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Riforma Cartabia e soppressione dell’obbligo di notifica del decreto che dispone il giudizio: infondata la questione di costituzionalità

Tribunale di Napoli Nord, ordinanza 13 settembre 2023

Giudice dott.ssa Eleonora Pacchiarini

1. Il Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 98 del decreto legislativo n. 150 del 2022 (c.d. riforma “Cartabia”), sollevata dalla difesa con riferimento alla soppressione dell’obbligo di notifica del decreto che dispone il giudizio all’imputato rimasto assente durante l’udienza preliminare.

In particolare, la difesa evidenziava la violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso di delega, e comunque l’irragionevolezza della disposizione abrogatoria.

Sotto il primo profilo, il difensore ha eccepito che la legge delega non ha assegnato al legislatore delegato il potere di abrogare norme funzionali alla vocatio in ius, in particolare l’art. 429 co. 4 c.p.p.; nella seconda prospettiva assunta, della irragionevolezza della disposizione contenuta nel decreto legislativo 150 cit., la difesa ha sostenuto che l’abrogazione del comma 4 dell’art. 429 c.p.p., che prevedeva l’obbligo di notificare il decreto che dispone il giudizio all’imputato e alla persona offesa non comparsi all’udienza preliminare, non si pone in linea con la ratio della novella, che ha inteso «certamente aumentare i diritti, non certamente retrocederli con l’abrogazione di una norma che garantisce la conoscenza della vera vocatio in ius, ossia del decreto che dispone il giudizio».

2. Quanto alla prima censura, il Tribunale richiama l’art. 1 della legge 143 del 2021 (legge delega) e osserva che tra gli obiettivi ispiratori della riforma si collocano quelli della “semplificazione”, “speditezza” e “razionalizzazione” del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive; a tali fini, il legislatore delegato è incaricato espressamente di adottare i decreti legislativi «anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme […] del codice di procedura penale […] operando le necessarie abrogazioni […]».

Nella medesima ottica di snellimento senza sacrificio del diritto di difesa, i commi 6 e 7 del medesimo articolo onerano il legislatore delegato di rivisitare le stesse norme in materia di notificazione.

Da queste premesse il giudice monocratico muove per superare la censura sollevata, statuendo che «in conclusione, l’abrogazione del comma quarto dell’art. 429 c.p.p., […] si è legittimamente svolta, rientrando nel focus della delega, che come già detto consente al Legislatore delegato di intervenire anche con le necessarie “abrogazioni”, in linea con il rinnovato sistema di notifiche, ispirato quest’ultimo dalle esigenze di “semplificazione e velocizzazione” del procedimento notificatorio fissate dal legislatore delegante».

3. In relazione alla seconda censura, concernente l’irragionevolezza della eliminazione dell’art. 429 co. 4 c.p.p. ad opera del decreto legislativo n. 150/2022, per avere essa interessato una disposizione fondamentale per l’effettiva conoscenza della vocatio in ius in capo all’imputato, il Tribunale – con ampia motivazione – ha osservato come, anche in seguito al mutamento della regola di giudizio, che ora ruota intorno alla c.d. “ragionevole previsione di condanna”, il baricentro del procedimento può dirsi arretrato cronologicamente, sicché si è conferito all’udienza preliminare un ruolo centrale all’interno della vicenda giudiziaria, posto che essa è diventata la prima e principale sede nella quale si verifica l’integrità del contraddittorio e la conoscenza, in capo all’imputato, dell’accusa elevata a suo carico.

Non a caso, precisa il giudice aversano, è stata prevista la notifica secondo i più garantisti metodi notificatori tradizionali, con esclusione della consegna al difensore (salvo evidentemente che l’imputato abbia eletto domicilio presso il suo studio legale o si imponga una notifica ex art. 161 co. 4 c.p.p.), delle citazioni a giudizio eseguite ai sensi degli artt. 450 co. 2, 456, 552 e 601 c.p.p. nonché del decreto penale di condanna e – per quanto qui rileva – dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare.

Il fondamento di tale scelta risiede nel fatto che gli atti poc’anzi citati possono complessivamente dirsi avvinti da un connotato comune: essi introducono il “processo”, mentre il decreto che dispone il giudizio sfugge a questa logica, in quanto, pur innescando il successivo dibattimento, consegue ad atti che già ex se avviano la fase che identifichiamo come propriamente “processuale”. L’imputato è messo in condizione di conoscere il (successivo ed eventuale) decreto che dispone il giudizio attraverso la partecipazione personale all’udienza preliminare, di cui avrà avuto idonea conoscenza con la notificazione “tradizionale”, o mediante la naturale circolazione di informazioni col proprio difensore, che avrà intanto assunto contezza dell’atto introduttivo del giudizio.

Dalle argomentazioni che precedono, deriva il rigetto dell’eccezione di costituzionalità anche con riguardo alla seconda censura.

Sentenza

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