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ILLEGITTIMO SUBORDINARE LA SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA ALL’OBBLIGO DELLE RESTITUZIONI IN ASSENZA DI COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 27 aprile 2023, n. 32939

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza annotata, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata, hanno affermato la necessarietà della costituzione di parte civile per la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni.

Sommario. 1. Premessa. 2. La questione rimessa alle Sezioni Unite. 3. Il principio di diritto. 4. Il danno criminale e il danno civilistico. 5. Le finalità civilistiche sottese all’obbligo restitutorio. 6. L’obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. 7. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Il Tribunale di Brescia, riconosciuta la penale responsabilità dell’imputato per il reato di ricettazione, irrogava la pena di otto mesi di reclusione ed € 400,00 di multa, concedendo, ex art. 165, commi 1 e 2, c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della somma di € 300,00 in favore della persona offesa a titolo di risarcimento del danno.

Divenuta irrevocabile la sentenza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, con nota del 29 aprile 2021, chiedeva all’ufficio esecuzioni penali dello stesso Tribunale di essere informato dell’avvenuto adempimento della condizione apposta in sentenza. Ricevuta la nota, il Tribunale di Brescia fissava udienza in camera di consiglio all’esito della quale il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, con ordinanza del 2 dicembre 2021, preso atto che non era stata corrisposta la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno alla persona offesa, disponeva la revoca della sospensione condizionale della pena concessa al condannato.

Avverso tale provvedimento l’imputato, a mezzo del proprio difensore, proponeva ricorso per Cassazione deducendo la violazione degli artt. 165 e 168 c.p. e chiedendo il conseguente annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

Ad avviso del ricorrente, poiché alcun titolo risarcitorio esigibile si era formato con la sentenza a favore della persona offesa, non essendosi quest’ultima costituita parte civile, doveva ritenersi insussistente il presupposto individuato dal giudice dell’esecuzione per la revoca del beneficio sospensivo subordinato riconosciuto al condannato.

2. La questione rimessa alle Sezioni Unite

Con ordinanza del 4 novembre 2022, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, assegnataria dell’atto di impugnazione, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite, ex art. 618 c.p.p., rilevando un contrasto giurisprudenziale sulla possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo restitutorio in favore della persona offesa non costituitasi parte civile in giudizio.

In particolare, secondo un primo orientamento giurisprudenziale, in assenza di costituzione di parte civile, deve escludersi che il giudice possa legittimamente subordinare la sospensione condizionale della pena alla restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato[1].

Invero, le restituzioni, così come il risarcimento del danno, attengono al danno civilistico arrecato alla persona danneggiata dal reato: ne deriva che la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento di un obbligo restitutorio esclusivamente in presenza una parte civile che, regolarmente costituita nel processo penale, abbia espressamente richiesto la condanna dell’imputato alla restituzione[2].

Un diverso orientamento giurisprudenziale, a contrario, ritiene necessaria la costituzione di parte civile della persona danneggiata dal reato esclusivamente nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata al risarcimento del danno[3].  

Nello specifico, partendo dal tenore letterale del primo periodo dell’art. 165, comma 1, c.p., il quale prevede una netta separazione tra l’istituto restitutorio e quello risarcitorio, resa evidente dall’apposizione di una virgola tra la prima e la seconda condizione sospensiva[4], tale orientamento ritiene che la restituzione di beni illegittimamente percepiti in relazione al fatto criminoso rientri tra le condotte di eliminazione delle conseguenze dannose del reato: pertanto, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’obbligo delle restituzioni anche in assenza di costituzione di parte civile[5].

Come già rappresentato, con decreto del 24 gennaio 2023 il Primo Presidente Aggiunto della Corte di Cassazione assegnava il ricorso alle Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sulla seguente questione: “se il giudice possa subordinare, a norma dell’art. 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena, oltre che al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, anche all’adempimento dell’obbligo della restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, solo qualora vi sia stata costituzione di parte civile”.

3. Il principio di diritto

La Suprema Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza che si annota, giunge ad affermare la necessità della costituzione di parte civile per la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni[6]. Invero, gli obblighi restitutori, al pari di quelli risarcitori, previsti dalla prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., ineriscono al danno civilistico, la cui riparazione nel processo penale necessita dell’esercizio dell’azione civile nei confronti dell’imputato, da parte del danneggiato dal reato, a norma degli artt. 74 e 76 c.p.p..

In tal guisa, dopo aver rimarcato la diversa finalità cui sono tesi l’obbligo delle restituzioni, di cui all’art. 165, comma 1, prima parte, c.p., da un lato, e l’obbligo dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose, previsto dalla seconda parte del medesimo comma, dall’altro, la Suprema Corte individua la necessità di interpretare la prima parte della disposizione in stretto raccordo con gli artt. 185 c.p., 74, 76, 538 e 578 c.p.p.. 

4. Il danno criminale e il danno civilistico

L’analisi della pronuncia in commento implica, in via preliminare, di operare le necessarie distinzioni tra i concetti di danno criminale e di danno civilistico.

Il danno criminale esprime un concetto che ha come punto ineludibile di riferimento il reato e che si identifica nella lesione[7] o messa in pericolo[8] del bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice violata. Pertanto, essendo immanente alla violazione di ogni norma penale, è al centro della ratio di ogni reato: il legislatore, infatti, mediante la minaccia della sanzione penale, in funzione general-preventiva, intende evitare proprio la lesione o la messa in pericolo dell’interesse tutelato dalla fattispecie penale e, dunque, il danno criminale[9].

Il danno civilistico, al contrario, consiste nel pregiudizio economico patito dalla persona danneggiata dal reato.  Invero, il fatto storico penalmente rilevante, oltre a un’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, può aver in concreto cagionato la perdita di un bene o un danno patrimoniale o non patrimoniale. In tali casi, sorge, in campo al reo, l’obbligazione restitutoria o risarcitoria prevista dall’art. 185 c.p.[10] e, correlativamente, in capo al danneggiato dal reato, ex art. 74 c.p.p., la facoltà di scegliere il processo penale – in luogo di quello civile – quale sede giurisdizionale per la tutela dei propri interessi civili lesi dal reato.

In tal guisa, l’azione civile nel processo penale – la quale può essere esercitata, mediante costituzione di parte civile, esclusivamente per ottenere la restituzione delle cose perdute in conseguenza del reato, o, quando il reato abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, per conseguire il risarcimento dello stesso[11] – è frammento meramente eventuale della giurisdizione, così come meramente eventuale è la partecipazione del soggetto che la esercita[12]. Sotto altro profilo, essa costituisce un’anomalia o un’alterazione del sistema processuale genericamente inteso, che non richiede affatto la presenza di parti diverse dal pubblico ministero a sostegno dell’azione penale.

Ne emerge come il reato sia un illecito a prospettiva sanzionatoria multipla, nel senso che assoggetta chi lo ha commesso non solo alla pena, ma, anche, ricorrendone le condizioni, alle restituzioni e al risarcimento del danno[13].

5. Le finalità civilistiche sottese all’obbligo restitutorio

Alla stregua di tale impostazione, le Sezioni Unite hanno affermato come l’obbligo restitutorio, cui può essere subordinata la sospensione condizionale della pena ex art. 165, comma 1, c.p., prima parte, sia finalizzato esclusivamente alla riparazione del danno civilistico e come tale necessita, per la sua applicazione, dell’esercizio dell’azione civile nel processo penale.

A sostegno di ciò, milita, in primo luogo, sotto un profilo strettamente formale, la circostanza che le restituzioni si trovino, negli artt. 185 c.p. e 74, 76, 538 e 578 c.p.p., invariabilmente abbinate alle pretese della parte civile.

Ancora, in secondo luogo, un dato insuperabile di natura esegetica, rappresentato dal fatto che il testo originario dell’art. 165, comma 1, c.p.[14], per l’unanime giurisprudenza formatasi sotto la sua vigenza, ineriva esclusivamente al danno civilistico, tant’è che, in assenza della costituzione di parte civile, il provvedimento con cui veniva disposta la subordinazione del beneficio sospensivo all’adempimento di obblighi civilistici, sia restitutori che risarcitori, veniva ritenuto connotato da abnormità, poiché disposta senza domanda di parte, unica titolare del potere di chiedere legittimamente la soddisfazione delle sue pretese riparatorie di matrice esclusivamente privatistica[15].

Pertanto, al di là dell’indubbia ispirazione pubblicistica che anima la disposizione – soprattutto a seguito delle modifiche intervenute sul testo originario dell’art. 165 c.p.[16] – per ragioni insuperabili di ordine sistematico, le restituzioni implicano necessariamente che il giudizio inerente al fatto, conclusosi con la sentenza penale di condanna che applica la sospensione, abbia esteso la propria valutazione anche alle istanze restitutorie del danneggiato, il che, indubbiamente, può avvenire soltanto nel caso in cui nel processo penale sia stata esercitata l’azione civile: difatti, trattandosi di una pronuncia sulle conseguenze civili del reato, soltanto una precisa domanda del danneggiato dal reato attribuisce al giudice il potere-dovere di pronunciarsi sulla medesima[17].

6. L’obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato

L’obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato di cui alla seconda parte dell’art. 165, comma 1, c.p., a contrario, inerisce esclusivamente alla riparazione del danno criminale, la cui riparazione, nel processo penale, prescinde da iniziative privatistiche.

Invero, tale obbligo è stato introdotto mediante le modifiche aggiuntive e non modificative intervenute sul testo originario dell’art. 165, comma 1, c.p., allo scopo di tutelare non più solamente la persona subente un pregiudizio economico in conseguenza del reato, ma anche il bene giuridico protetto dalla norma penale violata[18].

Uno scopo tipicamente pubblicistico, dunque, la cui attuazione prescinde da qualsivoglia iniziativa privatistica: in tal caso, infatti, l’ordinamento rivendica il diritto di imporre al soggetto che goda della sospensione condizionale l’obbligo di incidere, secondo modalità definite dal giudice, sui contenuti lesivi del reato commesso.

Ne emerge, pertanto, una netta differenza di finalità e disciplina tra i due obblighi, acuita dalla scelta legislativa di separare graficamente le finalità civilistiche e le finalità pubblicistiche perseguite dal beneficio sospensivo subordinato, come si evince dal ricorso al punto e virgola, rispettivamente indicate nella prima e nella seconda parte della disposizione.

L’erronea riconducibilità delle restituzioni tra le condotte di eliminazione delle conseguenze dannose del reato ad opera di parte della giurisprudenza, che ha reso necessario l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è derivata dalla confusione tra i concetti di danno criminale e di danno civilistico: invero, se la differenza tra i due concetti, per alcune tipologie di reati, è di immediata percezione e non si presta ad alcun equivoco, nei reati contro il patrimonio il confine tra le due nozioni diviene estremamente labile[19].

Al fine di evitare tale confusione, occorre rilevare come il legislatore, facendo riferimento all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ha avuto riguardo esclusivamente agli effetti del reato ancora in essere che il reo ha la possibilità di far cessare: diversamente, la norma, ove interpretata nel senso di eliminare le conseguenze dannose o pericolose degli effetti di un reato già consumato i cui effetti sono impossibili da eliminare, non avrebbe ragion d’essere.

Tale considerazione induce ad affermare che tale obbligo, non si applica né ai reati istantanei, nei quali il danno criminale si esaurisce contemporaneamente alla consumazione del reato, né ai reati permanenti i cui effetti siano cessati già al momento del giudizio.

In entrambi i casi, pertanto, se non v’è costituzione di parte civile, il giudice non può, d’ufficio, concedere la sospensione condizionale della pena subordinandola all’eliminazione delle conseguenze danno del reato e, quindi, alla restituzione del bene, sia perché il bene giuridico è stato definitivamente violato e non è riparabile, sia perché, altrimenti, entrerebbe in una controversia di natura strettamente privatistica.

D’altro canto, la restituzione del bene, pur essendo un post factum che può incidere sul trattamento sanzionatorio ex art. 62, n.6, c.p., di certo non elimina il danno criminale che l’agente ha provocato con la violazione del diritto di proprietà.

In conclusione, a differenza dell’obbligo delle restituzioni e del risarcimento del danno, l’obbligo di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato si applica esclusivamente ai reati permanenti ancora in essere al momento della decisione o a quei reati che, benché cessati, abbiano provocato un danno criminale che continua a perpetuarsi anche dopo la consumazione e che l’imputato ha la possibilità di eliminare[20] [21].

7. Considerazioni conclusive

Pienamente condivisibili appaiono le conclusioni rassegnate dalla sentenza in commento in punto di necessarietà di costituzione di parte civile per la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’obbligo delle restituzioni: diversamente opinando e, dunque, circoscrivendo tale necessarietà esclusivamente in caso di subordinazione dell’istituto all’obbligo risarcitorio, affermando che la restituzione di beni illegittimamente percepiti in relazione al fatto criminoso rientri tra le condotte di eliminazione delle conseguenze dannose del reato, si perverrebbe invero ad una sovrapposizione, sia pur parziale, delle nozioni di danno civilistico e di danno criminale nonché ad un’inutile duplicazione di norme.

Le indubbie finalità civilistiche sottese agli obblighi di cui alla prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., peraltro, consentono immediatamente di eliminare qualsiasi possibilità di sovrapposizione tra l’obbligo delle restituzioni e l’obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, in quanto quest’ultimo, a tale connotazione, è assolutamente estraneo.

La soluzione individuata dalle Sezioni Unite in punto di necessarietà di costituzione di parte civile per la subordinazione del beneficio sospensivo all’obbligo delle restituzioni, può da ultimo aggiungersi, risulta assolutamente aderente alla scelta legislativa di separare graficamente le finalità civilistiche e le finalità pubblicistiche perseguite dal beneficio sospensivo subordinato, rispettivamente indicate nella prima e nella seconda parte della disposizione, come si evince dal ricorso al punto e virgola, la quale assume un rilievo sistematico ancora maggiore alla luce del fatto che la disciplina dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato è stata introdotta ex novo solamente nel 1981, allo scopo di tutelare, non più solamente la persona subente un pregiudizio economico in conseguenza del reato, ma anche il bene giuridico protetto dalla norma penale violata mediante la riparazione del danno criminale. Tale sola interpretazione può dirsi effettivamente coerente con un sistema in cui l’azione civile costituisce il presupposto necessario per qualsiasi statuizione privatistica, sebbene correlata ad istituti squisitamente privatistici[22].


[1] Ex Plurimis, Cass. Pen., Sez. I, 20 dicembre 2021, n. 26812; Cass. Pen., Sez. VI, 28 gennaio 2021, n. 8314, Cass. Pen., Sez. II, 15 luglio 2021, n. 23917; Cass. Pen., Sez. II, 13 settembre 2019, n. 45854; Cass. Pen., Sez. II, 5 marzo 2015, n. 12895.

[2] Cass. Pen., Sez. II, 18 dicembre 2013, n. 3958 secondo cui “il giudice non può subordinare la sospensione condizionale della pena, in difetto della costituzione di parte civile, all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché queste, come il risarcimento, riguardano solo il danno civile e non anche il danno criminale, che si identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell’art. 165 c.p., solo se i loro effetti non sono ancora cessati…una cosa è l’obbligo di restituzione a favore della parte civile (che rientra nel danno civilistico), altra e diversa cosa è l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (cd. danno criminale): il che comporta che anche la condanna alla restituzione così come quella al risarcimento del danno, in tanto può essere pronunciata in quanto vi sia una parte civile che, costituitasi in giudizio, abbia chiesto espressamente la condanna dell’imputato alla restituzione”.

[3] Ex Plurimis, Cass. Pen., Sez. II, 24 settembre 2019, n. 42583; Cass. Pen., Sez. III, 24 giugno 2014, n. 1324; Cass. Pen., Sez. II, 28 settembre 2019, n. 41376; Cass. Pen., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 16629.

[4] Cass. Pen., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 16629.

[5] Cass. Pen., Sez. II, 24 settembre 2019, n. 42583; Nello stesso senso, Cass. Pen., Sez. II, 28 settembre 2010, n.41376, secondo cui “l’applicabilità dell’art. 165 c.p., presuppone la costituzione di parte civile solo nel caso in cui il giudice intenda subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e non, invece, nel caso in cui tale subordinazione inerisca all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni o alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato, in quanto le restituzioni non sono più finalizzate alla tutela degli interessi civili del danneggiato, bensì al reinserimento sociale del reo, motivandolo a comportamenti sintomatici di una maggiore socialità”.

[6] Cass. Pen., Sez. Un., 27 aprile 2023, n. 32939.

[7] F. Carnelutti, Il danno ed il reato, Padova, 1930, pagg. 17 e ss., secondo cui “la legge non proibisce l’atto in sé, ma questo in vista del danno che ne deriva. Il diritto non impone obblighi a vuoto: obbligo vuol dire, innanzitutto, subordinazione di un interesse a un interesse altrui, quindi non vi è violazione di un obbligo senza lesione di un interesse protetto, cioè senza danno”; nello stesso senso, F. Antolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte Generale, Milano, 1987, pagg. 175 ss. e A. Rocco, L’oggetto del reato, Milano,1913, pag. 282.

[8] Sulla rilevanza del pericolo come species damni, F. Carnelutti, op. cit., pag. 28, secondo cui il reato di pericolo è un reato “a danno variabile”, suscettibile di minore o maggiore sviluppo. Nello stesso senso, A. Rocco, op. cit., pag. 322.

[9] D. Fiordalisi, Il danno criminale, Giappichelli, 2006, pag. 7.

[10] In tal senso, P. Tonini – C. Conti, Manuale breve di Diritto Processuale Penale, Giuffré, 2023, pag. 101, secondo cui, ad esempio, nel reato di lesioni personali ex art. 582 c.p., l’offesa consiste nella lesione dell’integrità fisica di una persona, mentre il danno risarcibile consiste nelle perdite patrimoniali, nelle sofferenze e nel pregiudizio alla salute subiti dalla persona offesa.

[11] C. Quaglierini, Le parti private diverse dall’imputato e l’offeso dal reato, Milano, 2003, pag. 12

[12] E. M. Mancuso, La parte civile, il responsabile civile e il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, in G. Spangher, Trattato di Procedura Penale, Volume I, UTET Giuridica, 2009, pag. 523.

[13] A. Giarda – G. Spangher, Codice di Procedura Penale Commentato, Tomo I, Wolters Kluwer, 2023, pag. 1214.

[14] Art. 165, comma 1, c.p., ante legge n. 689 del 24 novembre 1981: “La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno”.

[15] Ex plurimis Cass. Pen., Sez. III, 13 ottobre 1975, n. 7761 e Cass. Pen., Sez. IV, 5 febbraio 1974, n. 205.

[16] Con la legge n. 689 del 24 novembre 1981, si è aggiunta, nella seconda parte dell’art. 165, comma 1, c.p., la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato; con la legge n. 145 dell’11 giugno 2004, la possibilità di subordinare l’istituto alla prestazione di attività non retributiva a favore della collettività.

[17] Cass. Pen., Sez. VI, 19 gennaio 2004, n. 933.

[18] In tal senso, Cass. Pen., Sez. II, 15 febbraio 2013, n. 22342.

[19] Cass. Pen., Sez. II, 18 dicembre 2013, n. 3958, secondo cui, nei reati contro il patrimonio, poiché il contenuto delle due nozioni può coincidere – in quanto, normalmente, il bene giuridico violato consiste nel diritto di proprietà, ossia nel danno che l’agente, commettendo il reato, ha arrecato alla persona offesa -, v’è rischio di confusione tra il concetto di danno criminale e di danno civilistico. Diversamente, nei reati contro la persona, come il delitto di omicidio, v’è una netta differenza di contenuto tra le due nozioni: il danno consistente nella distruzione del bene ‘vita’ è chiaramente diverso dal danno che viene risarcito agli eredi ove si costituiscano parte civile.

[20] Sull’applicabilità dell’obbligo in tema di reati edilizi, Cass. Pen., Sez. III, 4 maggio 1998, la quale ha ritenuto legittimo subordinare la sospensione condizionale della pena all’obbligo di demolizione della costruzione abusiva in quanto idoneo ad eliminare le conseguenze del danno criminale, individuabile nella realizzazione della costruzione nel rispetto della concessione e nella tutela sostanziale del territorio, il cui sviluppo deve avvenire in conformità alle previsioni urbanistiche. Nello stesso senso, Cass. Pen., Sez. III, 21 maggio 2013, n. 28356 e Cass. Pen., Sez. III, 19 giugno 2013, n. 32834.

[21] Ancora, sull’applicabilità dell’obbligo in tema di reati ambientali, Cass. Pen., Sez. III, 11 gennaio 2010, n. 769, la quale ha ritenuto legittimo subordinare la sospensione condizionale della pena all’obbligo della messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dell’area inquinata, in quanto idoneo ad eliminare le conseguenze del danno criminale rappresentato dall’interesse pubblico alla salubrità dell’ambiente.

[22] Sulla necessità di interpretare la norma penale nei limiti di coerenza e di compatibilità con le altre, G. Vassalli, Limiti e divieto di analogia in materia penale, Milano, 1942, secondo cui “la vera norma penale non è solo la norma base, ma è quella data dal complesso delle disposizioni espresse e tacite, che convergono a qualificare l’interesse tutelato, ed i suoi limiti si debbono riconoscere mediante l’integrazione tra norma base e norma o norme integranti. L’interprete deve ricercare, quindi, quell’insieme di rapporti concettuali, di coerenza, ma anche di eventuale contrasto, per i quali la norma stessa non può considerarsi come un’autonoma entità, ma come un elemento o un momento di una più ampia unità concettuale e sistematica. La norma penale, di conseguenza, non può, mai, considerarsi compiuta ed autosufficiente, giacché, per essere intesa nella sua effettiva portata, deve essere interpretata, anche, nei limiti di coerenza e di compatibilità con l’insieme delle altre norme che, insieme ad essa, costituiscono il sistema”.

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