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Brevi cenni sul processo cumulativo nell’ordinamento statunitense

Sommario: 1. Premessa 2. Connessione e cumulazione processuale nel modello di giustizia nordamericano. 3. Conclusioni

Abstract

L’elaborato svolge alcune riflessioni sull’istituto della cumulazione processuale nell’ordinamento nordamericano ed analizza i principali fattori che rendono improponibili, in quel sistema, processi di grandi dimensioni anche nei confronti della criminalità organizzata.

The paper carrier out some reflections on the institution of procedural accumulation in the North American legal sistem and analyzes the main factors that make large-scale trials impossibile in that system even against organized crime.

1 – Premessa

Le regole del processo penale non sono tanto e soltanto l’espressione di scelte tecniche più o meno neutre, ma il precipitato di tradizioni, storia, cultura di una società. In ogni caso, poi, qualsiasi meccanismo processuale è destinato ad operare in un contesto istituzionale, organizzativo e umano che ne condiziona inevitabilmente il funzionamento. Ciò appare particolarmente vero con riguardo all’istituto della cumulazione processuale negli Stati Uniti d’America oggetto della presente analisi, che evidenzia, in una sorta di microcosmo, i principi che caratterizzano il macrocosmo del processo accusatorio statunitense. A ben vedere, infatti, gli ampi poteri di screening di cui gode il prosecutor nell’esercizio dell’azione penale, risalenti alla tradizione di common law, consentono di contenere la dimensione dei processi entro limiti fisiologici compatibili con un modello di giustizia saldamente impostato su uno schema di tipo accusatorio, ma, come si vedrà, vi sono anche altri fattori connaturati a quel sistema che operano in questa direzione.

2 – Connessione e cumulazione processuale nel modello di giustizia nordamericano

La connessione, e, più in generale, la cumulazione processuale, sono istituti caratteristici degli ordinamenti continentali, i cui sistemi processuali, di stampo od impostazione tendenzialmente inquisitoria, sono finalizzati alla ricerca della verità materiale (rectius, ad una ricostruzione che si impone conforme alla verità materiale), anche a causa di una tendenziale obbligatorietà dell’azione penale, che rende irrinunciabile la pretesa punitiva dello Stato e doverosa la persecuzione di ogni tipo di reato.

Fa da contrappeso a tale “zelo persecutorio istituzionalizzato” (implicante necessariamente un certo timore nei confronti del giudice) una fitta selva di norme (scritte) processuali e sostanziali aventi lo scopo di circoscrivere ed arginare il più possibile l’operato dell’organo giudiziario (una sorta, insomma, di “labirinto” destinato a confinare il “Minotauro”).

Ben diversa è la forma mentis (e la tradizione giuridica) nei sistemi di Common Law, e, segnatamente, nell’ordinamento nordamericano; sono difatti tratti peculiari di tali sistemi giuridici: il principio dello stare decisis (ossia della vincolatività dei “precedenti”), che rende l’attività giurisprudenziale una vera e propria fonte di diritto; l’impostazione nettamente accusatoria del rito penale, che affida l’istruzione probatoria all’iniziativa delle parti, rende il giudice mero arbitro di una contrapposizione di interessi confliggenti, e “vede ricadere interamente sulle spalle dell’accusatore il compito di difendere la società mediante la repressione degli atti criminosi” e soprattutto, per ciò che qui interessa, la discrezionalità dell’azione penale.

La discrezionalità dell’azione penale deriva, storicamente, da un lato, “dall’origine privata dell’accusa e, dall’altro, dal potere del rappresentante del Sovrano di porre fine, mediante un atto denominato nolle prosequi, a qualsiasi procedimento avviato da un privato, ove gli interessi della Corona lo richiedessero”[1].

Essa, tuttavia, lungi dall’essere una sorta di fossile giuridico, un semplice retaggio della tradizione giuridica anglosassone, è estremamente funzionale in un modello processuale accusatorio, che, essendo caratterizzato dalla contrapposizione dialettica delle parti, “non può trovare attuazione con contraddittori svogliati o forzati”[2] . Il Pubblico Accusatore, o Pubblic Prosecutor, dispone pertanto come meglio crede del pubblico interesse alla repressione dei reati; ha ampi poteri di selezione dei reati e degli autori contro cui procedere, stabilendo autonomamente le strategie da seguire[3].

 Concluse le indagini, il p.m. deve decidere se depositare presso la corte l’atto d’accusa nei confronti dell’imputato. Tale atto, si chiama indictment o information, a seconda che l’accusa sia stata sottoposta all’esame del Grand Jury ovvero venga direttamente presentata alla corte, come avviene ormai per la maggior parte dei reati. Esso descrive come, dove e quando il fatto risulta commesso e indica anche le norme penali che si assumono violate. Naturalmente, anche dopo il deposito di questo atto, l’accusa può essere ancora ritirata, e quindi essere archiviata.

Come evidenziato in dottrina, la formulazione dell’accusa presuppone che vi siano ragionevoli motivi per ritenere, secondo una valutazione di normale prudenza, che il delitto è stato commesso dalla persona sospettata (probable cause) e che le prove ammissibili sono idonee a convincere la giuria a pronunciare in verdetto di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio[4].

Qualora ricorrano tali requisiti preliminari il pubblico ministero è tenuto a prendere in considerazione ulteriori parametri sussidiari come per es., i criteri di priorità, la natura e la gravità del reato, l’effetto deterrente del processo, i precedenti penali, l’incidenza di altre conseguenze derivanti dal processo, nonché, la possibilità di interventi alternativi alla giustizia penale e la loro adeguatezza al caso di specie[5].

E’ stato, inoltre, osservato che prima di iniziare qualsiasi inchiesta il pubblico ministero deve tener conto dell’ulteriore criterio, ben radicato nel costume giudiziario nord-americano, rappresentato dal rapporto tra i costi delle investigazioni e del processo vero e proprio e i risultati presumibilmente attesi in termini di numero ed entità delle condanne e di risposta all’allarme sociale cagionato dal reato. Si tratta di un parametro selettivo di non secondaria importanza nelle scelte discrezionali del p.m., connaturato alla natura politica del pubblico ministero nel sistema americano [6].

E’ importante notare, infatti, che l’organo dell’accusa non solo non è un magistrato (rappresenta difatti il potere esecutivo), ma deve altresì la sua carica ad una pubblica investitura, e dovrebbe dunque rispondere o ad una autorità politica (come accade nelle giurisdizioni federali), o direttamente “al popolo che l’ha eletto”, come avviene in gran parte degli stati[7], di un eventuale uso parziale ed arbitrario dello screening (valutazione sull’opportunità o meno di avviare un procedimento penale, formalmente doverosa[8], ma sostanzialmente insindacabile)[9].

La connotazione spiccatamente politica del ruolo dei prosecutors federale e statali[10], spiega perché l’aver esercitato funzioni d’accusa rappresenta spesso un lascia passare e di per se un viatico per l’assunzione di cariche pubbliche di assoluto rilievo (non a caso, la neo vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, è stata prima Procuratrice distrettuale quindi Procuratrice generale della California, apprezzata anche per la sua severità e per l’alto numero di condanne ottenute durante i suoi mandati, per poi approdare al Senato ed al ruolo che tuttora ricopre.). Tale sistema presenta ovvi problemi: infatti, partendo dalle giurisdizioni federali, il Procuratore Generale degli Stati Uniti, l’Attorney General, è il Ministro della giustizia, ed a lui spetta il compito di indicare le linee guida per i District Attorneys federali, che rappresentano il governo e dipendono funzionalmente da lui, così come le polizie federali (prima fra tutte l’FBI) e altre agenzie governative[11]. Ciò significa che le linee guida dell’azione penale vengono dettate sull’esclusiva base delle indicazioni politiche di una parte, e che le stesse sono in realtà dettate dalla volontà di vittoria nelle elezioni successive.

Altra caratteristica del processo penale statunitense è la presenza di una giuria laica, che, in piena autonomia, decide (all’unanimità o a larga maggioranza, a seconda delle legislazioni statali), nel jury trial, sulla colpevolezza dell’imputato. Una presenza che testimonia un’inclinazione naturale per una giustizia più sostanziale, ossia più individualizzata, e per un sistema meno gerarchizzato. Quest’ultima caratteristica implica una contrazione delle fasi processuali, tant’è che l’incidenza dell’appello è piuttosto ridotta, ritenendosi sufficiente, nella maggior parte dei casi, il giudizio di primo grado. La presenza di “profani del diritto” ha un peso notevolissimo sulla fisiologia processuale, in quanto impone al Prosecutor – che vuole ottenere sufficienti quote di “conviction rate[12] ai fini di una futura rielezione di selezionare le fattispecie più semplici e lineari, la cui prova possa essere fornita con modalità facilmente comprensibili al quivis de populo[13].

Proprio in tale prospettiva si colloca la disciplina sulla cumulazione processuale; per la funzionalità del modello processuale sopra delineato è assolutamente indispensabile che tale fenomeno sia contenuto entro limiti ridottissimi.

In primo luogo, ciò viene effettuato mediante un larghissimo ricorso ai procedimenti “speciali”, consistenti spesso in accordi tra accusa e difesa (plea bargaining e guilty plea), volti ad ottenere un trattamento punitivo più mite, mediante i quali trovano soluzione circa il 95% dei procedimenti penali attivati[14]. Ciò consente di portare al dibattimento solo i casi più gravi e definiti, senza per questo dovere necessariamente rinunciare alla repressione delle fattispecie meno gravi o più intricate[15].

A parte questo, un maxiprocesso “all’italiana”, con numerosissimi imputati ed imputazioni (che implicherebbero una durata assai elevata del dibattimento) è implicitamente vietato dal VI ­­­­­­­­­­­­­­­­­

Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America[16], che conferisce al cittadino accusato di un reato il diritto ad “un processo rapido (right to a speedy trial) e pubblico[17]. Dunque nessun maxi processo, in ambito statunitense, neppure in materia di contrasto alla criminalità organizzata: in questi casi il principio di discrezionalità dell’azione penale consente al prosecutor di selezionare un numero ristretto di soggetti da sottoporre alla prosecution, facendo un largo uso delle immunity nei confronti degli altri coimputati che spontaneamente o coattivamente si trasformano in testimoni d’accusa contro i complici[18]. Tale strumento che costituisce mezzo strategico fondamentale per l’accusa, permette di circoscrivere il maccanismo del joinder of defendans ad un numero limitato di soggetti: si ritiene possano essere gestiti fino ad una ventina di imputati. Non va, inoltre, dimenticato, che, come si è visto, “il trial è una fase di rara evenienza essendo sostituito quasi sempre dal plea bargaining che consente di sfoltire la rosa dei coimputati, se non di evitare il trial stesso”[19] e garantisce nel contempo una migliore allocazione delle risorse.

Altro indubbio fattore frenante la cumulazione processuale è l’inesistenza di fattispecie penali di tipi associativo[20]; più in generale, i casi di “connessione” ammessi dalla procedura penale statunitense sono: il concorso di persone nel reato; la pluralità di reati ascritti allo stesso agente, quando questi “derivino dagli stessi fatti o da fatti simili”[21]. A questo dato deve aggiungersi la tradizionale tendenza del sistema penale americano di occuparsi pressoché esclusivamente di singoli reati commessi da singoli imputati senza prendere in considerazione reati connessi ad atteggiamenti o modi di essere del soggetto[22].

Tutti questi espedienti rendono impossibile negli U.S.A. la celebrazione di veri e propri maxiprocessi; al riguardo una dottrina ricorda che il noto processo Pizza Connection, celebrato con “20 imputati, altrettanti difensori, 12 giurati effettivi e 12 supplenti” è stato considerato un evento eccezionale, e solo per una fortunata serie di circostanze ne è stata possibile la conclusione[23].

Passando alle regole processuali, va detto che l’imputato (o il prosecutor) può, in limine litis, proporre una pretrial motion (una sorta di questione preliminare di rito)[24] con la quale chiede la riunione (joinder) o la separazione (severance) dei procedimenti; come già rilevato, il sistema processuale statunitense è nettamente orientato verso il favor separationis[25], per cui gli aspetti di economia processuale, sottesi alla cumulazione processuale, vanno subordinati rispetto al right to a speedy trial e alle necessità difensive: si ritiene difatti che soprattutto queste ultime possano essere compromesse in un processo cumulativo, nel caso di una pluralità di imputazioni a carico di uno stesso soggetto potendo la giuria inferire da alcune di esse una particolare proclività a delinquere dell’imputato e decidere “emotivamente” sulla colpevolezza “globale” del prevenuto, ovvero, sommare le prove dei diversi reati così da pervenire all’accertamento della colpevolezza, non altrimenti ottenibile in processi separati. Vi è, poi, il rischio concreto che l’imputato possa mettersi in cattiva luce ove decida, come suo diritto, di presentarsi a testimoniare solo per alcuni reati oggetto di contestazione. I pericoli derivanti dalla cumulazione processuale sono dunque legati in gran parte alla presenza della giuria come giudice del fatto che, per la sua composizione non professionale, potrebbe lasciarsi fuorviare in danno dell’imputato. Altri pericoli derivano dalla fisionomia del processo adversary statunitense caratterizzato dalla prevalente acquisizione della prova nel trial in un contesto di rigida oralità e immediatezza e dal fatto che i giurati, salvo autorizzazione discrezionale del giudice, non dispongono di appunti e neppure del verbale del dibattimento: tutti questi fattori, data la limitata capacità di memoria dell’uomo, fanno ritenere scarsamente consigliabile la trattazione congiunta di casi particolarmente complessi come sono di solito, quelli riguardanti più imputazioni. A ciò deve aggiungersi che la giuria decide con verdetto immotivato ed è arduo verificare in sede d’appello se il giudizio di condanna sia stato sviato dai fattori appena descritti. Lo stesso discorso vale nel caso di pluralità di imputati posto che la presenza tra essi di delinquenti “incalliti” poterebbe indurre la giuria ad una poco meditata decisione di colpevolezza “generale”. Né va dimenticato che un dibattimento con più imputati, portatori di interessi contrastanti ed opposte strategie difensive, può dar luogo ad aspri conflitti tra i difensori a discapito delle singole posizioni dei rispettivi clienti con pregiudizio per lo stesso corretto accertamento dei fatti. Ciò spiega perché il prosecutor quando decide di avviare discrezionalmente l’azione penale non può non tener conto anche delle dimensioni fisiologiche dell’adversary trial per non incorrere in sconfitte irragionevoli ed in particolare per evitare che il giudice, data la difficile gestione del dibattimento, possa disporre la separazione dei procedimenti[26].

Va, infatti, osservato che il procedimento di joinder o severance è affidato alla discrezionale valutazione del giudice[27], e che tale discrezionalità non può essere sindacata in sede di gravame, se non provando un effettivo pregiudizio subito dall’imputato a cagione del provvedimento di joinder (o di severance, benché assai meno probabile), emesso in seguito ad un abuse of discretion del magistrato e quindi insondabile: l’unica regola è che debba disporsi la separazione dei giudizi ove gli imputati intendano avvalersi di antagonistic and mutually exclusive defences, proponendo una versione dei fatti che porti necessariamente alla incriminazione del coimputato, qualora la giuria per ritenere veritiera la versione del primo imputato debba necessariamente considerare falsa quella del secondo”. Diversamente si verrebbe a creare un fronte interno che vedrebbe gli imputati giocare “un ruolo adversary nei reciproci confronti, assolvendo contemporaneamente funzioni di difesa e di accusa”[28].

In alcuni Stati della federazione il joinder o la severance sono disciplinati in maniera differente; ad esempio, in California (nonché nei procedimenti di competenza federale) il joinder costituisce la regola, salvo una discrezionale valutazione del giudice sui suoi eventuali effetti pregiudizievoli, a seguito di esplicita istanza di severance proposta dalle parti; in Virginia, invece, il joinder è subordinato al consenso di tutti i coimputati[29].

Vi sono però due situazioni in cui il joinder non può essere disposto, in quanto presunto juris et de jure pregiudizievole per l’imputato.

La prima si verifica allorché il soggetto imputato di diversi reati decida di avvalersi del V emendamento della Costituzione[30] (“nessuno… potrà essere obbligato, in qualsiasi processo penale, a deporre contro sé medesimo”) solo per alcune imputazioni; in tal caso la separazione è obbligatoria, in quanto si ritiene che la giuria possa da tale atteggiamento inferire la colpevolezza dell’accusato[31].

La seconda si verifica quando un imputato, durante le indagini (pretrial), ha affermato la propria innocenza ed attribuito il reato ad un altro soggetto, coimputato del medesimo reato. Nel 1968 la Corte Suprema[32] ha ritenuto in tal caso il joinder lesivo del VI Emendamento della Costituzione (per cui “in ogni processo penale l’imputato avrà diritto di essere messo di fronte ai testimoni addotti contro di lui”) e ha quindi statuito l’obbligatorietà della severance[33].

3 – Conclusioni

Il quadro, pur sinteticamente delineato, consente di affermare che la principale barriera all’instaurazione di maxiprocessi nel sistema statunitense è costituita soprattutto dall’ampio potere di screening del Prosecutor, nell’esercizio dell’azione penale, che gli consente di selezionare gli imputati più “rappresentativi” da portare al dibattimento, quelli da “sistemare” con i riti speciali, e quelli infine per i quali non è opportuno esercitare l’azione penale; in tali scelte il Prosecutor è indubbiamente favorito dalla completa informalità e agiurisdizionalità della fase di pretrial, che gli consente di indagare nelle direzioni, forme e modalità che ritiene più opportune (ovviamente, nell’ambito del giuridicamente lecito, anche se sono note le accese polemiche suscitate dalle “poco ortodosse” prassi investigative adottate dalla polizia), senza i limiti imposti da un controllo giurisdizionale (necessario tuttavia per adottare o convalidare provvedimenti restrittivi della libertà personale)[34].


[1] FANCHIOTTI, La giustizia penale statunitense, Torino, 2021, 63.

[2] FANCHIOTTI, La giustizia penale, cit., 64

[3] Sui notevoli poteri del prosecutor in ordine alla decisione circa l’opportunità di iniziare il procedimento v. FANCHIOTTI, La giustizia penale, cit., 65, secondo cui il rappresentante dell’accusa, arbitro assoluto dello screening, può avviare il procedimento << per tutti o solo per alcuni dei reati attribuiti all’imputato e, in caso negativo, ricorrere ad un dismissal secco (archiviazione) della notizia di reato e a meccanismi alternativi, quali ad esempio, il diversion sospensione del processo inserendo l’imputato in un programma di risocializzazione>> o la deferred prosecution senza l’imposizione di un facere.

[4] Così NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti alla luce dell’esperienza nordamericana, in Doc. giust., 1988, n. 11, 188. Sul requisito della probable cause v., pure, PIZZI, La discrezionalità del prosecutor statunitense nell’esercizio dell’azione penale, in Giust. proc., 1991, 299 e 303 secondo cui di solito il rappresentante dell’accusa, volendo assolutamente vincere la causa, preferisce avere nelle proprie mani elementi molto più gravi della probable cause. In tema cfr., pure, l’ American Bar Association, Standards of Criminal Justice, Standard 3-3-9, Discrezionalità nella decisione di procedere che statuisce: (a) Un prosecutor non dovrebbe iniziare un procedimento penale, o fare in modo che sia iniziato, o consentire la pendenza di accuse penali quando egli sa che le accuse non sono supportate da probable cause. Un prosecutor non dovrebbe iniziare un procedimento penale, o fare in modo che sia iniziato, o consentire la pendenza di accuse penali in assenza di sufficienti ammissibili prove idonee a supportare la condanna.

[5] NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti, cit., 188-189. Secondo PIZZI, La discrezionalità del prosecutor, cit., 299 ss.

[6] Secondo NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti, cit.,190 il rapporto-costi-benefici è un presupposto fondamentale della discrezionalità nell’esercizio dell’azione penale.

[7] FANCHIOTTI, La giustizia penale, cit., 51. I rappresentanti della pubblica accusa negli Stati Uniti sono nominati, senza eccezione alcuna, in base a criteri strettamente politici: che essi vengano eletti dal voto popolare (come avviene in ben 48 stati su 50) oppure che siano scelti (appointed) come accade nelle giurisdizioni federali, essi fanno riferimento ad una autorità politica o direttamente al consenso dell’elettorato. 

[8] L’art. 547 (titolo 28) dell’United States Code (comprendente la legislazione penale processuale e sostanziale) prevede che, salvo diversa disposizione di legge, la Pubblica Accusa debba sempre procedere alla persecuzione dei reati.

[9] FANCHIOTTI, La giustizia penale, cit., 64.

[10] Per le tematiche generali connesse alla struttura degli organi dell’accusa nel sistema federale e statale degli USA, si vedano LANDOLFI, Sintesi del processo penale negli Stati Uniti d’America, Torino, 2021; FANCHIOTTI, La giustizia penale, cit.; nonché AMODIO BASSIOUNI, Il processo penale degli Stati Uniti d’America, Milano, 1988; Farnsworth, Introduzione al sistema giuridico degli Stati Uniti d’America, Milano, Giuffrè, 1979; Fisher, American Constitutional Law, Carolina Academic Press, 1999; Wayne e altri, The Politics of American Government, St. Martin’s/Worth, 1999.

[11] PATRONE, Il prosecutor negli Stati Uniti. Un esempio da seguire?, in www.questionegiustizia.it.

[12] Ossia la percentuale di condanne ottenute.

[13] V. NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti, cit., 189-190.

[14] Cfr. LANDOLFI, op- cit., 43; NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti cit., 196-197; PIZZI, Una tempesta perfetta: la discrezionalità del prosecutor negli stati Uniti d’America, in Arch. pen., 2012, 559.

Le parti che procedono alla materiale gestione negoziale della pretesa punitiva sono il pubblico ministero ed il difensore, mentre le parti che hanno potestà di accettazione sono, rispettivamente, l’Autorità di convocazione e l’accusato. L’iniziativa alla trattativa spetta ad entrambe le parti, le quali sono dotate di facoltà di contrattazione assai profonde, tanto da involgere la stessa qualificazione giuridica del reato. In merito, la dottrina statunitense suole fare una summa divisio tra le forme di patteggiamento. Una prima forma, detta sentence bargaining, comporta l’ammissione di colpevolezza da parte dell’imputato in cambio dell’impegno da parte dell’accusa di raccomandare al giudice una pena contenuta. La seconda forma, detta charge bargaining, vede un’ammissione di reità per uno solo tra i reati di cui l’imputato è accusato ovvero per la derubricazione di uno o più qualificazioni giuridiche degli stessi. Il risultato del patteggiamento deve avere forma scritta e riportare la sottoscrizione autenticata dell’accusato, della Autorità di convocazione e del difensore: in tema vedi per la dottrina straniera W. J. CHAMBLISS, Courts, Law, and Justice, SAGE, Londra, 2011, 187- 189; L. K. GAINES, R. LEROY MILLER, Criminal Justice in Action, Thomson Corp., Belmond, California, 2007, 296; R. RAUXLOH, Plea Bargaining in National and International Law, Routledge, New York, 25.

[15] Sul ruolo dominante progressivamente assunto dal plea barginig nel sistema americano PIZZI, Una tempesta perfetta, cit., 560, secondo cui proprio a causa del notevole incremento di questo meccanismo i dibattimenti stanno diventando rara avis negli USA. Peraltro va detto che, nonostante le critiche mosse a tale istituto, per l’eccesso di discrezionalità concesso alla pubblica accusa rispetto ad alcuni reati gravi, la Corte Suprema ha sancito la costituzionalità del rito del patteggiamento definendolo come una delle componenti fondamentali della giurisdizione, purché si svolga correttamente. Per tale motivo il giudice sente direttamente l’imputato per saggiarne la consapevolezza dell’ammissione della responsabilità e valutare la sussistenza degli elementi fattuali che giustificano l’applicazione della pena: in tal senso LANDOLFI, op.cit.,45

[16]Così recita dal lontano anno 1791 il sesto emendamento che stabilisce i criteri generali del giusto processo: In all criminal prosecutions, the accused shall enjoy the right to a speedy and public trial, by an impartial jury of the State and district wherein the crime shall have been committed, which district shall have been previously ascertained by law, and to be informed of the nature and cause of the accusation; to be confronted with the witnesses against him; to have compulsory process for obtaining witnesses in his favor, and to have the Assistance of Counsel for his defence.

[17] V. MARAFIOTI, La separazione dei giudizi penali, Milano, 1990, 3 e ss; FANCHIOTTI Lineamenti del processo penale statunitense, Torino,1987, 111 e ss. La giurisprudenza della Corte Suprema ritiene, peraltro, che il right to a speedy trial si applichi solo al primo grado di giudizio, e non all’appeal.

[18] Il meccanismo dell’immunity, di uso generalizzato nei procedimenti contro la criminalità organizzata, amplia il novero degli strumenti a disposizione del prosecutor. Questo meccanismo che rappresenta una delle varie forme di estrinsecazione della discrezionalità dell’azione penale, consente al pubblico ministero anche di rinunciare all’esercizio dell’azione penale in cambio della collaborazione dell’imputato-testimone: sull’istituto e sulle diverse forme che lo stesso può assumere v., in particolare BERNASCONI, I sistemi di protezione per i collaboratori della giustizia nella prospettiva premiale e dell’ordinamento italiano e nell’esperienza statunitense, in AA.VV. Criminalità organizzata e politiche penitenziarie, Milano, 1994, 142 ss.; FANCHIOTTI, La giustizia penale statunitense, cit., 71-73;NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti. cit.,198 ss.

[19] ; FANCHIOTTI, La giustizia penale,cit., 81.

[20] NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti. cit.,.195-196; NEPPI MODONA, Il processo cumulativo nel nuovo codice di procedura penale, in Cass. pen., 1988, 943 ss.

[21] SCAPARONE, L’unione di procedimenti in Inghilterra e negli Stati Uniti, in Connessione di procedimenti e conflitti di competenza, Milano, 1976, 229; FANCHIOTTI, Lineamenti del processo penale, cit., 113-115.

[22] NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti. cit.,191- 192.

[23] NEPPI MODONA, Maxi processi e pentiti. cit., 192.

[24] Si tratta di questioni proposte dalle parti (imputato e spesso anche il prosecutor) che di solito vengono trattate e decise dopo l’arraignement prima del trial dal giudice del dibattimento in una udienza ad hoc: sul punto amplius v. FANCHIOTTI, Lineamenti del processo penale, cit., 111.

[25] MARAFIOTI, op. cit., 386 ss; FANCHIOTTI, ibidem.

[26] FANCHIOTTI, Lineamenti del processo penale, cit., 113 ss.

[27] MARAFIOTI, op., cit., 387.

[28] Così FANCHIOTTI, La giustizia penale, cit., 83.

[29] FANCHIOTTI, Lineamenti del processo penale, cit., 115.

[30] No person shall be held to answer for a capital, or otherwise infamous crime, unless on a presentment or indictment of a Grand Jury, except in cases arising in the land or naval forces, or in the Militia, when in actual service in time of War or public danger; nor shall any person be subject for the same offence to be twice put in jeopardy of life or limb; nor shall be compelled in any criminal case to be a witness against himself, nor be deprived of life, liberty, or property, without due process of law; nor shall private property be taken for public use, without just compensation.

[31] SCAPARONE, op. cit., 229.

[32] Come rilevato in dottrina, il fenomeno del joinder and severance non è stato mai oggetto di particolare attenzione da parte della dottrina né ha lasciato particolari tracce nella caselaw: così FANCHIOTTI, La giustizia penale statunitense, cit., 80 dove si sottolinea che in materia la Corte suprema è intervenuta una sola volta nel 1968 con la decisione Bruton v. U.S.

[33] SCAPARONE, op. cit., 229- 230.

[34] V. AMODIO, Il nuovo processo penale a confronto con il modello anglosassone, in Un nuovo codice per una nuova giustizia, Padova, 1989, 227; FANCHIOTTI, Lineamenti del processo penale, cit., 75 ss.

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