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Impugnazione, elezione di domicilio, arresti domiciliari: contrasto.

Sul controverso tema della elezione di domicilio prevista dalla novella a pena di inammissibilità dell’impugnazione, pubblichiamo due decisioni contrastanti della Corte di Cassazione.

Entrambi i casi riguardano il ricorso avverso l’inammissibilità dell’appello presentato da soggetto ristretto agli arresti domiciliari, in ragione dell’omesso deposito della elezione di domicilio.

La prima decisione annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata trasmettendo gli atti alla Corte di Appello per la celebrazione del giudizio. La motivazione si fonda sul principio enunciato dalle Sezioni Unite secondo cui «le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio» (Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869, la quale, in motivazione, ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto ‘per altra causa’).

La seconda decisione , al contrario, rigetta il ricorso « Poiché al detenuto agli arresti domiciliari non si applica la previsione di cui all’art. 161, comma 3, cod. proc. pen., e poiché tra la presentazione dell’impugnazione e la notifica della citazione a giudizio intercorre ragionevolmente un lasso temporale, nelle more, ove l’impugnante venga scarcerato, proprio perché non tenuto ad eleggere o dichiarare il domicilio (non valendo neppure l’eventuale elezione/dichiarazione fatta in precedenza, stante il disposto dell’art. 164, cod. proc. pen., come novellato), risulterebbe concretamente vanificata la ratio legis, sottesa all’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., quella cioè di semplificare il procedimento notificatorio e accelerare i tempi del processo. Ne deriva, come logico corollario, che l’onere di eleggere (o dichiarare) domicilio incombente sull’impugnante, detenuto agli arresti domiciliari, non può ritenersi, così come affermato dall’orientamento maggioritario a riguardo del detenuto in istituto penitenziario, adempimento inutile corredato da una sanzione processuale vessatoria, in contrasto quindi con i principi del giusto processo.»

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