni caso applicabile.
2. La norma in commento estende il divieto a soggetti denunciati per ‘porto di armi od oggetti atti ad offendere’ (art- 4 l. 110/75), ‘violenza o minaccia a pubblico ufficiale’ (art. 336 c.p.) e ‘resistenza a pubblico ufficiale’ (art. 337 c.p.). L’applicabilità viene estesa ai soggetti agli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.) o in custodia cautelare in carcere (285 c.p.). La durata viene estesa divenendo non inferiore ad uno né superiore a tre anni. Per l’ipotesi di cui al quarto comma, relativa all’ulteriore prescrizione della presentazione all’ufficio di polizia viene prevista una durata massima di due anni. Anche in questo caso la sanzione per la violazione degli obblighi viene inasprita passando a una reclusione ‘da uno a tre anni’, quel tanto che basta per rendere consentito l’accompagnamento del minore presso gli uffici di polizia in caso di flagranza (vds. ultra)
Codice antimafia. Introduzione
Il decreto legislativo, 6 settembre 2011, n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli art. 1 e2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”, in G.U. 28 settembre 2011, n. 266, suppl. ord. n. 1, raccoglie nel Libro I ‘le misure di prevenzione’ e tratta al Capo I ‘le misure di prevenzione personali applicate dal questore’.
L’art. 1 definisce i ‘soggetti destinatari’, delimitando la pericolosità generica: a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
La Corte Costituzionale ha precisato da tempo che la mera appartenenza a tali categorie è condizione necessaria, ma non sufficiente per la sottoposizione ad una misura di prevenzione, poiché occorre un particolare comportamento che dimostri come la pericolosità sia effettiva ed attuale non meramente potenziale (C. cost. 17 marzo 1969, n. 32).
Nello stesso Capo si prevede il foglio di via obbligatorio (art. 2) applicabile dall’autorità di pubblica sicurezza ai soggetti appartenenti alle categorie elencate.
a) Foglio di via
1. Il foglio di via obbligatorio è applicabile dal questore ad uno dei ‘soggetti destinatari’ di cui al l’art.1, che risulti essere attualmente pericoloso per la sicurezza pubblica e si trovi fuori dai luoghi di residenza. Il provvedimento consiste in un ordine di allontanamento e divieto di ritorno, senza autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale è stato allontanato. L’art 76, comma 3, Codice Antimafia punisce con l’arresto da uno a sei mesi chi viola il provvedimento imposto dal questore sia contravvenendo all’ordine di ritornare nel comune vietato sia non allontanandosi dallo stesso. Nella sentenza di condanna si doveva disporre che il contravventore venisse tradotto al luogo del rimpatrio.
Questa misura di prevenzione si caratterizza per la duplice intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune da cui si è allontanati. Tali prescrizioni sono state ritenute dalla giurisprudenza imprescindibili ed inscindibili al fine di valutare la legittimità del provvedimento.
2. L’articolo, completamente sostituito dalla novella, mira a rimuovere le ‘criticità’ dovute all’interpretazione giurisprudenziale. In primo luogo, si introduce un espresso riferimento al luogo di dimora abituale. Si prevede esplicitamente la necessità di un provvedimento motivato del questore, nonché anche un termine non superiore a quarantotto ore per ottemperare all’ordine. La durata del divieto potrà essere non inferiore a sei mesi e non superiore a quattro anni. Viene espressamente prevista l’efficacia della sola parte che dispone il divieto di ritorno, nel caso in cui al momento della notifica l’interessato abbia già lasciato il territorio del comune dal quale il questore ha disposto l’allontanamento. L’inottemperanza all’ordine di allontanamento o rientro senza autorizzazione nel territorio inibito (articolo 76, comma 3) diviene un delitto e la pena è aumentata con la reclusione da sei a diciotto mesi e con la multa fino a 10.000 euro. La previsione di traduzione al luogo del rimpatrio nel dispositivo della sentenza di condanna, di cui al secondo periodo, viene soppressa.
b) Avviso orale
1. L’art. 3 del Codice antimafia disciplina il provvedimento con cui il questore può avvisare oralmente i soggetti destinatari (ovvero quelli abitualmente dediti a traffici delittuosi o a vivere con i proventi di attività delittuose, ovvero gli abitualmente dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica) che esistono indizi a loro carico, indicando i motivi che li giustificano, invitandoli a tenere una condotta conforme alla legge.
2. Con l’articolo 5 (Disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile), sono introdotte ulteriori modifiche al Codice Antimafia , tra cui la possibilità di rivolgere l’avviso orale (art. 3) anche a minori ultraquattordicenni. Mentre l’ammonimento di cui al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.) potrà essere applicato agli ultraquattordicenni nei casi di bullismo nei confronti di minorenni, a prescindere dalla proposizione della querela, e a ultradodicenni ‘per i delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni’. In tali casi è prevista la comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Il questore, prima di emettere il provvedimento, dovrà convocare il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale. Gli effetti dell’avviso orale di cui al presente comma cessano comunque al compimento della maggiore età.
3. Ha avuto particolare clamore l’ipotesi di divieto di utilizzare piattaforme informatiche e possedere e utilizzare telefonini (art. 3 comma 6-bis). Interdizione, già recentemente bocciata dalla Corte costituzionale (C. cost. n. 2/2023) , viene riproposta per i condannati, anche con sentenza non definitiva, “per delitti contro la persona, il patrimonio ovvero inerenti alle armi o alle sostanze stupefacenti”. È prevista la facoltà per il proposto di <presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memoria o deduzioni al giudice competente per l’applicazione del divieto>. In sede di conversione viene introdotto il parere del pubblico ministero, tuttavia, il contraddittorio resta carente.
4. Nei casi di ammonimento nei confronti di minori tra i dodici e i quattordici anni, viene introdotta una sanzione amministrativa applicabile al ‘soggetto che era tenuto alla sorveglianza del minore o all’assolvimento degli obblighi educativi’, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto.
Armi
Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi
1. La Legge del 18/04/1975 n. 110 ‘Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi’ Pubblicata in G.U n. 105 del 21 aprile 1975 c.d. ‘Legge Armi’ definisce e disciplina una materia disorganica, imprecisa ed oggetto di numerosi interventi. L’art. 4 ‘Porto di armi od oggetti atti ad offendere’ definisce come tali: armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione (comma 1) nonché le c.d. ‘ami improprie’: bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, strumenti riproducenti armi, nonché i puntatori laser o oggetti con funzione di puntatori laser. (comma 2)
2. La pena per chi porta tali armi e strumenti atti ad offendere fuori dall’abitazione è quella dell’arresto che diviene da uno a tre anni (art. 4 comma 3). Il quarto comma pone il divieto di portare armi nelle riunioni pubbliche, anche per persone munite di licenza. Il secondo periodo prevede per il contravventore la pena dell’arresto da quattro a diciotto mesi oltre all’ammenda da euro 103 a euro 413; mentre il terzo periodo dispone che ‘quando il fatto è commesso da persona non munita di licenza’ è punito con l’arresto che la novella aumenta dalla precedente previsione da uno a tre anni all’attuale da due a quattro anni e con l’ammenda da 3.000 euro a 20.000 euro. Il quinto comma, infine, punisce il porto in una riunione pubblica degli altri strumenti previsti dai primi due commi con la pena dell’arresto con pena che viene elevata a ‘da uno a tre anni’ e con l’ammenda da 2.000 euro a 20.000 euro.
Porto di armi per cui non è ammessa la licenza
1. Il decreto in vigore dal 16 settembre 2023 aveva elevato nel massimo la pena dell’arresto per la contravvenzione relativa al ‘porto di armi per cui non è ammessa la licenza’ prevista dall’art. 699, secondo comma c.p. portandola a quattro anni. In sede di conversione viene introdotta una nuova fattispecie che comporta l’interpolazione dell’art. 4-bis nella ‘Legge Armi’, cui consegue l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 699 c.p. (disposta dal comma successivo). La ‘nuova’ ipotesi di delitto: salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque, fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa porta un’arma per cui non è ammessa la licenza è punito con la reclusione da uno a tre anni. Il secondo comma prevede l’aggravante quando il fatto è commesso: a) da persone travisate o da più persone riunite; b) all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione; c) nelle immediate vicinanze di istituti di credito, uffici postali e sportelli automatici, parchi, giardini pubblici, stazioni, anche metropolitane, luoghi destinati alla sosta o fermata di mezzi pubblici; d) in un luogo in cui vi sia concorso o adunanza di persone ovvero una riunione pubblica. In tali casi la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Arresto facoltativo in flagranza e aggravante
La disposizione in esame aggiunge la nuova ipotesi di delitto di cui all’art. 4-bis ‘Legge Armi’ ai casi in cui è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Appare dunque evidente che gli emendamenti sono stati finalizzati a raggiungere lo scopo di consentire l’arresto facoltativo per il ‘porto di armi per cui non è consentita la licenza’ che non si era raggiunto elevando la pena prevista per la contravvenzione di cui all’art 699 c.p. La nuova ipotesi prevede una pena minima di tre anni e si aggiunge ai casi di aggravamento di pena ‘se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione delle misure di prevenzione antimafia’, previsti dall’art. 71 del codice antimafia.
Porto abusivo di armi art. 699 c.p.
Come anticipato, in sede di conversione del decreto, la previsione del 699, secondo comma c.p. è stata abrogata e la fattispecie è stata sostituita dal delitto previsto dall’art. 4-bis ‘Legge Armi’.
Pubblica intimidazione con uso di armi art. 421-bis c.p.
Si introduce nel Codice penale la fattispecie di ‘Pubblica intimidazione con uso di armi’ (c.d. “stesa”) art. 421-bis c.p. che punisce la condotta di chi, ‘al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti’ va a sostituire l’art. 6 l. n. 895/1967 che viene abrogato. La nuova ipotesi prevede la reclusione da tre a otto anni e si aggiunge ai casi di applicabilità delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria.
Stupefacenti
1. In tema di stupefacenti va segnalato l’aumento del massimo edittale previsto per le violazioni di cui al quinto comma dell’art. 73, relative a fatti di lieve entità, che viene portato a cinque anni, consentendo così la custodia cautelare in carcere, l’accompagnamento a seguito di flagranza dei minorenni, nonché per espressa previsione (vds paragrafo seguente) la custodia cautelare per i minorenni. Conseguentemente, non sarà più consentita la richiesta la sospensione del processo con messa alla prova. L’aumento è anche del minimo edittale ‘quando la condotta assume caratteri di non occasionalità’ e prevede una pena triplicata- diciotto mesi. Si introduce, inoltre, anche per le ipotesi di lieve entità, la confisca obbligatoria ‘del denaro, dei beni o della altre utilità di cui non possano giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultino essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica’.
Processo penale minorile
1. Diverse innovazioni sono introdotte in tema di limitazione della libertà nei confronti dei minorenni tutte volte a ridimensionare le prerogative della disciplina vigente. Servizi sociali e sanitari locale e nazionale sono chiamati a sostegno del tribunale minorile.
2. La soglia di pena che consente il ‘fermo’ del minorenne è sensibilmente diminuita (non inferiore nel massimo a tre anni), molte ipotesi interessate dagli aumenti di pena introdotti ricadranno in questa previsione. È consentito specificatamente l’accompagnamento del minore negli uffici di polizia anche nelle ipotesi di lesioni personali, furto, danneggiamento aggravato, alterazione di armi o fabbricazione di esplosivi, porto d’armi od oggetti atti ad offendere. Si riduce il limite di pena previsto per l’applicazione di misure diverse dalla custodia cautelare per i minorenni che passa da cinque a quattro anni. Il termine di durata della custodia in carcere, in caso di violazione delle prescrizioni, prima previsto per un mese al massimo, è soppresso ed è abbassata la soglia di accesso. Si prevede, inoltre, in caso di aggravamento delle esigenze cautelari, la possibilità di applicazione della custodia in carcere.
Custodia cautelare
Il limite per la custodia cautelare in carcere passa da nove a sei anni di pena massima. Con riferimento ai criteri di calcolo della diminuente della minore età ai fini della determinazione della pena non sono più esclusi i fatti di lieve entità in tema di stupefacenti. È esplicitamente prevista la possibilità di custodia cautelare in carcere per i minori per furto aggravato, furto in abitazione e con strappo, delitti riguardanti le armi, violenza o minaccia e resistenza pubblico ufficiale e, violazioni dell’art. 73 D.P.R. 309/90. I termini di durata massima della custodia cautelare per i minorenni vengono proporzionalmente elevati. È ripristinata l’ipotesi di applicabilità della custodia cautelare per il pericolo di fuga.
Percorso di rieducazione del minore
il Pubblico Ministero, nel caso di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, e sempre che i fatti non rivestono particolare gravità, può notificare al minore e all’esercente la responsabilità genitoriale la proposta di definizione anticipata del procedimento subordinata alla condizione che il minore, con l’accordo dell’esercente la responsabilità genitoriale, acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale sulla base di un programma rieducativo che preveda, sentiti i servizi minorili della amministrazione della giustizia e compatibilmente con la legislazione sul lavoro minorile, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti del Terzo settore o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza, per un periodo compreso da due a otto mesi. Il percorso rieducativo potrà essere intrapreso in fase di indagini preliminari e, nel caso di esito positivo, comporta la definizione del procedimento con sentenza di non luogo a procedere ed estinzione del reato, mentre, l’ingiustificata interruzione è valutata in caso di istanza di sospensione con messa alla prova avanzata successivamente. In sede di conversione, il legislatore ha inserito il riconoscimento esplicito della necessità di una valutazione giudiziale relativa alla congruità del percorso di reinserimento e rieducazione, stabilendo altresì che il processo rimane sospeso per tutta la durata corrispondente al percorso; periodo durante il quale il corso della prescrizione è sospeso.
La messa alla prova viene esplicitamente esclusa per i procedimenti relativi a omicidio aggravato, violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo aggravata, nonché rapina aggravata nelle ipotesi di procurata incapacità, appartenenza ad associazione mafiosa e reato commesso in danno di ultrasessantacinquenne.
Esecuzione penale per i minorenni
Quanto alla disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni si prevede che il detenuto ultraventunenne internato in un istituto penale minorile per reati commessi da minorenne possa essere trasferito in un istituto carcerario per adulti qualora si renda responsabile di comportamenti che provocano turbamento dell’ordine e della sicurezza dell’istituto minorile, ovvero usi violenza e minacce o ancora generi uno stato di soggezione negli altri detenuti. La norma si applica anche al detenuto maggiore di 18 anni che tenga cumulativamente i comportamenti previsti.
Responsabilità genitoriale
In caso di condanna per associazione mafiosa o associazione per stupefacenti, il giudice penale, dovrà trasmettere gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per la valutazione dalla responsabilità genitoriale. È opportuno rammentare che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. n. 7/2013) non può ritenersi comunque legittima nessuna forma di automatismo nella applicazione della sanzione accessoria della perdita della responsabilità genitoriale.
Analogo obbligo di denuncia, in capo ai sindaci, viene previsto al Capo III, tra gli interventi in materia di offerta educativa. In caso di inadempimento o elusione dell’obbligo di istruzione consegue l’obbligo di comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, anche in questo caso per iniziative che investono la valutazione della responsabilità genitoriale.
Obbligo di istruzione
L’obbligo di istruzione, precedentemente presidiato con la contravvenzione prevista dall’art. 731c.p., è ora trasfuso in una fattispecie delittuosa – art. 570-ter c.p.- che sanziona con la reclusione fino a due anni l’inosservanza e con pena fino ad un anno la mancata frequenza di almeno un quarto del monte ore scolastico annuale, senza giustificato motivo.
Pubblicata in G.U. la legge di conversione del ‘Decreto Caivano’
Introduzione
È stata pubblicata la L. 13 novembre 2023, n. 159 (G.U. n. 266 del 14 novembre 2023) che dispone la conversione, con emendamenti, del DL 15 settembre 2023, n. 123, ‘recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale, noto come ‘Decreto Caivano’.
La premessa dello stato di necessità ed urgenza del decreto-legge è stata ravvisata nelle ‘situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile nel territorio del comune di Caivano’ ed è citato nel preambolo; tuttavia, le disposizioni introducono anche interventi generali in materia penale, in tema di obbligo di istruzione e responsabilità genitoriale, nonché in ambito di protezione dei dati personali.
Il provvedimento è composto da 25 articoli per un totale di 124 commi ed è suddiviso in quattro capi. Il Capo I introduce disposizioni connesse al territorio del Comune di Caivano, mentre i Capi successivi riguardano interventi in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile, di offerta educativa e per la sicurezza dei minori in ambito digitale.
Segnaliamo i profili di interesse penale e processuale.
Misure di prevenzione
DASPO urbano. Introduzione
L’intervento amplia gli strumenti introdotti con il decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” (‘Decreto Minniti’), convertito, con modificazioni, dalla legge numero 48/2017, in particolare il ‘divieto di accesso’ (art. 10), ‘le misure di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti all’interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi’ (art. 13) nonché quelle previste ‘per la prevenzione di disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento’ (art 13 bis). si tratta di strumenti modellati sui divieti di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO).
a) Divieto di accesso. (art. 10)
1. Presupposto per l’intervento dell’autorità di pubblica sicurezza è la reiterazione delle condotte descritte nel precedente articolo 9 del ‘Decreto Minniti’ che prevede una sanzione amministrativa per <<chiunque ponga in essere condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle infrastrutture fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano e delle relative pertinenze.>> in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi. La disposizione prevede l’allontanamento dal luogo in cui è commesso il fatto. I regolamenti di polizia urbana possono, inoltre, individuare aree urbane su cui insistono ‘presidi sanitari, scuole, plessi scolastici e siti universitari musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli ovvero adibite a verde pubblico’, a cui estendere l’operatività della disciplina in analisi. Qualora sussista la reiterazione delle condotte previste dall’art 9, il questore, se dalla condotta tenuta possa derivare pericolo per la sicurezza pubblica, può disporre, con provvedimento motivato, il divieto di accesso ad una o più aree specificamente indicate, determinando, altresì le modalità applicative in modo che le stesse siano compatibili con esigenze di mobilità salute e lavoro del destinatario dell’atto. In caso di inosservanza in contravventore è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno (art 10 comma 2). La durata del provvedimento non può essere superiore a 12 mesi; tuttavia, tale termine non può, invece, essere inferiore a 12 mesi né superiore a due anni qualora il prevenuto sia stato condannato con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, nel corso degli ultimi 5 anni per reati contro la persona o il patrimonio. In questo caso la violazione del divieto è punita con l’arresto da uno a due anni (art 10 comma 3). Se l’interessato è un minorenne il questore informa il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Nella ipotesi di cui al comma 2 dell’art 10, in cui il questore dispone solo il divieto di frequentazione determinati luoghi, il relativo provvedimento sembra essere sottratto al controllo giurisdizionale, potendo essere sindacato solo in sede di giustizia amministrativa. Nei casi di cui all’articolo 10 comma 3, invece, il comma 4 citava esplicitamente l’operatività, in quanto compatibile, dell’ art 6, commi 2-bis, 3 e 4, l. 13 dicembre 1989 n 401 (interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini) che prevede la convalida del provvedimento con l’applicazione della disciplina della notifica in cui deve essere contenuto l’avviso della facoltà di presentare personalmente, o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni (comma 2- bis), la convalida davanti al giudice per le indagini preliminari competente per territorio con riferimento alla prescrizione dell’obbligo di presentazione agli uffici di polizia (comma 3) e la ricorribilità per Cassazione della relativa ordinanza (comma 4).
2. Ora il divieto di accesso diviene applicabile agli ultraquattordicenni che abbiano posto in essere ‘condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle predette infrastrutture, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti’ (art. 10). In tali casi il provvedimento sarà notificato agli esercenti la potestà genitoriale e comunicato al Procuratore presso il Tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore.
3. Si segnala che l’interpolazione elimina di fatto i rimedi giurisdizionali, sostituendo il comma 4.
b) Divieto di accesso riferito al contrasto del traffico di stupefacenti. (art. 13)
1. Nell’originaria previsione il questore può disporre, per ragioni di sicurezza, un divieto di accesso o di stazionamento nelle immediate vicinanze di locali o esercizi pubblici nei confronti di persone che abbiano riportato una o più denunce o siano state condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni per il reato di vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope per fatti commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico ovvero in pubblici esercizi. I locali devono essere indicati in modo specifico. Il divieto poteva già esser disposto anche nei confronti di soggetti minori degli anni 18 che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. In tale ipotesi il decreto è notificato a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. La durata del provvedimento non può essere inferiore ad un anno né superiore a 5 anni ed è disposto individuando modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute, lavoro e studio del destinatario dell’atto. La violazione del divieto è punita con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8000 a 20.000 euro. Nella ipotesi aggravata di cui al comma 3, la durata massima è sino a due anni. Il questore può accompagnare il divieto con obblighi specifici, singolarmente o cumulativamente: 1) obbligo di presentazione alla polizia; 2) obbligo di rientrare nella propria abitazione a una determinata ora e non uscirne prima di un’ora prefissata; 3) divieto di allontanarsi dal Comune di residenza; 4) obbligo di comparire in un ufficio di polizia negli orari di entrata e uscita dagli istituti scolastici. Tale disposizione era prevista ‘se il destinatario risultava già condannato negli ultimi tre anni con sentenza definitiva’. A fronte di tali più gravi divieti si estendono, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 6 comma 2-bis, 3 e 4 l. 13 dicembre 1989 n 401 (interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini) (ut supra). Nei casi di condanna per i reati di cui al comma 1 commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di locali pubblici o aperti al pubblico la concessione della sospensione condizionale della pena poteva essere subordinata all’imposizione del divieto di accedere ai locali pubblici o pubblici esercizi specificamente individuati.
2. Le disposizioni in commento estendono la previsione a tutte le contestazioni di violazione delle norme sugli stupefacenti di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90. Ampliandola, inoltre a tutti i luoghi di spaccio individuati dal comma 1 dell’articolo 13 (scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, pubblici esercizi). L’ipotesi di cui al comma 3, aggravata da obblighi e di durata superiore, diviene applicabile <<quando ricorrano specifiche ragioni di pericolosità>> con una estensione della discrezionalità particolarmente insidiosa. La pena per la violazione del divieto viene aumentata (passando ad una pena da uno a tre anni) rendendo possibile il fermo del minore. Si segnala, inoltre, che ‘nei casi di condanna per i reati commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in pubblici esercizi la concessione della sospensione condizionale della pena è sempre subordinata all’imposizione del divieto di accedere in locali pubblici o pubblici esercizi specificamente individuati. l’ipotesi è, dunque, estesa a tutte le violazioni dell’art. 73 D.P.R. 309/90 (comma 7).
c) Divieto di accesso in pubblici esercizi o locali. (art. 13-bis)
1. Al di fuori dei casi di cui all’articolo precedente, il questore può disporre, per ragioni di sicurezza, un ulteriore divieto di accesso e stazionamento nelle immediate vicinanze in relazione a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi reati ovvero delle persone con le quali l’interessato si associa che devono essere specificamente indicate. I destinatari sono soggetti denunciati negli ultimi tre anni, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione di gravi disordini, avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio o aggravati dalla finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ovvero dallo scopo di agevolare l’attività di organizzazione, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi tali finalità. Nei confronti di persone poste in stato di arresto o di fermo convalidato dall’autorità giudiziaria o condannate anche con sentenza non definitiva, il questore può estendere l’ambito del divieto di accesso e stazionamento ai pubblici esercizi o ai locali del territorio dell’intera provincia. La durata non può essere inferiore ai sei mesi né superiore a due anni la violazione dei divieti è punita con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8000 a 20.000 euro. Tale divieto poteva già essere disposto anche nei confronti di soggetti ultraquattordicenni ed il provvedimento doveva essere notificato coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. Il questore può prescrivere alle persone sottoposte al divieto di comparire personalmente una o più volte, negli orari indicati negli uffici di polizia. In questo caso sono esplicitamente richiamati i commi 3 e 4 dell’art 6 l. 13 dicembre 1989 n 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini), con riferimento ai quali si richiama quanto detto in precedenza. Si segnala altresì l’inspiegabile omissione nel comma 2-bis che riguarda la previsione della notifica contenente l’avviso della facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni all’autorità giudiziaria competente. Tale previsione finalizzata a garantire una seppur minima compatibilità costituzionale dell’istituto deve ritenersi in ogni caso applicabile.
2. La norma in commento estende il divieto a soggetti denunciati per ‘porto di armi od oggetti atti ad offendere’ (art- 4 l. 110/75), ‘violenza o minaccia a pubblico ufficiale’ (art. 336 c.p.) e ‘resistenza a pubblico ufficiale’ (art. 337 c.p.). L’applicabilità viene estesa ai soggetti agli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.) o in custodia cautelare in carcere (285 c.p.). La durata viene estesa divenendo non inferiore ad uno né superiore a tre anni. Per l’ipotesi di cui al quarto comma, relativa all’ulteriore prescrizione della presentazione all’ufficio di polizia viene prevista una durata massima di due anni. Anche in questo caso la sanzione per la violazione degli obblighi viene inasprita passando a una reclusione ‘da uno a tre anni’, quel tanto che basta per rendere consentito l’accompagnamento del minore presso gli uffici di polizia in caso di flagranza (vds. ultra)
Codice antimafia. Introduzione
Il decreto legislativo, 6 settembre 2011, n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli art. 1 e2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”, in G.U. 28 settembre 2011, n. 266, suppl. ord. n. 1, raccoglie nel Libro I ‘le misure di prevenzione’ e tratta al Capo I ‘le misure di prevenzione personali applicate dal questore’.
L’art. 1 definisce i ‘soggetti destinatari’, delimitando la pericolosità generica: a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
La Corte Costituzionale ha precisato da tempo che la mera appartenenza a tali categorie è condizione necessaria, ma non sufficiente per la sottoposizione ad una misura di prevenzione, poiché occorre un particolare comportamento che dimostri come la pericolosità sia effettiva ed attuale non meramente potenziale (C. cost. 17 marzo 1969, n. 32).
Nello stesso Capo si prevede il foglio di via obbligatorio (art. 2) applicabile dall’autorità di pubblica sicurezza ai soggetti appartenenti alle categorie elencate.
a) Foglio di via
1. Il foglio di via obbligatorio è applicabile dal questore ad uno dei ‘soggetti destinatari’ di cui al l’art.1, che risulti essere attualmente pericoloso per la sicurezza pubblica e si trovi fuori dai luoghi di residenza. Il provvedimento consiste in un ordine di allontanamento e divieto di ritorno, senza autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale è stato allontanato. L’art 76, comma 3, Codice Antimafia punisce con l’arresto da uno a sei mesi chi viola il provvedimento imposto dal questore sia contravvenendo all’ordine di ritornare nel comune vietato sia non allontanandosi dallo stesso. Nella sentenza di condanna si doveva disporre che il contravventore venisse tradotto al luogo del rimpatrio.
Questa misura di prevenzione si caratterizza per la duplice intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune da cui si è allontanati. Tali prescrizioni sono state ritenute dalla giurisprudenza imprescindibili ed inscindibili al fine di valutare la legittimità del provvedimento.
2. L’articolo, completamente sostituito dalla novella, mira a rimuovere le ‘criticità’ dovute all’interpretazione giurisprudenziale. In primo luogo, si introduce un espresso riferimento al luogo di dimora abituale. Si prevede esplicitamente la necessità di un provvedimento motivato del questore, nonché anche un termine non superiore a quarantotto ore per ottemperare all’ordine. La durata del divieto potrà essere non inferiore a sei mesi e non superiore a quattro anni. Viene espressamente prevista l’efficacia della sola parte che dispone il divieto di ritorno, nel caso in cui al momento della notifica l’interessato abbia già lasciato il territorio del comune dal quale il questore ha disposto l’allontanamento. L’inottemperanza all’ordine di allontanamento o rientro senza autorizzazione nel territorio inibito (articolo 76, comma 3) diviene un delitto e la pena è aumentata con la reclusione da sei a diciotto mesi e con la multa fino a 10.000 euro. La previsione di traduzione al luogo del rimpatrio nel dispositivo della sentenza di condanna, di cui al secondo periodo, viene soppressa.
b) Avviso orale
1. L’art. 3 del Codice antimafia disciplina il provvedimento con cui il questore può avvisare oralmente i soggetti destinatari (ovvero quelli abitualmente dediti a traffici delittuosi o a vivere con i proventi di attività delittuose, ovvero gli abitualmente dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica) che esistono indizi a loro carico, indicando i motivi che li giustificano, invitandoli a tenere una condotta conforme alla legge.
2. Con l’articolo 5 (Disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile), sono introdotte ulteriori modifiche al Codice Antimafia , tra cui la possibilità di rivolgere l’avviso orale (art. 3) anche a minori ultraquattordicenni. Mentre l’ammonimento di cui al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.) potrà essere applicato agli ultraquattordicenni nei casi di bullismo nei confronti di minorenni, a prescindere dalla proposizione della querela, e a ultradodicenni ‘per i delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni’. In tali casi è prevista la comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Il questore, prima di emettere il provvedimento, dovrà convocare il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale. Gli effetti dell’avviso orale di cui al presente comma cessano comunque al compimento della maggiore età.
3. Ha avuto particolare clamore l’ipotesi di divieto di utilizzare piattaforme informatiche e possedere e utilizzare telefonini (art. 3 comma 6-bis). Interdizione, già recentemente bocciata dalla Corte costituzionale (C. cost. n. 2/2023) , viene riproposta per i condannati, anche con sentenza non definitiva, “per delitti contro la persona, il patrimonio ovvero inerenti alle armi o alle sostanze stupefacenti”. È prevista la facoltà per il proposto di <presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memoria o deduzioni al giudice competente per l’applicazione del divieto>. In sede di conversione viene introdotto il parere del pubblico ministero, tuttavia, il contraddittorio resta carente.
4. Nei casi di ammonimento nei confronti di minori tra i dodici e i quattordici anni, viene introdotta una sanzione amministrativa applicabile al ‘soggetto che era tenuto alla sorveglianza del minore o all’assolvimento degli obblighi educativi’, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto.
Armi
Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi
1. La Legge del 18/04/1975 n. 110 ‘Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi’ Pubblicata in G.U n. 105 del 21 aprile 1975 c.d. ‘Legge Armi’ definisce e disciplina una materia disorganica, imprecisa ed oggetto di numerosi interventi. L’art. 4 ‘Porto di armi od oggetti atti ad offendere’ definisce come tali: armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione (comma 1) nonché le c.d. ‘ami improprie’: bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, strumenti riproducenti armi, nonché i puntatori laser o oggetti con funzione di puntatori laser. (comma 2)
2. La pena per chi porta tali armi e strumenti atti ad offendere fuori dall’abitazione è quella dell’arresto che diviene da uno a tre anni (art. 4 comma 3). Il quarto comma pone il divieto di portare armi nelle riunioni pubbliche, anche per persone munite di licenza. Il secondo periodo prevede per il contravventore la pena dell’arresto da quattro a diciotto mesi oltre all’ammenda da euro 103 a euro 413; mentre il terzo periodo dispone che ‘quando il fatto è commesso da persona non munita di licenza’ è punito con l’arresto che la novella aumenta dalla precedente previsione da uno a tre anni all’attuale da due a quattro anni e con l’ammenda da 3.000 euro a 20.000 euro. Il quinto comma, infine, punisce il porto in una riunione pubblica degli altri strumenti previsti dai primi due commi con la pena dell’arresto con pena che viene elevata a ‘da uno a tre anni’ e con l’ammenda da 2.000 euro a 20.000 euro.
Porto di armi per cui non è ammessa la licenza
1. Il decreto in vigore dal 16 settembre 2023 aveva elevato nel massimo la pena dell’arresto per la contravvenzione relativa al ‘porto di armi per cui non è ammessa la licenza’ prevista dall’art. 699, secondo comma c.p. portandola a quattro anni. In sede di conversione viene introdotta una nuova fattispecie che comporta l’interpolazione dell’art. 4-bis nella ‘Legge Armi’, cui consegue l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 699 c.p. (disposta dal comma successivo). La ‘nuova’ ipotesi di delitto: salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque, fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa porta un’arma per cui non è ammessa la licenza è punito con la reclusione da uno a tre anni. Il secondo comma prevede l’aggravante quando il fatto è commesso: a) da persone travisate o da più persone riunite; b) all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione; c) nelle immediate vicinanze di istituti di credito, uffici postali e sportelli automatici, parchi, giardini pubblici, stazioni, anche metropolitane, luoghi destinati alla sosta o fermata di mezzi pubblici; d) in un luogo in cui vi sia concorso o adunanza di persone ovvero una riunione pubblica. In tali casi la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Arresto facoltativo in flagranza e aggravante
La disposizione in esame aggiunge la nuova ipotesi di delitto di cui all’art. 4-bis ‘Legge Armi’ ai casi in cui è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Appare dunque evidente che gli emendamenti sono stati finalizzati a raggiungere lo scopo di consentire l’arresto facoltativo per il ‘porto di armi per cui non è consentita la licenza’ che non si era raggiunto elevando la pena prevista per la contravvenzione di cui all’art 699 c.p. La nuova ipotesi prevede una pena minima di tre anni e si aggiunge ai casi di aggravamento di pena ‘se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione delle misure di prevenzione antimafia’, previsti dall’art. 71 del codice antimafia.
Porto abusivo di armi art. 699 c.p.
Come anticipato, in sede di conversione del decreto, la previsione del 699, secondo comma c.p. è stata abrogata e la fattispecie è stata sostituita dal delitto previsto dall’art. 4-bis ‘Legge Armi’.
Pubblica intimidazione con uso di armi art. 421-bis c.p.
Si introduce nel Codice penale la fattispecie di ‘Pubblica intimidazione con uso di armi’ (c.d. “stesa”) art. 421-bis c.p. che punisce la condotta di chi, ‘al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti’ va a sostituire l’art. 6 l. n. 895/1967 che viene abrogato. La nuova ipotesi prevede la reclusione da tre a otto anni e si aggiunge ai casi di applicabilità delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria.
Stupefacenti
1. In tema di stupefacenti va segnalato l’aumento del massimo edittale previsto per le violazioni di cui al quinto comma dell’art. 73, relative a fatti di lieve entità, che viene portato a cinque anni, consentendo così la custodia cautelare in carcere, l’accompagnamento a seguito di flagranza dei minorenni, nonché per espressa previsione (vds paragrafo seguente) la custodia cautelare per i minorenni. Conseguentemente, non sarà più consentita la richiesta la sospensione del processo con messa alla prova. L’aumento è anche del minimo edittale ‘quando la condotta assume caratteri di non occasionalità’ e prevede una pena triplicata- diciotto mesi. Si introduce, inoltre, anche per le ipotesi di lieve entità, la confisca obbligatoria ‘del denaro, dei beni o della altre utilità di cui non possano giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultino essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica’.
Processo penale minorile
1. Diverse innovazioni sono introdotte in tema di limitazione della libertà nei confronti dei minorenni tutte volte a ridimensionare le prerogative della disciplina vigente. Servizi sociali e sanitari locale e nazionale sono chiamati a sostegno del tribunale minorile.
2. La soglia di pena che consente il ‘fermo’ del minorenne è sensibilmente diminuita (non inferiore nel massimo a tre anni), molte ipotesi interessate dagli aumenti di pena introdotti ricadranno in questa previsione. È consentito specificatamente l’accompagnamento del minore negli uffici di polizia anche nelle ipotesi di lesioni personali, furto, danneggiamento aggravato, alterazione di armi o fabbricazione di esplosivi, porto d’armi od oggetti atti ad offendere. Si riduce il limite di pena previsto per l’applicazione di misure diverse dalla custodia cautelare per i minorenni che passa da cinque a quattro anni. Il termine di durata della custodia in carcere, in caso di violazione delle prescrizioni, prima previsto per un mese al massimo, è soppresso ed è abbassata la soglia di accesso. Si prevede, inoltre, in caso di aggravamento delle esigenze cautelari, la possibilità di applicazione della custodia in carcere.
Custodia cautelare
Il limite per la custodia cautelare in carcere passa da nove a sei anni di pena massima. Con riferimento ai criteri di calcolo della diminuente della minore età ai fini della determinazione della pena non sono più esclusi i fatti di lieve entità in tema di stupefacenti. È esplicitamente prevista la possibilità di custodia cautelare in carcere per i minori per furto aggravato, furto in abitazione e con strappo, delitti riguardanti le armi, violenza o minaccia e resistenza pubblico ufficiale e, violazioni dell’art. 73 D.P.R. 309/90. I termini di durata massima della custodia cautelare per i minorenni vengono proporzionalmente elevati. È ripristinata l’ipotesi di applicabilità della custodia cautelare per il pericolo di fuga.
Percorso di rieducazione del minore
il Pubblico Ministero, nel caso di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, e sempre che i fatti non rivestono particolare gravità, può notificare al minore e all’esercente la responsabilità genitoriale la proposta di definizione anticipata del procedimento subordinata alla condizione che il minore, con l’accordo dell’esercente la responsabilità genitoriale, acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale sulla base di un programma rieducativo che preveda, sentiti i servizi minorili della amministrazione della giustizia e compatibilmente con la legislazione sul lavoro minorile, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti del Terzo settore o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza, per un periodo compreso da due a otto mesi. Il percorso rieducativo potrà essere intrapreso in fase di indagini preliminari e, nel caso di esito positivo, comporta la definizione del procedimento con sentenza di non luogo a procedere ed estinzione del reato, mentre, l’ingiustificata interruzione è valutata in caso di istanza di sospensione con messa alla prova avanzata successivamente. In sede di conversione, il legislatore ha inserito il riconoscimento esplicito della necessità di una valutazione giudiziale relativa alla congruità del percorso di reinserimento e rieducazione, stabilendo altresì che il processo rimane sospeso per tutta la durata corrispondente al percorso; periodo durante il quale il corso della prescrizione è sospeso.
La messa alla prova viene esplicitamente esclusa per i procedimenti relativi a omicidio aggravato, violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo aggravata, nonché rapina aggravata nelle ipotesi di procurata incapacità, appartenenza ad associazione mafiosa e reato commesso in danno di ultrasessantacinquenne.
Esecuzione penale per i minorenni
Quanto alla disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni si prevede che il detenuto ultraventunenne internato in un istituto penale minorile per reati commessi da minorenne possa essere trasferito in un istituto carcerario per adulti qualora si renda responsabile di comportamenti che provocano turbamento dell’ordine e della sicurezza dell’istituto minorile, ovvero usi violenza e minacce o ancora generi uno stato di soggezione negli altri detenuti. La norma si applica anche al detenuto maggiore di 18 anni che tenga cumulativamente i comportamenti previsti.
Responsabilità genitoriale
In caso di condanna per associazione mafiosa o associazione per stupefacenti, il giudice penale, dovrà trasmettere gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per la valutazione dalla responsabilità genitoriale. È opportuno rammentare che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. n. 7/2013) non può ritenersi comunque legittima nessuna forma di automatismo nella applicazione della sanzione accessoria della perdita della responsabilità genitoriale.
Analogo obbligo di denuncia, in capo ai sindaci, viene previsto al Capo III, tra gli interventi in materia di offerta educativa. In caso di inadempimento o elusione dell’obbligo di istruzione consegue l’obbligo di comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, anche in questo caso per iniziative che investono la valutazione della responsabilità genitoriale.
Obbligo di istruzione
L’obbligo di istruzione, precedentemente presidiato con la contravvenzione prevista dall’art. 731c.p., è ora trasfuso in una fattispecie delittuosa – art. 570-ter c.p.- che sanziona con la reclusione fino a due anni l’inosservanza e con pena fino ad un anno la mancata frequenza di almeno un quarto del monte ore scolastico annuale, senza giustificato motivo.
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