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Successione di leggi processuali in materia di tabulati: tempus regit actum?

Successione di leggi processuali in materia di tabulati: tempus regit actum?

Corte di cassazione, Sez. V, sentenza 13 gennaio 2022, n. 1054, Sabeone Presidente – Pezzullo Relatore – Di Leo P.M. (parz. diff.)

Massima: In tema di acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico e telematico, la disciplina introdotta dall’art. 1 del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, conv. in l. 23 novembre 2021, n. 178 – che ne limita la possibilità di acquisizione, ai fini di indagine penale, ai reati più gravi, o comunque commessi col mezzo del telefono, attraverso il filtro del provvedimento motivato del giudice – non è applicabile ai dati già acquisiti nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, trattandosi di disciplina di natura processuale (massima ufficiale).

Sommario: 1. Premessa – 2. Il quadro normativo e giurisprudenziale antecedente alla novella – 3. L’intervento della Corte di giustizia dell’Unione europea – 4. L’innovata disciplina della data retention – 5. Quale regime transitorio? – 6. La sopraggiunta disciplina transitoria come scelta di compromesso – 7. Conclusioni.

  1. Premessa

Com’è noto, il d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 novembre 2021, n. 178, ha profondamente innovato la disciplina in materia di tabulati[1] contenuta nell’art. 132 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. Codice della privacy)[2]. L’elemento di novità maggiormente significativo – sulla scorta di quanto ribadito, per l’ennesima volta, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel marzo del 2021[3] – è che il rilascio dei dati relativi al traffico telefonico e telematico deve avvenire previa autorizzazione da parte del giudice. In questo modo, il pubblico ministero, che fino a pochi mesi fa era il dominus di tale procedura, è privato di tale prerogativa. Nel contempo, il legislatore ha operato una serie di interpolazioni che, come si dirà a seguire, hanno portato ad un radicale stravolgimento della precedente disciplina[4].

A modifiche di così ampio rilievo si è immediatamente accompagnato il dibattito su quale fosse il regime di utilizzabilità, nei procedimenti in corso, dei tabulati acquisiti dal pubblico ministero sulla base della disciplina previgente[5]. Di fronte all’alternativa secca tra l’inutilizzabilità tout court degli stessie l’impiego incondizionato dei dati già acquisiti, dopo una tormentata vicenda, il legislatore ha optato per una terza via, ossia per l’utilizzabilità degli stessi a carico dell’imputato solo «unitamente ad altri elementi di prova», e soltanto per i reati puniti con la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni ovvero reati di minaccia, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo siano “gravi”[6].

Tale inciso, tuttavia, è stato aggiunto solo in sede di conversione (art. 1, comma 1-bis, l. n. 178/2021), mentre non era ancora in vigore nel momento in cui il Supremo Collegio si è riunito in camera di consiglio per adottare la decisione in commento.

Nella vicenda in esame, i giudici di legittimità – sollecitati dal difensore del ricorrente a dichiarare l’inutilizzabilità delle “acquisizioni telefoniche e telematiche” in atti in ragione dell’entrata in vigore dell’art. 1 d.l. n. 132/2021 che ha modificato l’art. 132 del Codice della privacy – hanno escluso che la nuova disciplina in materia di tabulati possa trovare applicazione nell’ambito dei procedimenti in corso. In particolare, la Corte di cassazione ha ribadito che, non essendo prevista alcuna disciplina intertemporale applicabile ai dati di traffico telefonico o telematico già acquisiti nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, «in mancanza di diverse disposizioni deve ritenersi operante il principio tempus regit actum, trattandosi di disciplina di natura processuale». Muovendo da tale assunto, nella motivazione viene affermato che, in applicazione del principio tempus regit actum, «devono ritenersi pienamente utilizzabili i dati del traffico telefonico e telematico di cui al presente procedimento, essendo stati tali dati acquisiti e trasmessi in base ad un provvedimento legittimamente emesso in conformità al contenuto dell’allora vigente art. 132 del codice della privacy».

Come anticipato, la sentenza in epigrafe non offre un quadro aggiornato del tessuto normativo attualmente vigente, cosicché potrebbe apparire ormai superata in quanto pronunciata prima che la legge di conversione introducesse la disposizione transitoria. Tuttavia, la vicenda in esame riguardava un reato di omicidio, ossia una di quelle fattispecie criminose che, secondo la nuova disciplina, consentono l’utilizzo, nei confronti dell’imputato, unitamente ad altri elementi di prova, dei tabulati acquisiti secondo il previgente regime, in assenza dell’autorizzazione di un giudice.

In questo modo viene gravemente compromessa la riservatezza dei cittadini e si fanno salvi i dati acquisiti per anni dal pubblico ministero, in spregio alla Costituzione[7] e alla normativa europea[8].

  • Il quadro normativo e giurisprudenziale antecedente alla novella

Prima dell’ultimo intervento legislativo[9] – realizzato dal nell’ottica di porre un rimedio al lapidario contrasto con il diritto europeo ripetutamente denunciato dalla Corte del Lussemburgo[10] – il Codice della privacy attribuiva al pubblico ministero la legittimazione esclusiva ad acquisire i dati telefonici o telematici[11], anche nel caso di istanza del difensore dell’imputato, dell’indagato, della persona offesa e delle altre parti private[12]. In questo modo venivano riconosciuti al pubblico ministero poteri incidenti sulla vita privata e sull’“inviolabile” libertà e segretezza delle comunicazioni che il diritto europeo e l’art. 15 Cost. affidano al giudice[13].

Ciononostante, la giurisprudenzanazionale, in più occasioni, ha escluso che vi fossero elementi di contrasto tra il diritto europeo e la disciplina nazionale che legittimava il pubblico ministero, anziché il giudice, all’acquisizione dei dati[14]. Al riguardo si è detto che le sentenze europee, nelle versioni in lingua originale, fanno riferimento al necessario intervento di un’“autorità giudiziaria”, non prescrivendo esclusivamente l’autorizzazione del giudice, come, invece, viene richiesto nelle traduzioni in lingua italiana[15].

Ma i profili di contrasto non riguardavano la sola legittimazione ad acquisire i dati esterni delle comunicazioni, estendendosi anche alla mancata previsione dei “casi” – col risultato che la conservazione risultava «generalizzata e indifferenziata»[16] –  e dei termini di conservazione dei dati da parte dei gestori, che erano in precedenza, e continuano tuttora ad essere, veramente eccessivi. Com’è noto, il quadro complessivo della disciplina della data retention – sia in passato che ora – si articola secondo una sorta di “quadruplice binario” a seconda del tipo di reato perseguito[17]. I tempi di conservazione sono di regola scanditi nei ventiquattro mesi, dodici mesi e trenta giorni previsti dall’art. 132 d.lgs. n. 196 del 2003; nei casi in cui vengono in rilievo reati a matrice terroristica o previsti dall’art. 407, comma 2, lett. a), i tempi di conservazione sono dettati dall’art. 24 l. 20.11.2017, n. 167. Tuttavia, il fornitore dei servizi, non potendo prevedere le richieste che gli perverranno in futuro, per adempiere ai suoi obblighi di conservazione, deve custodire in ogni caso tutti i dati di traffico per il termine massimo di settantadue mesi.

  • L’intervento della Corte di giustizia dell’Unione europea

            Con la menzionata sentenza dello scorso marzo, la Corte del Lussemburgo – conformemente ad alcuni precedenti del medesimo segno[18] – ribadì come l’elevata capacità intrusiva dei tabulati possa consentire una limitazione dei diritti di cui agli artt. 7, 8 e 11 della Direttiva 2002/58/CE, nonché dell’art. 52, § 1 della Carta di Nizza, solo qualora risulti circoscritta, previo controllo da parte di un «giudice ovvero di un’autorità amministrativa indipendente»[19].

            La Grande Camera della Corte giustizia affermò, anzitutto, il principio per cui l’obiettivo della prevenzione, della ricerca, dell’accertamento e del perseguimento dei reati è ammesso, conformemente al principio di proporzionalità[20], soltanto per la lotta contro «le forme gravi di criminalità e la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica», le quali solamente sono idonee a giustificare ingerenze gravi nei diritti fondamentali sanciti dagli artt. 7 e 8 della Carta, come quelle che comporta la conservazione dei dati relativi al traffico e all’ubicazione[21]. Infatti, come già rilevato in passato, l’accesso a un insieme di dati relativi al traffico o all’ubicazione risulta idoneo a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate; ne consegue che è vietata la loro conservazione generalizzata e indifferenziata.

La Corte aggiunse che altri fattori attinenti alla proporzionalità di una domanda di accesso, come la durata del periodo per il quale viene richiesto l’accesso a tali dati, non possono avere come effetto quello di giustificare l’obiettivo di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati in generale. In altri termini, il principio di proporzionalità impone che sia la categoria o le categorie di dati interessati, sia la durata per la quale è richiesto l’accesso a questi ultimi, debbano essere limitate, in funzione delle circostanze del caso di specie, a “quanto è strettamente necessario” ai fini dell’indagine in questione.

Ma la Corte del Lussemburgo, nella sua più autorevole composizione, oltre ad occuparsi del principio di proporzionalità, prese posizione anche in merito ai soggetti legittimati ad acquisire i tabulati del traffico telefonico e telematico. Al riguardo, la Corte concluse dichiarando che l’art. 15, § 1, della Direttiva 2002/58/CE, letto alla luce degli artt. 7, 8 e 11 nonché dell’art. 52, § 1, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale renda il pubblico ministero, il cui compito è di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l’azione penale in un successivo procedimento, competente ad autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico e all’ubicazione ai fini di un’istruzione penale.

  • L’innovata disciplina della data retention

È stata proprio la qualificazione del pubblico ministero come “parte” processuale[22] – con conseguente, carenza dei requisiti di imparzialità che l’ordinamento sovranazionale impone per accedere ai tabulati[23] – a determinare il cambio di rotta nella legislazione interna.

Con l’entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito con modificazioni dalla l. 23 novembre 2021, n. 178, la disciplina sulla conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico è andata incontro ad una vera e propria “rivoluzione copernicana” che ha determinato il superamento di alcuni punti fissi che si rinvenivano nella normativa previgente;  tuttavia, il legislatore non ha seguito integralmente il monito della Corte del Lussemburgo, dal momento che sono rimasti immutati i termini di conservazione dei dati e che non è stata riconosciuta una espressa tutela ai dati di “ubicazione” conservati  dal gestore[24].

Come anticipato, il pubblico ministero – che fino a pochi mesi or sono decretava il rilascio dei tabulati – è stato esautorato da detta incombenza, potendo ora limitarsi a richiedere, al pari del difensore, l’autorizzazione al giudice per il rilascio della data retention.

Il vero dominus della procedura, quindi, è diventato il giudice, il quale ha ora il compito di autorizzare, qualora sussistano i presupposti, il rilascio dei dati del traffico telefonico e telematico.

Oltre ad essere mutato il principale protagonista di tale procedura, la novella ha finalmente previsto l’introduzione di una riserva di legge e di una riserva di giurisdizione che tenta di attuare il principio di proporzione avallato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, nel mese di marzo dello scorso anno.

Ed infatti, l’art. 132, d.lgs. n. 196/2003, sulla scia di quanto previsto dal codice di rito per poter disporre l’intercettazione di comunicazioni, finalmente individua i “casi” [25] nei quali è consentito l’accesso ai dati del traffico telefonico o telematico, ossia la lotta contro “forme gravi di criminalità o della prevenzione di gravi minacce per la sicurezza pubblica”, ma poi devono sussistere “sufficienti indizi” di un reato (fumus delicti) per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferire nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’art. 4 c.p.p., e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi[26], ove “rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini”[27]. Non ci si può esimere dal rilevare che, con riferimento a tale aspetto, il legislatore nazionale ha interpretato in maniera particolarmente ampia le indicazioni della Grande Camera, che faceva riferimento a “gravi” forme di criminalità[28] e, di regola, a persone sospettate di reato. A livello interno, invece, si è deciso di forzare tale dato e di includere nel novero delle fattispecie criminose che legittimano la conservazione e l’acquisizione dei tabulati da parte dei fornitori anche reati di minima gravità, come la molestia o il disturbo telefonico.

Spostando l’attenzione sui soggetti coinvolti nel procedimento, essendo esplicitamente legittimati alla richiesta non solo il pubblico ministero, il difensore dell’imputato, della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa, ma anche quello delle “altre parti private”, si consente pure al difensore della parte civile, del responsabile civile e del civilmente obbligato per la pena pecuniaria di presentare istanza di acquisizione dei dati.

La Corte di Giustizia UE richiedeva anche di individuare per legge i “soggetti” passibili di controllo perché, di regola, l’accesso è ammesso soltanto ai dati di chi è sospettato di reato e solo eccezionalmente, in “situazioni particolari”, come ad esempio quelle in cui gli interessi vitali della sicurezza nazionale, della difesa o della sicurezza pubblica siano minacciati da attività di terrorismo, può consentirsi l’accesso ai dati di persone non sospettate, ma a condizione che esistano “elementi oggettivi che permettano di ritenere che tali dati potrebbero, in un caso concreto, fornire un contributo effettivo alla lotta contro attività di questo tipo”. Invece nulla al riguardo è stato precisato nemmeno nella legge di conversione.

Ciò che, invece, è rimasto immutato è l’irragionevole termine di conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico. Mentre la Corte di Giustizia dell’Unione europea aveva ravvisato la necessità di porre limitazioni – sia per tali tipologie di dati che per quelli di “ubicazione” – il legislatore italiano non ha recepito queste indicazioni e, nel riformare la materia, ha, purtroppo, lasciato immutato il termine di conservazione dei medesimi[29]. Questo significa che i gestori, i quali non possono certo prevedere per quali reati perverranno le richieste di acquisizione dei dati, sono di fatto costretti a conservare tutti i dati per 72 mesi, in spregio al principio di proporzione.

Quanto alla loro finalità, la legge prevede che i tabulati debbano essere necessari per “l’accertamento dei fatti” e non solo ai fini della prosecuzione delle indagini[30]. In questo modo l’acquisizione dei dati può essere ottenuta anche dopo la chiusura delle indagini preliminari e per tutto il corso del processo, pure ad iniziativa del difensore, sempre che ovviamente i dati siano ancora conservati.

Ne risulta che l’acquisizione dei tabulati pare possa rappresentare il primo atto di indagine, anche se tale lettura contrasta con i principi enunciati dalla Corte del Lussemburgo secondo cui l’accesso ai dati esteriori delle comunicazioni deve essere limitato ai soli sospettati di grave reato. L’utilizzo del termine “sospettato” presuppone, infatti, che siano già emersi sospetti a carico di un determinato soggetto, situazione che appare improbabile all’avvio delle indagini.

La novella è intervenuta anche sulla procedura d’urgenza, prevedendo all’art. 132, comma 3-bis,d.lgs. n. 196/2003 che, “quando ricorrono ragioni d’urgenza e vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone la acquisizione dei dati con decreto motivato che è comunicato immediatamente, e comunque non oltre quarantotto ore, al giudice competente per il rilascio dell’autorizzazione in via ordinaria. Il giudice, nelle quarantotto ore successive, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, i dati acquisiti non possono essere utilizzati”.

Tale previsione riecheggia le indicazioni date dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea secondo cui, in presenza di “situazioni di urgenza debitamente motivate”, è ammissibile un controllo postumo, “entro brevi termini”, da parte di un giudice o di un’autorità amministrativa indipendente[31].

Spostando l’attenzione sui risvolti patologici, dalla novella si evince che “I dati acquisiti in violazione delle disposizioni dei commi 3 e 3-bis non possono essere utilizzati”. In questo modo, il legislatore ha finalmente disciplinato, sotto il profilo sanzionatorio, tutte le ipotesi di acquisizione illegittima dei dati. Comportano, quindi, l’inutilizzabilità, a carico dell’imputato, dei dati acquisiti oltre il termine di conservazione stabilito dalla legge o se l’autorizzazione sia stata data per un reato che non consente l’acquisizione dei dati oppure la mancanza di un decreto del giudice o l’assenza in esso di una motivazione sui “sufficienti indizi di reato” o sulla loro rilevanza “per l’accertamento dei fatti” e, ovviamente, la mancata convalida dell’acquisizione disposta d’urgenza dal pubblico ministero.

L’utilizzabilità in bonam partem, cioè a favore dell’imputato, è invece sempre possibile, perché la Costituzione pone la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo ad obiettivo fondamentale dell’ordinamento, per cui, nel processo penale, l’innocenza e comunque la minore responsabilità dell’imputato devono poter sempre essere accertate[32].

“i dati sono acquisiti previa autorizzazione rilasciata dal giudice con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private”: Tale indicazione non consente di omettere l’esibizione al gestore del provvedimento autorizzativo[33].

  • Quale regime transitorio?

Il nocciolo della questione scrutinata dalla Corte di cassazione attiene al regime transitorio della nuova disciplina in materia di tabulati e, nello specifico, all’applicabilità di quest’ultima ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge[34].

Come anticipato in premessa, la previsione di un regime transitorio è andata incontro ad una tormentata vicenda, posto che nelle bozze preparatorie era stato previsto ma non fu trasposto nella versione definitiva del d.l. n. 132/2021 pubblicata in G.U.[35]. Il suo esordio si è avuto soltanto in sede di conversione del decreto-legge, allorché l’art. 1, comma 1-bis, l. n. 178/2021 ha fugato eventuali dubbi prevedendo che i dati relativi al traffico telefonico e telematico e alle chiamate senza risposta acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, «possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l’accertamento di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo   o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e dei reati di minaccia e di molestia  disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, a molestia  il disturbo sono gravi».

Per maggiore chiarezza, è bene ribadire che la decisione in commento è stata adottata prima che il legislatore intervenisse con la previsione della suddetta disposizione transitoria. Nel più totale silenzio serbato al riguardo, l’opinione al tempo prevalente[36] – la medesima del Collegio che ha emesso la pronuncia in commento – era che la querelle relativa alle sorti dei tabulati già acquisiti sulla base della previgente disciplina dovesse essere risolta in base al principio del tempus regit actum[37]. In particolare, nella sentenza viene affermato che, in assenza di una disciplina intertemporale, essendo la successione di leggi processuali nel tempo governata dal principio tempus regit actum, si ha la «persistente validità ed efficacia degli atti compiuti nell’osservanza delle leggi all’epoca vigenti»[38].   Ne consegue che, con specifico riguardo alla tematica de qua, limitatamente ai procedimenti in corso, secondo la Corte, le modifiche sopraggiunte non avrebbero determinato l’inutilizzabilità dei tabulati già acquisiti sulla base della previgente disciplina[39].

Tuttavia, il canone del tempus regit actum, che sovrintende il fenomeno della successione di leggi nel tempo in materia processuale, si presta ad essere declinato in modo differente a seconda della materia che si va ad analizzare. Con specifico riguardo al tema delle prove occorre stabilire cosa debba intendersi per “actus” e quale sia il relativo “tempus”.  Secondo un’impostazione seguita in passato dalle Sezioni Unite[40] e da una parte della dottrina, il concetto di “actus” non sarebbe sovrapponibile a quello di atto processuale come comunemente interpretato, dovendosi, invece, fare riferimento al processo probatorio largamente inteso, tenendo in considerazione i vari momenti che lo costituiscono[41]. Con specifico riguardo al tema della prova – che è quello che rileva in questa sede – è stato evidenziato in dottrina[42] come il concetto di “actus” finisca per avere una portata più ampia rispetto ad altri settori, giacché il processo probatorio, com’è noto, si articola in varie fasi e pertanto esso non può essere riduttivamente limitato solo a quella dell’acquisizione[43]. In altri termini, adattando tale ricostruzione al tema della data retention, dal momento che il procedimento probatorio si esaurisce con la valutazione delle prove, l’“actus” non potrebbe dirsi interamente compiuto fintantoché non si sia addivenuti alla valutazione delle prove (ossia dei tabulati), non essendo sufficiente a tal fine fare riferimento al solo momento dell’acquisizione[44]. La conclusione di tale premessa è che l’organo giudicante – anche in assenza di una disposizione transitoria – non avendo ancora valutato le prove e non essendo ancora pervenuto a decisione, avrebbe dovuto applicare l’innovata disciplina contenuta nel d.l. n. 132/2021.

Questo almeno in linea teorica, ma la situazione nel caso di specie si complica ulteriormente se si considera che la Corte di cassazione è un giudice di legittimità al quale, com’è noto, non viene demandato il compito di valutare le prove, essendo quest’ultima una prerogativa del giudice merito. Sotto tale profilo, pertanto, il procedimento probatorio dovrebbe dirsi già concluso, essendosi esaurito davanti ai giudici di merito.

Può, quindi, affermarsi che la soluzione adottata dalla Suprema Corte – pur lasciando del tutto insoddisfatti – almeno sotto un profilo squisitamente formale, considerata la sua funzione di giudice di legittimità e il relativo ambito di cognizione oltreché l’assenza di un regime transitorio, non poteva essere diversa da quella in concreto adottata.

Laddove, invece, il giudice chiamato a pronunciarsi fosse stato il tribunale o la corte d’appello, in quanto organi della giurisdizione di merito, la situazione sarebbe stata ben diversa. Volendo seguire la teoria sopra esposta, secondo la quale il processo probatorio non può dirsi esaurito fintantoché non si sia arrivati alla valutazione degli elementi raccolti, si sarebbe dovuta applicare ai procedimenti in corso la novella di cui al d.l. n. 132/2021, anche in assenza di una disciplina transitoria.

  • La sopraggiunta disciplina transitoria come scelta di compromesso

Ma una disciplina transitoria – successivamente alla decisione in commento – è stata introdotta dall’art. 1, comma 1-bis, l. n. 178/2021, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 132/2021.

A fronte di un contrasto tra chi ravvisava un vulnus dei principi di derivazione europea in quelle pronunce che – come quella in commento – ammettevano la piena utilizzabilità dei tabulati anche nei procedimenti in corso e chi, invece, sosteneva che una disciplina transitoria avrebbe determinato un «inutile aggravio»[45] con conseguente pregiudizio per l’accertamento dei fatti, in sede di conversione del decreto-legge è stata introdotta una disciplina transitoria.

L’attuale disposizione ammette una utilizzabilità dei tabulati, nei confronti dell’imputato, solo in presenza di ulteriori riscontri e qualora si abbia a che fare con un soggetto indagato per un reato punito con la pena dell’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, oltre che minaccia con l’uso del telefono.

Deve, tuttavia, rilevarsi che anche tale disciplina transitoria – che in pratica fa salve le acquisizioni disposte nei procedimenti riguardanti tutti i reati elencati nel primo comma dell’art. 1 del d.lgs. n. 196/2003 – non pare integralmente conforme ai dettami della Corte del Lussemburgo. In realtà la disposizione tenta di recuperare l’assenza di giurisdizionalità prevedendo che i tabulati possano essere utilizzati in presenza di ulteriori riscontri.

È noto infatti, sia che l’art. 15 Cost. [46] tutela la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione con doppia riserva – di legge e di giurisdizione –  sia la circostanza che la legislazione europea esige l’autorizzazione di un giudice o di una autorità amministrativa indipendente ai fini dell’acquisizione dei tabulati, il perpetuarsi della previgente legislazione italiana (con conseguente utilizzo dei tabulati già acquisiti con provvedimento del pubblico ministero) configura un’ipotesi di prova “inconvenzionale” e “incostituzionale”[47], in quanto tale inutilizzabile.

La legislazione europea, infatti, prevede che l’acquisizione dei dati esterni delle comunicazioni debba avvenire previa autorizzazione di un giudice o di un’autorità amministrativa indipendente, qualora risulti indispensabile per contrastare fenomeni di terrorismo o altre gravi forme di criminalità.

Posto che, in base all’art. 117 Cost., l’esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni deve avvenire nel rispetto della Costituzione «e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», la soluzione adottata – secondo la quale, in assenza di una disciplina transitoria possono utilizzarsi i tabulati già acquisiti con provvedimento del pubblico ministero, in assenza di un controllo del giudice – comporta una grave violazione del diritto europeo e, di riflesso, contrasta con l’art. 117 Cost. Il precipitato è che si acquisisce una prova incostituzionale e, in quanto tale, inutilizzabile.

Inoltre, da un’analisi complessiva della novella emerge una incomprensibile ed ingiustificabile iniquità, tra vecchia e nuova disciplina, relativamente ai criteri di valutazione della prova. Ed infatti, mentre i tabulati, il cui rilascio sia avvenuto in base alla previgente normativa, “possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo in presenza di altri elementi di prova”, nessuna indicazione al riguardo viene data in merito ai criteri di valutazione dei tabulati rilasciati secondo la nuova disciplina.

Emerge, pertanto, che i tabulati già acquisiti possono essere valutati dal giudice, quali elementi a carico dell’imputato, solo in presenza di ulteriori riscontri, mentre per i tabulati rilasciati secondo la nuova procedura, nel silenzio del legislatore, si concretizza il rischio che questi, in base al principio del libero convincimento del giudice, possano da soli essere posti alla base di una decisione di merito.

Non risulta chiaro comprendere se si tratti di una dimenticanza del legislatore, ma ciò che appare evidente è che, in questo modo, si origina una situazione iniqua, poiché si trattano in modo diverso situazioni eguali tra loro, prestando il fianco a censure di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost[48]. Pertanto le strade da percorrere per porre fine a tale irragionevole disparità di trattamento sono sostanzialmente due: una è quella di giungere alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del nuovo testo nella parte in cui non prevede che i tabulati possono essere utilizzati, a carico dell’imputato, soltanto in presenza di ulteriori riscontri, al pari di quanto prevede la norma transitoria. L’altra via percorribile, invece, è che il legislatore introduca un apposito criterio in materia di valutazione della prova per quanto riguarda i tabulati – come già avviene in altri casi all’art. 192 c.p.p. – prevedendo che possano essere utilizzati quale prova a carico dell’imputato solo in presenza di ulteriori riscontri.

  • Conclusioni

La soluzione adottata dal Supremo Collegio lascia insoddisfatti perché disattende le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea e reputa utilizzabili i tabulati acquisiti in assenza del controllo di un giudice.

In realtà, nonostante successivamente alla pronuncia in commento sia stata introdotta una disposizione transitoria, potranno ancora continuare ad essere utilizzati, nei confronti dell’imputato, i tabulati acquisiti con provvedimento del pubblico ministero, sebbene si tenti di “recuperare” l’assenza di giurisdizionalità richiedendo ulteriori riscontri.   

In fin dei conti, tale ultima previsione, come spesso accadde, sembra ispirata più dall’esigenza di evitare la perdita dei dati del traffico telefonico e telematico già acquisiti, con evidente pregiudizio per l’accertamento dei fatti, che non da quella di rispettare la riservatezza delle comunicazioni dei singoli.

È auspicabile, quindi, qualche intervento in futuro teso a conformare la legislazione interna ai paradigmi europei.


[1] Per un inquadramento generale della materia, tra i vari, si segnalano: Andolina, L’acquisizione nel processo penale dei dati “esteriori” delle comunicazioni telefoniche e telematiche, Milano, 2018, passim; Ead., La raccolta dei dati relativi alla localizzazione del cellulare ed al traffico telefonico tra inerzia legislativa e supplenza giurisprudenziale, in AP, 2020, III; Fanuele, La localizzazione satellitare nelle investigazioni penali, Milano, 2019, p. 163 ss.; Filippi, Intercettazioni, accesso ai dati personali e valori costituzionali, Pisa, 2021, p. 49 ss.; Flor, Dataretention ed art. 32 cod. privacy: vexata quaestio (?), in Arch. dpc., 2017; Lupària, Dataretention e processo penale. Un’occasione mancata per prendere i diritti davvero sul serio, in Dir. e internet, 2019, p. 757; Marcolini, Le indagini atipiche a contenuto tecnologico nel processo penale: una proposta, in CP, 2015, p. 760; Riccardi, Dati esteriori delle comunicazioni e tabulati di traffico. Il bilanciamento tra “privacy” e repressione del fenomeno criminale nel dialogo tra giurisprudenza e legislatore, in Arch. dpc., 2016; Tavassi, Acquisizione di tabulati, tutela della privacy e rispetto del principio di proporzionalità, in www.archiviopenale.it; Vasta, Tracciamento elettronico e tabulati telefonici: anche l’Italia a rischio condanna?, in RIDPP, 2018, p. 985.

[2] Tale disposizione contiene la disciplina ordinaria in materia di data retention. L’art. 24 l. 20 novembre 2017, n. 167, reca, invece, una disciplina speciale in materia di tabulati, al fine di garantire strumenti di indagine efficace in considerazione delle straordinarie esigenze di contrasto al terrorismo, anche internazionale. 

[3] C. giust., Grande Camera, 2.3.2021, H.K. c. / Prokuratuur, C-746/18.

[4] Si veda infra § 4. Oltre che sulla materia dei tabulati, la legge di conversione è intervenuta anche sul tema delle intercettazioni di comunicazioni mediante virus trojan, aggiungendo un aggettivo specificativo nell’art. 267, comma 1, c.p.p., per cui ora il decreto che autorizza l’intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile deve indicare “le specifiche ragioni” che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini.

[5] Tra i primi commentatori, l’opinione prevalente era che nell’ambito dei procedimenti pendenti, in assenza di una disciplina transitoria, i dati esterni del traffico già acquisiti dovessero considerarsi utilizzabili per effetto del principio tempus regit actum. Di tale avviso: Battarino, Acquisizione di dati di traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale il decreto-legge 30 settembre 2021 n. 132, in www.questionegiustizia.ita; Gittardi, Sull’utilizzabilità dei dati del traffico telefonico e telematico acquisiti nell’ambito dei procedimenti pendenti alla data del 30 settembre 2021, in www.giustiziainsieme.it; Pestelli, D.l. 32/2021: un discutibile ed inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, in www.quotidianogiuridico.it. Con riguardo alle problematiche connesse all’utilizzabilità dei dati del traffico telefonico e telematico che siano stati acquisiti in precedenza e al di fuori delle condizioni fissate dal d.l. n. 132/2021, pur escludendosi la sua retroattività, è stato osservato che potrebbero prospettarsi questioni sollevabili davanti alle Corti sovranazionali; cfr. Spangher, Data retention: svolta garantista ma occorre completare l’impianto, in GD, 2021, n. 39, p. 11.; Natalini, Misure urgenti in tema di acquisizione di dati relativi al traffico telefonico e telematico a fini di indagine penale, Rel. n. 55/2021, in www.cortedicassazione.it, che, tra le varie ipotesi, prospetta anche quella di un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. In senso contrario, invece, secondo una posizione sostenuta successivamente alla sentenza C. giust., Grande Camera, 8.4.2014, Digital Rights, C-293/12 e C-594/12, i tabulati già acquisiti si sarebbero dovuti considerare «privi di effetti ed il giudice penale investito di qualunque domanda (cautelare o di merito) […] avrebbe dovuto espungere que[gli] att[i] dal materiale decisorio»; cfr. Marcolini, Le indagini atipiche a contenuto tecnologico nel processo penale: una proposta, in CP, 2015, p. 781. Nella giurisprudenza di legittimità, Cass. pen. Sez. V, 9.12.2021, n. 45275, Rv. 282287, ha ribadito che, «In tema di acquisizione dei tabulati di comunicazioni telefoniche o telematiche, richiesta dal pubblico ministero prima all’entrata in vigore del d.l. n. 132 del 30 settembre 2021, non è abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che dichiari non luogo a provvedere per essere competente il pubblico ministero ai sensi dell’art. 132, d.lgs n. 196 del 30 giugno 2003»; (in motivazione, la Corte ha evidenziato che non sussiste contrasto con la sentenza CGUE del 2 marzo 2021, nella causa C-746/18, poiché il legislatore, con riferimento al momento in cui è stato adottato il provvedimento, non aveva ancora trasfuso in legge i principi delineati dal giudice comunitario).

[6] Si rinvia al § 6.

[7] C. cost., 17.07.1998, n. 281, ha stabilito che la materia in esame deve ricomprendersi nelle garanzie di cui all’art. 15 Cost. Ne consegue che deve essere soddisfatta sia la riserva di legge che la riserva di giurisdizione.

[8] Cfr. Filippi, La nuova disciplina dei tabulati: il commento “a caldo” del Prof. Filippi, in questa Rivista; Malacarne, La decretazione d’urgenza del Governo in materia di tabulati telefonici: breve commento a prima lettura del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, in www.sistemapenale.it.

[9] In origine la materia era contraddistinta dal vuoto legislativo, successivamente colmato, seppur in minima parte, dal regolamento 95/46/CE (poi abrogato dal Reg. UE 2016/679 c.d. GDPR), che si occupava del tema del trattamento dei dati personali. Nei primi anni duemila fu dettata una apposita disciplina contenuta nella Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, (Direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche). Più tardi intervenne la Dir. 2006/24/CE (C.d. Direttiva Frattini), che fu dichiarata invalida dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (C. giust., Grande Camera, 8.4.2014, Digital Rights, C-293/12 e C-594/12). Per un quadro complessivo delle modifiche maturate nel corso del tempo, si veda Filippi, Intercettazioni, tabulati e altre limitazioni della segretezza delle comunicazioni, in Procedura penale, teoria e pratica del processo, (a cura di Spangher), Milano, 2015, p. 1131. In argomento si vedano anche: Filippi, Intercettazione, in La prova penale (a cura di) Ferrua, Marzaduri, Spangher, Torino, 2013, p. 985; De Leo, La conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico nella prospettiva europea, in DPP., 2002, p. 1015.

[10] In precedenza: C. giust., 6.10.2020, Privacy International c. Secretary of State for Foreign and Commonwealth Affairs e al., C 623/17; C. giust., 2.10.2018, Ministerio Fiscal, C-207/16; C. giust., 2.12.2016, Tele2 e Whatson, cause riunite C-203/15 e C-698/15; C. giust., 8.04.2014, Digital Rights Ireland, cause riunite C-293/12 e C-594/12.

[11] In precedenza, la legge italiana stabiliva che i dati erano acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice, su istanza delle parti.

[12] Tale normativa ricalcava la previgente prassi processuale per cui il P.M. acquisiva il tabulato telefonico con proprio decreto ex art. 256 c.p.p.

[13] C. cost., 17.07.1998, n. 281. Cfr. Filippi, La nuova disciplina dei tabulati: il commento “a caldo” del Prof. Filippi, in questa Rivista.

[14] La Corte di cassazione, invece, ha sempre ritenuto conforme la disciplina interna alla normativa europea, sostenendo che fosse l’autorità giudiziaria, ma non necessariamente il giudice, a dover autorizzare l’accesso ai tabulati; cfr. Cass. pen., Sez. II, 13 febbraio 2020, n. 5741, Rv. n. 278568; Cass. pen., Sez. III, 2 dicembre 2019, n. 48737, Rv. n. 277353; Cass. pen., Sez. V, 19 luglio 2018, n. 33851, Rv. n. 273892.

[15] La Corte di cassazione ha ribadito in più occasioni che “un controllo preventivo da parte di un giudice o di un’autorità amministrativa indipendente” viene richiesto solo nelle traduzioni in lingua italiana, mentre nelle versioni in lingua francese delle sentenze, «è stato adoperato il termine juridiction, riferibile quindi alla magistratura francese nel suo complesso, composta da giudici e da pubblici ministeri (magistrats du parquet)». Si vedano al riguardo: Cass. pen., Sez. V, 19.7.2018, n. 33851, Rv. 273892; Cass. pen., Sez. III, 23.8.2019, n. 36380; Cass. pen., Sez. III, 2.12.2019, n. 48737, Rv. 277353.

[16] C. giust., Grande Camera, 2.3.2021, H.K. c. / Prokuratuur, C-746/18.

[17] Cfr. Filippi, La nuova disciplina dei tabulati: il commento “a caldo” del Prof. Filippi, cit., in questa Rivista; Spangher, Data retention: svolta garantista ma occorre completare l’impianto, in GD, 2021, n. 39, p. 11.

[18] C. giust., 8.04.2014, Digital Rights Ireland, cause riunite C-293/12 e C-594/12; C. giust., 2.12.2016, Tele2 e Whatson, cause riunite C-203/15 e C-698/15; C. giust., 2.10.2018, Ministerio Fiscal, C-207/16; C. giust., 6.10.2020, Privacy International c. Secretary of State for Foreign and Commonwealth Affairs e al., C-623/17.

[19] C. giust., 8.04.2014, Digital Rights Ireland, cause riunite C-293/12 e C-594/12; C. giust., 2.12.2016, Tele2 e Whatson, cause riunite C-203/15 e C-698/15; C. giust., 2.10.2018, Ministerio Fiscal, C-207/16; C. giust., 6.10.2020, Privacy International c. Secretary of State for Foreign and Commonwealth Affairs e al., C-623/17.

[20] In dottrina, tra i vari, si veda sull’argomento Negri, Compressione dei diritti di libertà e principio di proporzionalità, in Aa. Vv. Diritti della persona e nuove sfide del processo penale (atti del XXXII Convegno nazionale, Salerno 25-27 ottobre 2018), Milano, 2019, p.56 ss.

[21] È stato osservato che nell’alveo dell’art. 8 CEDU devono ricomprendersi anche i “dati esterni” delle comunicazioni (i c.d. tabulati). La Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che l’utilizzazione, come mezzo di prova, delle informazioni relative alle date, alle utenze contattate e alla durata delle comunicazioni intacca il diretto al rispetto della vita privata al pari delle intercettazioni telefoniche e può essere effettuata solo in presenza di analoghe condizioni (rispetto a queste ultime); v. Corte edu, 2 agosto 1984, Malone c. Regno Unito;Corte edu, 1 marzo 2007, Heglas c. Repubblica Ceca. Al riguardo si vedano: Balsamo, Il contenuto dei diritti fondamentali, in (a cura di) Kostoris, Manuale di procedura penale europea, Milano, 2017, p.171 ss. Si veda anche Lupària, Diritto alla privacy, in Aa. Vv. Diritti della persona e nuove sfide del processo penale (atti del XXXII Convegno nazionale, Salerno 25-27 ottobre 2018), Milano, 2019, p. 97 ss.

[22] Gaeta, Consensi e dissensi sulla indipendenza del p.m. (a proposito del potere di acquisire i tabulati telefonici), in AP, 2021, p. 3; Santoriello, Il pubblico ministero e i cento talleri di Kant, in AP, 2021, p. 2, evidenziano l’astrattezza della metafora dell’inquirente come parte imparziale, poiché da un punto di vista materiale svolge, specie in fase investigativa, attività che lo allontanano dalle connotazioni di terzietà e imparzialità che il dato normativo richiama anche per questo soggetto del procedimento.

[23] La Corte di cassazione, invece, ha sempre ritenuto conforme la disciplina interna alla normativa europea, sostenendo che fosse l’autorità giudiziaria, ma non necessariamente il giudice, a dover autorizzare l’accesso ai tabulati; cfr. Cass. pen., Sez. II, 13.02.2020, n. 5741, Rv. n. 278568; Cass. pen., Sez. III, 2.12.2019, n. 48737, Rv. n. 277353; Cass. pen., Sez. V, 19.07.2018, n. 33851, Rv. n. 273892.

[24] Si tratta di dati che la Corte di giustizia equipara, quanto alle garanzie da assicurare, a quelli ricavabili dai dati del traffico telefonico e telematico.

[25] La dottrina, in più occasioni, si era espressa a favore della specificazione dei reati presupposto per potersi conservare e acquisire i tabulati. Tra i vari, cfr.: Andolina, La raccolta dei dati relativi alla localizzazione del cellulare ad al traffico telefonico tra inerzia legislativa e supplenza giurisprudenziale, in www.archiviopenale.it; Ead., L’acquisizione nel processo penale dei dati “esteriori” delle comunicazioni telefoniche e telematiche, cit., passim; Filippi, La disciplina italiana dei tabulati telefonici e telematici contrasta con il diritto U.E., in www.dirittodidifesa.eu;Lupària, Data retention e processo penale. Un’occasione mancata per prendere i diritti davvero sul serio, cit., p. 753 ss.; Marcolini, Le indagini atipiche a contenuto tecnologico nel processo penale: una proposta, in CP, 2015, p. 778.

[26] Non manca chi ritiene che la soglia sia eccessivamente restrittiva e che porti all’esclusione di “una serie di fatti odiosi e meritevoli di sanzione”, tra i quali la sostituzione di persona (art. 494 c.p.), la rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 379-bis c.p.), il commercio di prodotti con segni falsi (art. 474, comma 2, c.p.), la turbata libertà dell’industria e del commercio (art. 513 c.p.), la frode in commercio (art. 515 c.p.), la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.), la diffamazione, quando non ricorrono aggravanti (art. 595 c.p.); di tale avviso Pestelli, D.l. 32/2021: un discutibile ed inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, in www.quotidianogiuridico.it,4 ottobre 2021.

[27] Si tratta del c.d. principio di pertinenza della prova, ricavabile dall’art. 187 c.p.p.

[28] La vicenda che ha dato adito alla pronuncia della Corte di Giustizia in esame era un procedimento per il reato di furto e utilizzo di carta di credito di un terzo. Reati che la Corte di Giustizia UE 2 marzo 2021, in ossequio del principio di proporzione, ha escluso che possano legittimare l’accesso ai dati.

[29] Fermo restando quanto previsto dall’art. 123, comma 2, d.lgs. n. 196/2003 i dati relativi al traffico telefonico sono conservati dal fornitore per ventiquattro mesi dalla data della comunicazione, per finalità di accertamento e repressione dei reati, mentre, per le medesime finalità, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati dal fornitore per dodici mesi dalla data della comunicazione (comma 1). I dati relativi alle chiamate senza risposta, trattati temporaneamente da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico oppure di una rete pubblica di comunicazione, sono conservati per trenta giorni (comma 1-bis). Il quadro complessivo della disciplina della data retention si articola secondo una sorta di “quadruplice binario” a seconda del tipo di reato perseguito. I tempi di conservazione sono di regola scanditi nei ventiquattro mesi, dodici mesi e trenta giorni previsti dall’art. 132, d.lgs. n. 196 del 2003; nei casi in cui vengono in rilievo reati a matrice terroristica o previsti dall’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., i tempi di conservazione sono dettati dall’art. 24, l. n. 167/2017, che pone il limite di 72 mesi (sei anni).

[30] Il decreto-legge era orientato esclusivamente a consentire al pubblico ministero l’acquisizione dei tabulati telefonici, telematici e di ubicazione durante le indagini preliminari, tanto che essi dovevano essere rilevanti per la “prosecuzione delle indagini”. Se da un lato la formulazione “per l’accertamento dei fatti” implica che l’acquisizione possa avvenire anche successivamente all’esercizio dell’azione penale, dall’altro lato, la specificazione della rilevanza “ai fini della prosecuzione delle indagini” avrebbe escluso, almeno in linea teorica, che i tabulati – al pari di quanto dispone l’art. 267 c.p.p. per le intercettazioni – potessero venire acquisiti come primo atto d’indagine.

[31] C. giust., Grande Camera, 2.3.2021, H.K. c. / Prokuratuur, C-746/18, par. 58.

[32] Si vedano, tra le molte, Cass. pen., Sez. II, 19.4.2018, n. 17694, Rv. 272894; Cass. pen., Sez. VI, 15.1.2018, n. 1422, Rv. n. 271974; Cass. pen., Sez. III, 11.5.2016, n. 19496, Rv. 266792; Cass. pen., S.U., 16.5.1996, n. 5021, Rv. 204644.

[33] Il testo del decreto-legge stabiliva che “i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice”. Si era perciò ritenuto che tale decreto dovesse essere notificato ai gestori. La legge di conversione stabilisce, invece, che “i dati sono acquisiti” previa autorizzazione, facendo dubitare sulla necessità di ostendere l’autorizzazione al gestore. Al riguardo si è rilevato che la formulazione non lascia dubbi sul fatto che l’acquisizione, una volta autorizzata, è demandata alle parti (pubbliche e private) che hanno richiesto l’autorizzazione e che, pertanto, il provvedimento di autorizzazione non dovrebbe essere oggetto di ostensione, Parodi, Convertito il decreto in tema di tabulati: (quasi) tutto chiaro,ne Il Penalista, 19.11.2021. A ben vedere, quando si intacca un valore fondamentale, se ne deve dare giustificazione al detentore di esso (così, ad esempio, in occasione di perquisizione o sequestro, deve essere esibito il decreto al detentore del bene); di tale avviso, Filippi, Tabulati telefonici e telematici e rispetto della vita privata, in www.dirittodidifesa.eu.

[34] Occorre effettuare un distinguo tra “diritto transitorio” e “diritto intertemporale”. La caratteristica del diritto intertemporale «è quella di dettare prescrizioni finalizzate a stabilire quale delle norme coinvolte in una successione temporale sia applicabile rispetto agli atti o ai fatti presi in considerazione», mentre il diritto transitorio «risulta composto da tutte quelle prescrizioni dettate per gli accadimenti compresi nel periodo in cui si verifica un mutamento normativo». Cfr. Mazza, La norma processuale nel tempo, p. 94; Tavassi, Acquisizione dei tabulati, tutela della privacy e rispetto del principio di proporzionalità, cit., p. 18.

[35] L’art. 2, comma 1, della bozza del d.l. n. 132/2021 prevedeva che «i dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, e delle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere utilizzati, quando l’acquisizione è stata disposta dall’autorità giudiziaria, se ricorrono i presupposti previsti dall’articolo 132, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, così come modificato dall’articolo 1 del presente decreto».

[36] Di tale avviso, Battarino, Acquisizione di dati di traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale il decreto-legge 30 settembre 2021 n. 132, in www.questionegiustizia.it; Gittardi, Sull’utilizzabilità dei dati del traffico telefonico e telematico acquisiti nell’ambito dei procedimenti pendenti alla data del 30 settembre 2021, in www.giustiziainsieme.it; Pestelli, Un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, in www.quotidianogiuridico.it. Per le posizioni espresse dai commentatori si rimanda alla nota n. 5 del presente lavoro.

[37] Si tratta della trasposizione, in sede processuale, del principio contenuto nell’art. 11 disp. prel. c.c. in base al quale «la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo». Tra i vari, in dottrina, si rimanda agli approfondimenti di: Aprati, Misure cautelari e diritto intertemporale: riflessioni a prima lettura sul c.d. “provvedimento svuotacarceri”,  in www.archiviodpc.dirittopenaleuomo.org; Chiavario, Norme processuali penali nel tempo: sintetica rivisitazione (a base giurisprudenziale) di una problematica sempre attuale, in www.legislazionepenale.eu;  Galgani, Diritto probatorio e successione di leggi nel tempo: Tempus regit actum?, Torino, 2013, p. 138 s; Mazza, La norma processuale nel tempo, in Trattato di procedura penale, (diretto da) Ubertis – Voena, Milano, 1999, p. 368 ss; Trinti, Principio del tempus regit actum nel processo penale ed incidenza sulle garanzie dell’imputato: possibili prospettive di mitigazione, in www.archiviodpc.dirittopenaleuomo.org.

[38] Al riguardo vengono richiamate le Sezioni Unite Gatto, secondo le quali «Sono legittime le intercettazioni ambientali autorizzate, prima dell’entrata in vigore della legge 1 marzo 2001 n. 63 (cd. giusto processo), nell’ambito di indagini per delitti di criminalità organizzata, sulla sola base di informazioni confidenziali acquisite da organi di polizia giudiziaria, atteso che la nuova disciplina – secondo cui le dichiarazioni degli informatori sono inutilizzabili quali indizi idonei a legittimare le operazioni di intercettazioni finché non si sia provveduto alla loro audizione (art. 267, comma 1-bis, cod. proc. pen.) – non può incidere, in mancanza di specifiche diverse indicazioni legislative, sulla loro utilizzazione, essendo la successione delle leggi processuali governata dal principio “tempus regit actum“, che comporta la persistente validità ed efficacia degli atti compiuti nell’osservanza delle leggi all’epoca vigenti» Cass., S.U., 19.01.2004, n. 919, Rv. 226484.

[39] Tale impostazione, ai fini dell’individuazione dell’actum, valorizza il momento genetico della sua acquisizione, senza attribuire rilievo alle successive fasi del procedimento probatorio. Si tratta dell’impostazione attualmente maggioritaria, avallata dalle Sezioni Unite Gatto (richiamate dalla pronuncia in commento), con riguardo all’utilizzabilità delle intercettazioni ambientali autorizzate, prima dell’entrata in vigore della l. n. 63/2001 (attuativa dei principi del “giusto processo”), nell’ambito di indagini per delitti di criminalità organizzata. Al riguardo le Sezioni Unite precisarono che «la nuova disciplina […] non può incidere, in mancanza di specifiche diverse indicazioni legislative, sulla loro utilizzazione, essendo la successione delle leggi processuali governata dal principio tempus regit actum, che comporta la persistente validità ed efficacia degli atti compiuti nell’osservanza delle leggi all’epoca vigenti»; in questi termini Cass., S.U., 19.01.2004., n. 919, in CP, 2004, p. 1217. Si vedano anche Cass. pen., Sez. IV, 21.06.2004, n. 7891, Rv. 229075. Con riguardo all’impossibilità di applicare retraoattivamente la disposizione più favorevole in materia processuale, v. Cass., S.U., 28.10.2014, n. 44895, Rv. 260927, secondo cui «Il principio di necessaria retroattività della disposizione più favorevole, affermato dalla sentenza CEDU del 17 settembre 2009 nel caso Scoppola contro Italia, non è applicabile in relazione alla disciplina dettata da norme processuali, che è regolata dal principio “tempus regit actum“»; nel medesimo segno v. anche: Cass. pen., Sez. V, 19.07.2017, n. 35588, Rv. 271207; Cass. pen., Sez. I, 01.12.2015, n. 47483, Rv. 265312; Cass. pen., Sez. VI, 14.10.2015, n. 41322, Rv. 265013; Cass. pen., Sez. IV, 02.07.2015, n. 28153, Rv. 264043; Cass. pen., Sez. IV, 12.06.2015, n. 24861, Rv. 263727.

[40] Cass., S.U., 7.04.1998, n. 4265, in CP, 1998, p. 1951, con nota di Carcano. 

[41] In particolare, Cass. S.U., 7.04.1998, n. 4265, cit. precisa che occorre distinguere l’“atto semplice” «che si esaurisce senza residui nel suo puntuale compimento» e il procedimento probatorio, relativamente al quale «finché la regiudicanda non è divenuta res iudicata perché sono ancora possibili ulteriori interventi decisori di un giudice chiamato a valutare gli esiti gnoseologici della prova, il procedimento probatorio deve considerarsi ancora in atto e non può ritenersi esaurito».  In dottrina è stato osservato che accogliendo le argomentazioni della Corte di cassazione secondo le quali l’actus deve identificarsi con la sequenza di atti che compone il procedimento probatorio, si corre il rischio che quest’ultimo continui ad essere regolato sempre e soltanto dalle norme vigenti al momento della sua instaurazione «e il principio generale diverrebbe perciò quello dell’efficacia differita delle nuove norme»;  in questi termini , Mazza, La norma processuale nel tempo, cit., p. 370, che  richiama Conso, La «doppia pronuncia» sulle garanzie della difesa nell’istruzione sommaria: struttura ed efficacia, in GI, 1965, p. 1150. Per i rilievi critici verso i principi affermati dalle Sezioni Unite si vedano anche: Carcano, Una sentenza “manipolativa” delle Sezioni unite, in CP, 1998, p. 1969; Daniele, Successione di norme concernenti l’utilizzabilità delle prove e principio tempus regit actum, in CP, 2000, 715; Ferrua, Un salutare ripensamento sul tempus regit actum, in DPP, 2000, p. 870; 

[42] Si rimanda agli scritti di Galgani, Diritto probatorio e successione di leggi nel tempo: Tempus regit actum?, Torino, 2013, p. 138 s; Mazza, La norma processuale nel tempo, in Trattato di procedura penale, (diretto da) Ubertis – Voena, Milano, 1999, p. 368 ss; Taormina, Primi appunti sul regime transitorio delle dichiarazioni rese da imputato di reato connesso o collegato avvalsosi della facoltà di non rispondere in dibattimento, in GP, 1998, p. 292.

[43] In giurisprudenza, Cass., S.U., 07.04.1998, n. 4265, in CP, 1998, p. 1951, con nota di Carcano, ha stabilito che «Qualora nel corso del processo si verifichino innovazioni legislative in materia di utilizzabilità o inutilizzabilità della prova, il principio “tempus regit actum” deve essere riferito al momento della decisione e non a quello dell’acquisizione della prova, atteso che il divieto di uso, colpendo proprio l’idoneità di questa a produrre risultati conoscitivi valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento, interviene allorché il procedimento probatorio non ha trovato ancora esaurimento, di modo che il divieto inibisce che i dati probatori, pur se acquisiti con l’osservanza delle forme previste dalle norme previgenti, possano avere un qualsiasi peso nel giudizio». Nel medesimo senso anche Cass. pen, Sez. I, 14.04.1999, n. 4680, in CP, 2000, p. 712, con nota di Daniele, secondo cui «In tema di modificazione normativa relativa al regime delle prove, il principio “tempus regit actum” deve essere riferito al momento della decisione e non a quello dell’acquisizione della prova, atteso che il divieto di uso, colpendo proprio l’idoneità della prova a produrre risultati conoscitivi valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento, interviene allorché il procedimento probatorio non ha trovato ancora esaurimento, di modo che il divieto inibisce che i dati probatori, pur se acquisiti con l’osservanza delle forme previste dalle norme previgenti possano avere un qualsiasi peso sulla bilancia del giudizio».

È risaputo, infatti che nel settore probatorio assumono rilievo la fase dell’ammissione, dell’acquisizione e della valutazione. Le stesse Sezioni Unite Bajrami, ritenendo che il giudice che procede all’ammissione, all’assunzione, alla valutazione della prova ed, infine, alla deliberazione della sentenza, deve essere lo stesso, hanno implicitamente ribadito come il procedimento probatorio sia composto da vari momenti. Ed infatti, «Il principio di immutabilità di cui all’art. 525 cod. proc. pen. richiede che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia non solo lo stesso che ha assunto la prova ma anche quello che l’ha ammessa, fermo restando che i provvedimenti sull’ammissione della prova emessi dal giudice diversamente composto conservano efficacia se non espressamente modificati o revocati»; così Cass., S.U., 10.10.2019, n. 41736, Rv. 76754.

[44] Di tale avviso, Marcolini, Le indagini atipiche a contenuto tecnologico nel processo penale: una proposta, in CP, 2015, p. 782 s.

[45] Pestelli, D.L. 132/2021: un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, in www.quotidianogiuridico.it. Favorevole, invece, all’introduzione di una disposizione transitoria Resta, La nuova disciplina dell’acquisizione dei tabulati, in www.giustiziainsieme.it. In argomento si veda anche Natalini, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132, recante misure urgenti in materia di giustizia (legge 23 novembre 2021, n. 178), Rel. n. 67/2021, in www.sistemapenale.it.

[46] C. Cost., 17.07.1998, n. 281, ha stabilito che la materia dei tabulati deve essere ricondotta nell’ambito dell’art. 15 Cost.

[47] Il concetto di prova incostituzionale venne adombrato in un obiter dictum dalla Corte costituzionale, allorché ribadì che le «attività compiute in dispregio dei fondamentali diritti del cittadino non possono essere assunte di per sè a giustificazione ed a fondamento di atti processuali a carico di chi quelle attività costituzionalmente illegittime abbia subito»; così Cort Cost., 04.04.1973, n. 34.  Anche nella giurisprudenza di legittimità è stata aperta la strada alla prova incostituzionale; le Sezioni Unite hanno stabilito che «Ai fini dell’acquisizione dei tabulati contenenti i dati esterni identificativi delle comunicazioni telefoniche conservati in archivi informatici dal gestore del servizio è sufficiente il decreto motivato dell’autorità giudiziaria, non essendo necessaria, per il diverso livello di intrusione nella sfera di riservatezza che ne deriva, l’osservanza delle disposizioni relative all’intercettazione di conversazioni o comunicazioni di cui agli articoli 266 e seguenti cod. proc. pen. (Nell’affermare tale principio la Corte ha altresì precisato che il controllo giurisdizionale sul provvedimento acquisitivo, che attiene ad un mezzo di ricerca della prova, si attua mediante la rilevabilità anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, dell’eventuale inutilizzabilità, essendo l’art. 191 cod. proc. pen. applicabile anche alle c.d. prove “incostituzionali” perché assunte con modalità lesive dei diritti fondamentali)»; Cass., S.U., 08.05.00, n. 6, Rv. 215841, al riguardo, si legge che «Ciò si desume dal disposto dell’art. 191 del codice di rito, applicabile anche alle c.d. “prove incostituzionali”, perché assunte con modalità lesive dei diritti fondamentali dell’individuo, costituzionalmente protetti; prove come tali colpite dalla patologia irreversibile dell’inutilizzabilità, a prescindere dal fatto che la legge contempli divieti espliciti al loro impiego nel procedimento. Non è necessario, infatti, che le garanzie siano puntualmente previste nel testo normativo che disciplina una materia; possono rinvenirsi in altre norme o nei principi generali, anche contenuti nella Carta costituzionale, che disciplinano le attività processuali (arg. da sentenza C. Cost. n.  34/73)». In tema, Galantini, Inutilizzabilità della prova e diritto vivente, in RIDPP, 2012, p. 76; Ead, L’art. 191 c.p.p. a confronto con “inutilizzabilità derivata” in un nuovo giudizio costituzionale, in www.sistemapenale.it; Ferrua, Ammissibilità della prova e divieti probatori, in Rev. Bras. de Direito Processual Penal, jan.-abr. 2021, p. 215-246.  Per una ricostruzione del percorso seguito dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione nell’elaborare la categoria delle prove “incostituzionali”, si rinvia a Filippi, Il GPS è una prova “incostituzionale”? Domanda provocatoria, ma non troppo, dopo la sentenza Jones della Corte Suprema USA, in AP, 2012, I, p. 9 s.

[48] Si potrebbe ipotizzare che la presenza di riscontri possa rappresentare una scelta di compromesso tra le forze politiche oppure un modo per “recuperare” quelle garanzie di terzietà e imparzialità che connotano i provvedimenti adottati da un giudice; garanzie che, ovviamente, non è possibile rinvenire in relazione a dati del traffico telefonico e telematico già acquisiti su autorizzazione del pubblico ministero, senza un controllo del giudice.

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