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Vige il principio di consunzione se il genitore fa mancare ai figli i mezzi di sussistenza violando l’obbligo di mantenimento.

Cassazione penale, sez. VI, 2 marzo 2023 (ud. 8 febbraio 2023), n. 9065

Presidente Fidelbo, Relatore Giordano, Imp. M.M., P.M. Cimmino

Con la sentenza qui brevemente annotata, la Corte di legittimità affronta il rapporto tra i delitti di cui agli articoli 570 co. 2, n. 2, e 570 bis,c.p.; in particolare, è al vaglio della sesta Sezione il quesito se, ove il reo abbia fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori violando gli obblighi economici sanciti dai dicta in materia di separazione o divorzio, si configuri un concorso formale tra le due fattispecie od operi, piuttosto, il principio di consunzione.

Nel caso di specie, il giudice del gravame aveva ritenuto il concorso formale valorizzando l’inapplicabilità del criterio di specialità di cui all’art. 15 c.p., unico idoneo a disciplinare il concorso apparente di norme in assenza di clausole di riserva; e l’eterogeneità dei beni giuridici tutelati, costituiti nell’un caso (art. 570 c.p.) dalla violazione dell’elementare fabbisogno dei minori, e nell’altro caso (art. 570 bis c.p.) dalla retrostante trasgressione del titolo giudiziale (conf. Cass. sez. V, 4 febbraio 2022, n. 12190, CED 282990; Cass. sez. VI, 5 febbraio 2020, n. 8612, CED 278458).

La Corte ha inteso superare questa impostazione, accogliendo invece la tesi – prospettata dal difensore nei motivi di ricorso – dell’assorbimento del reato ex art. 570 bis c.p. nell’altro punito dall’art. 570 co. 2, n. 2, c.p.; ispirandosi alla giurisprudenza delle Sezioni unite (sentenza 31 gennaio 2013, n. 23866, CED 255269), il giudice della nomofilachia ha dapprima analizzato le condotte di rilievo nell’ambito delle due norme incriminatrici contestate.

L’art. 570 co. 1, c.p., nel sanzionare la gestione patologica del rapporto con la prole mediante la sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, non prende in considerazione soltanto l’assistenza morale bensì tutti i doveri di assistenza, anche materiale, previsti dagli artt. 30 Cost. e 147 c.c.

Diversamente, l’art. 570 co. 2, n. 2, c.p. – che disciplina un reato autonomo e non una circostanza aggravante (v. in tal senso Cass. sez. VI, 27 gennaio 2011, n. 6297, CED 249344) – punisce l’omessa assistenza quando essa, a fronte di uno stato di bisogno, sortisca l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza. La nozione di mezzi di sussistenza, poi, è stata oggetto di elaborazione giurisprudenziale, ricomprendendo «lo stretto necessario per la sopravvivenza», e, più comunemente, le esigenze di vitto e alloggio e tutto quanto fondamentale per le esigenze della vita quotidiana (cfr. Sez. VI, 22 ottobre 2019, dep. 2020, n. 3485).

Il perimetro è dunque più ristretto rispetto a quello del mantenimento, che preserva la più lata esigenza del beneficiario di conservare un tenore di vita adeguato alla pregressa posizione economico-sociale.

È dunque di agevole percezione che, nella realtà materiale, il soggetto agente potrebbe privare il destinatario dei mezzi di sussistenza mediante la mancata corresponsione delle somme imposte giudizialmente in materia di crisi coniugale.

Vengono conseguentemente in rilievo entrambe le norme, posto che l’art. 570 bis c.p. incrimina direttamente il fatto, sanzionando l’omesso versamento delle somme poste a carico del reo. Tuttavia, laddove si registri la carenza dei mezzi di sussistenza in capo al familiare, la condotta rientra contestualmente nell’alveo dogmatico dell’art. 570 co. 2, n. 2, c.p.; il risultato interpretativo è facilitato dall’ampiezza lessicale di questa norma incriminatrice, la quale, più che scolpire in maniera nitida la condotta vietata, punisce un “effetto”, cioè la mancanza dei mezzi di sussistenza, pur causalmente riconducibile – non può essere altrimenti – alla violazione degli obblighi di assistenza.

In questa ipotesi, argomenta la Corte, la tesi contraria all’assorbimento pare proporre una lettura fuorviante della violazione del provvedimento civilistico: essa infatti circoscrive il campo di indagine al titolo giudiziale considerandolo l’oggetto della tutela; non valorizza invece la violazione della decisione giudiziale nella misura in cui essa costituisce semplicemente il mezzo adoperato dal reo per far mancare al familiare i mezzi di sussistenza.

Enfatizzando la natura strumentale dell’omissione, diventano evidenti, da un lato, la coincidenza tra le condotte incriminate dalle due disposizioni di legge, costituendo il provvedimento soltanto la fonte deputata a descrivere il peso economico dell’obbligo assistenziale e la sua trasgressione la condotta essenziale per conseguire l’effetto vietato dall’art. 570 co. 2, n. 2 , c.p.; dall’altro, la sostanziale convergenza tra gli interessi giuridici tutelati dalle due fattispecie incriminatrici, rappresentati pur sempre dalle esigenze di assistenza familiare – come anche avallato dalla collocazione sistematica prescelta dal legislatore – sebbene secondo una logica di continenza, essendo la lesione di cui all’art. 570 co. 2 n. 2, c.p. più grave di quella vietata dall’art. 570 bis c.p.  

Posta l’unicità della condotta, incentrata sull’inadempimento degli obblighi economici, suscettibile di essere sussunta in entrambe le norme menzionate, pare a chi scrive che le due fattispecie si pongano in rapporto di sussidiarietà inespressa tra loro, tutelando gradazioni di offesa diverse del medesimo bene giuridico (obblighi di assistenza familiare). Dovrà dunque essere applicata la fattispecie più grave, in ragione del fatto che la trasgressione dei doveri familiari, nel caso di specie, non si limita a ledere l’interesse “minore” tutelato dall’art. 570 bis c.p. ma si spinge sino a cagionare un’offesa maggiore al medesimo bene giuridico, violando il diritto al fabbisogno minimo in capo alla prole minorenne.

Coerentemente, la Corte di cassazione fa ricorso al principio di consunzione sostanziale, che impone all’interprete di non porre a carico del soggetto agente due volte il medesimo fatto, e conclude nel senso che «nel caso di contestazione avente ad oggetto la condotta del genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l’assegno di mantenimento, deve ritenersi integrato esclusivamente il reato di cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., nel quale è assorbita la violazione meno grave prevista dall’art. 570 bis cod. pen., e non il concorso formale eterogeneo, quando il fatto storico, valutato in tutti i suoi elementi costitutivi relativi alla condotta omissiva e al bene giuridico protetto dalle norme incriminatrici che vengono in rilievo è il medesimo e non sono individuabili, sul piano naturalistico, elementi ulteriori che possano implicare la necessità dell’autonoma sussistenza del reato di cui all’art. 570 bis cod. pen., oltre a quello della omessa prestazione dei mezzi di sussistenza dei figli minori […]» (nello stesso senso, Cass. sez. VI, 10 marzo 2022, n. 20013, CED 283303; Cass. sez. VI, 18 dicembre 2019, dep. 2020, n. 3491, CED 278219).

La sentenza

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